Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione dal 26 luglio al 1° agosto 2009

SANTENA – 25 luglio 2009 – Di seguito alcune proposte di riflessione per i giorni dal 26 luglio al 1° agosto.

grano-laura

Domenica 26 luglio 2009

Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì

Dopo questi fatti, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”. Rispose Gesù: “Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”. Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.
Gv 6,1-15

Omelia domenicale della comunità di sant’Egidio

Gesù come nutrimento della nostra vita

Per cinque domeniche consecutive (dalla diciassettesima alla ventunesima), la liturgia domenicale interrompe la lettura continuata del Vangelo di Marco per far spazio all’intero capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. La ragione di tale inserzione risiede nella volontà di approfondire il tema del “pane” a cui è giunta la narrazione di Marco. Il Vangelo si apre con la narrazione della moltiplicazione dei pani, una delle pagine evangeliche più illuminanti sul mistero di Gesù come nutrimento della nostra vita. È la sesta volta che tale episodio viene riportato nei Vangeli (le altre cinque sono ricordate nei Sinottici). L’insistenza indica il peso che questo evento ebbe nel pensiero delle prime comunità cristiane; certamente era tra i “segni” che più chiaramente faceva capire quale fosse il senso della missione di Gesù tra gli uomini.
Giovanni introduce la narrazione accennando alla consueta scena delle folle che si accalcano attorno a Gesù. Egli sale sul monte, circondato dai discepoli, e si mette a sedere, com’è consuetudine di ogni maestro. E guarda tutta quella folla: “Alzati quindi gli occhi, vide una grande folla che veniva da lui”. Potremmo dire che è proprio del Signore non restare in basso e neppure rimanere nell’alto dei cieli distante dagli uomini. Gesù non si ferma nella contemplazione di sé o delle proprie opere. Venuto sulla terra e fattosi simile in tutto agli uomini, Egli sale però un po’ più in alto, sul monte: ha bisogno di incontrare Dio, e di lì vede meglio gli uomini e le donne. Solo avendo Dio nel cuore (è questo il senso del salire sul monte) e accogliendo la sua compassione, è possibile guardare la gente con occhi nuovi, intuirne le domande e scorgerne i bisogni.
Dalla pagina evangelica si intuisce che la gente stava volentieri con Gesù “a motivo dei segni che faceva”. Talora era così presa dall’ascolto delle sue parole (quale differenza da noi tanto spesso sbrigativi nelle cose di Dio!) da dimenticare persino di mangiare. È infatti lui, non i discepoli, ad accorgersi del bisogno di pane che la gente aveva. Gesù chiama Filippo (era di Betsaida e quindi pratico della zona) e gli chiede: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Filippo, dopo un rapido calcolo, risponde che è impossibile trovare una somma adeguata di denaro per acquistare pane sufficiente per tutta quella gente. In effetti, la richiesta di Gesù era del tutto irrealistica. Andrea, presente allo scambio di battute, prende qualche informazione e si fa poi avanti dicendo che ha trovato solamente un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci. Ma, con triste realismo, aggiunge: “Cos’è questo per tanta gente?” Il discorso, per lui come per tutti i discepoli, sembra chiuso. La correttezza, il realismo, la praticità, la concretezza dei discepoli appaiono vincitori. L’unica cosa da fare, come si nota in un’altra narrazione, è mandare presto via tutti. Ognuno avrebbe potuto mangiare a casa propria. E non sarebbe stato colpa di nessuno se qualcuno sarebbe rimasto a digiuno. Non diciamo noi ancora oggi: ad impossibilia nemo tenetur? Ma sta anche scritto: “Quello che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Lc 18,27). La nostra rassegnazione è sconfitta dalla potenza di Dio. E le Scritture sono piene di miracoli. La scena tratta dal ciclo di Eliseo (il profeta successore di Elia nel secolo IX a.C.) ci mostra il miracolo di una moltiplicazione dei pani ottenuto per misericordia dal Signore. Anche qui si parla di pochi pani d’orzo, insufficienti per sfamare cento persone. Di fronte all’incertezza dell’uomo che ne aveva solo venti, il profeta insiste: “Dalli da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: ne mangeranno e ne avanzerà anche”. E così avvenne. La memoria di queste Scritture avrebbe certamente aiutato la poca fede dei discepoli per intercedere perché Gesù intervenisse. Ben diverso fu l’atteggiamento di Maria a Cana di Galilea quando intercedette presso Gesù perché quei due giovani sposi non vedessero rovinata la loro festa. Ma i discepoli, come capita anche a noi, si erano affidati più al loro realismo e alla loro naturale sapienza che alla ingenuità e alla forza della Parola di Dio.
Gesù, che confida totalmente nel Padre, sa bene che “tutto è possibile a Dio”; per di più non è abituato a mandare indietro nessuno, anche quando non osa chiedere. Egli legge nel cuore e previene le nostre domande dandoci quello di cui abbiamo bisogno. Del resto è così (o dovrebbe esser così) di ogni buon padre e di ogni buona madre di famiglia. E Dio è sempre buono, sia con i figli docili che con quelli recalcitranti. Non resiste al bisogno dei suoi figli. Ebbene, senza che i discepoli comprendano, anzi contro ogni ragionevolezza, Gesù ordina che facciano sedere la gente sull’erba. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare”, canta il salmo 23, quasi prevedendo questa splendida scena. Quando tutti sono seduti, egli prende il pane e, dopo aver ringraziato Dio, lo distribuisce a tutti. A differenza dei Vangeli sinottici, ove sono incaricati i discepoli, qui è Gesù stesso che prende i pani e li distribuisce. Senza dubbio l’evangelista vuole sottolineare il rapporto diretto, personale, che c’è tra il pastore e le sue pecore. Anche qui il salmo responsoriale viene in aiuto alla nostra preghiera: “Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente” (Sal 144,15-16).
Tuttavia Gesù non agisce dal nulla. Ha bisogno di quei cinque pani d’orzo (il pane di orzo era il pane dei poveri, non il migliore, ossia non quello più saporito e più ricco). Ed è con questi pani poveri che sfama cinquemila persone (tante erano sedute sull’erba). Basta il poco che abbiamo (quel poco d’amore e di compassione, quel poco di beni materiali, quel poco di disponibilità, quel poco di tempo) per sconfiggere la fame; sia quella del cuore che quella del corpo. Il problema è mettere quel “poco” che abbiamo nelle mani del Signore e non rigirarcelo tra le nostre mani avare per trattenerlo.
L’evangelista nota che, dopo aver mangiato, tutta la folla restò ammirata per quello che Gesù aveva fatto, al punto che volevano proclamarlo re. Ma egli fuggì di nuovo sul monte: non voleva svilire l’urgenza del bisogno del pane che non passa, ossia del bisogno di un rapporto affettuoso e duraturo con il Signore. E noi con Gesù, sul monte, continuiamo a pregare: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano!”.
Comunità di sant’Egidio

