Santena: Incerti, ma non disperati. La comunità cristiana interpellata dalla crisi e dalle nuove povertà (prima parte)

SANTENA – 17 febbraio 2009 – Di seguito la prima parte della  riflessione proposta da Pierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana, all’incontro organizzato a Poirino dall’Unità pastorale 39, il 13 febbraio scorso, sul tema “La crisi economica interpella le nostre comunità: quali problemi, quali gli impegni”.

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1.Una nuova categoria: “La fragile vulnerabilità”
Viviamo in un contesto sempre più contraddistinto dal senso di vulnerabilità. E’ una esperienza che sta diventando comune  – non più propria solo degli ammalati e degli esclusi -, che suscita spesso un atteggiamento di paura e ansia, che mette in crisi anzitutto le certezze di ordine economico e personale.

La vulnerabilità viene vissuta su più versanti:
-quello personale, soprattutto in riferimento alle esperienze del dolore fisico – proprio o di chi ci sta intorno – o agli “smacchi” della vita – problemi economici, questioni di scissioni familiari, rapporti interpersonali;
-quello sociale, che si riferisce prioritariamente all’accrescersi del divario tra “garantiti” e non garantiti;
-quello politico, in riferimento alle grandi questioni del costruire il bene comune che si presentano come inedite – dalla questione sicurezza, all’immigrazione, dalle politiche attive del lavoro agli scenari macroeconomici;
-quello internazionale, specie in riferimento ai grandi conflitti pan nazionali, agli esiti della globalizzazione, alle ricerche scientifiche e tecnologiche, agli scenari sociopolitici dei paesi leader nel mondo.

L’approccio a tale nuovo fenomeno sembra essere, perlomeno per ora, di natura disordinata, parziale, transitoria e in forma di lotta: la vulnerabilità è vissuta come elemento negativo.
Un fenomeno considerato molto spesso solo in alcune dimensioni, tute con taglio eminentemente economicista.
Il valore che la vulnerabilità viene a toccare anzitutto è quello della fiducia quasi incondizionata nel progresso compiuto con le nostre forze, in virtù di una visione molto scientista della vita.

2.Vulnerabili e impoveriti

Pierluigi Dovis
Pierluigi Dovis

L’elemento più appariscente della moderna povertà sembra essere la stratificazione delle povertà. Stiamo assistendo a un processo di articolazione della povertà quasi inedito. I caratteri peculiari del fenomeno si possono riassumere cosi.
Stratificazione geografica per cui sono saltate le categorie di territorio povero per far posto a quello di emiterritori a significatività di povertà – pur permanendo la differenza marcata tra nord e sud del Paese, ovvero la presenza delle aree cosiddette depresse.
Stratificazione modale per cui non possiamo più parlare di povertà al singolare ma solo al plurale, né di fasce omogenee di povertà. Potrebbero essere almeno tre i modi delle povertà oggi: povertà grave o nera; povertà relativa conclamata; povertà grigia o di soglia, cosiddetta “nuova povertà”.
Stratificazione sociale per cui il fenomeno della povertà si sta proponendo trasversalmente in diverse classi sociali, evidentemente con coloriture tra loro differenti.
Stratificazione fenomenica per cui il bisogno presentato si articola in forme composite, plurime, interconnesse, ma tutte gravitanti intorno a d almeno tre paradigmi: mancanza di beni primari; mancanza di beni relazionali, mancanza di beni di significato.

I dati sulle povertà che abbiamo sono di fatto parziali. Da un lato perché tengono conto solo di alcuni fattori – in genere quello economico -, dall’altro perché risentono delle percezioni che pilotano le rivelazioni in modi disomogenei. Dunque le povertà di oggi sono più difficilmente osservabili che in passato, con la conseguente difficoltà nel governare il fenomeno a livello sociale e politico.

Ma qualche riferimento è possibile.
-Un primo dato: sono ormai diversi decenni che il fenomeno delle povertà in Itala è in stallo. Il tasso stimato di povertà nel nostro Paese è del 13 per cento della popolazione, che è costretta a vivere con meno della metà del reddito medio italiano, vale a dire 600 euro al mese. Al sud la percentuale sale sopra il 20 per cento. In Europa sono almeno 79 milioni di persone a rischio di povertà (16%) e l’8 per cento è povero – anche se lavora.