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Lunedì 27 luglio 2009

Il granello di senape diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami.

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Mt 13,31-35

Quel che conta non è fare cose grandi o piccole, vistose o insignificanti, ma soltanto l’amore con cui esse vengono compiute.
Giovanni XXIII

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Martedì 28 luglio 2009

I giusti splenderanno come il sole

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Mt 13,36-43

Una volta un uomo sedette alla mia tavola e mangiò del mio pane e bevve del mio vino e se ne andò ridendo di me. Poi tornò in cerca di pane e di vino, e lo respinsi; e gli angeli risero di me.
Kahlil Gibran

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Mercoledì 29 luglio 2009

Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose.

In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Lc 10,38-42

Nessuno deve essere così contemplativo da non pensare nella contemplazione all’utilità del prossimo: né così attivo da non ricercare la contemplazione di Dio… L’amore della verità cerca la contemplazione, la necessità della carità accetta l’azione.
Sant’Agostino, Dottore della Chiesa

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Giovedì 30 luglio 2009

Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
Mt 13,47-53

È bene confessare i propri errori: ci si ritrova più forti.
Mahatma Gandhi

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Venerdì 31 luglio 2009

Non è costui il figlio del falegname?

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Mt 13,54-58

Come è sempre tardi per amare!
Salvatore Quasimodo

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Sabato 01 agosto 2009

Nell’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà.

Il Signore parlò a Mosè sul monte Sinai e disse:
«Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.
Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.
In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quando acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l’acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo, perché egli ti vende la somma dei raccolti.
Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio, poiché io sono il Signore, vostro Dio».
Lv 25,1.8-17

La felicità è una merce meravigliosa: più se ne dà, più se ne ha.
Blaise Pascal