-A questi dati vanno aggiunti quelli dei quasi poveri, sopra il livello di guardia per poche decine di euro al mese. Per cui il dato nazionale complessivo può attestarsi verosimilmente verso il 20 per cento della popolazione.

-Le crisi degli ultimi mesi stanno evidenziando un sommerso più vasto, che va nella categoria delle persone ad alto rischio di impoverimento. Non è possibile ancora quantificare il fenomeno ma la situazione piemontese – e torinese in particolare – potrà esser un buon indicatore.

-Ad oggi, fatto 100 il numero complessivo dei poveri certi, circa 15 sono nella fascia nera, 60 in quella relativa, 25 in quella grigia.
-Due sono le fasce maggiormente in difficoltà: le famiglie medio-alto numerose e le persone non autosufficienti.
Oltre il 30 per cento delle famiglie con tre o più figli risulta essere povero; quasi la metà di tali famiglie vive nel sud.
Il caso di persone non autosufficienti in difficoltà è un fenomeno più tipico del nord, specie in riferimento ad anziani. Nel sono anno 2005-2006 l’incidenza della povertà relativa di persone sole con almeno sessantacinque anni è passata dal 5,8 all’8,2 per cento.

-Possiamo dire sicuramente otto milioni di italiani sono invischiati nelle varie forme di povertà e che quasi altrettante sono a serio rischio di impoverimento grave. In tutto, malcontato, un quarto degli italiani è in una situazione di precario equilibrio.

-La situazione piemontese, nel suo complesso, a oggi è un po’ migliore rispetto al dato nazionale, ma si caratterizza per una estrema eterogeneità. Il tasso di povertà è inferiore al 10 per cento – tra il 6 e l’8 -, grazie all’apporto positivo della provincia di Cuneo e di alcune zone ad alta densità produttiva specie del sud ed est regione. La città metropolitana capoluogo è assestata da un quinquennio intorno all’11 per cento, con una tendenza a un leggero incremento. Sono in ascesa negativa alcune aree territoriali: il Canavese – specie eporediese – il biellese, l’alessandrino e, in parte, il pinerolese, soprattutto a causa della crisi della grande industria o di comparti produttivi specifici.

Si stanno aprendo sacche – ancora contenute ma preoccupanti – di povertà nel cuneese del nord, nello stesso capoluogo della Granda, in val di Susa e nelle valli tra vercellese e verbano. E’ assodata la tendenza all’impoverimento, seppur relativo, meno feroce nelle campagne e più attivo nei contesti medio cittadini. Le categorie più esposte in regione sono: gli anziani soli e non autosufficienti; le famiglie monoparentali con genitore donna; i precari, lavoratori a termine, reimmittenti nel percorso lavorativo – ultra 45enni; portatori di disabilità di grado medio; persone dipendenti da sostanze – droghe, alcool, gioco ecc.

-Una parola a parte le meritano i soggetti immigrati che, di per sé, non vanno annoverati tout court nell’ambito delle povertà, ma che vivono anche condizioni di esclusione.

Sono circa 4 milioni in Italia – ovvero il 6,7 per cento della popolazione -, quasi il 12 per cento a Torino, 2350mila in Piemonte – ma arriveranno presto a 400mila – con una crescita di oltre 60mila unità l’anno.
In Piemonte sono in maggioranza rumeni – 120mila, numero raddoppiato in due anni -, marocchini e albanesi. Ma sta crescendo la comunità degli invisibili cinesi.

Con la fecondità del 2,51 riescono a colmare il gap nascite-morti degli oriundi, sono giovani – l’80 per cento ha meno di 45 anni -, con 770mila bambini nelle scuole. Ogni dieci occupati, uno è straniero e, insieme, producono un gettito fiscale pari al  9 per cento del Pil – Prodotto interno lordo – italiano.

La più parte avendo uno stile di vita più sobrio, riesce non solo a vivere ma anche a sostenere al Paese d’origine qualche membro della famiglia. Ma sono fortemente vulnerabili perché la loro stabilità è sospesa alla sola questione del lavoro. Tra di essi esiste una fascia – circa il 10 per cento – che fa molta fatica: la povertà degli stranieri è più pesante di quella degli italiani.

fine prima parte – continua

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Tratto da “Incerti, ma non disperati: la comunità cristiana interpellata dalla crisi e dalle nuove povertà”, riflessione proposta da Pierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana, per l’incontro organizzato dall’Unità pastorale 39 a Poirino, il 13 febbraio 2009