Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 13 al 19 settembre 2009

SANTENA – 13 settembre 2009 – Alcune proposte di riflessione per i giorni dal 13 al 19 settembe 2009.

2009set13croce

Domenica 13 settembre 2009

La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta.

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

Giac 2,14-18

Ma voi, chi dite che io sia?

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Mc 8,27-35

(…) Parole che, nella loro paradossalità, hanno un significato assai netto: chi vuole essere realmente discepolo di Gesù deve smettere di considerare se stesso come misura di ogni cosa; deve rinunciare a difendersi e accettare di portare lo strumento della propria condanna a morte; deve uscire dai meccanismi di autogiustificazione e abbandonarsi totalmente al Signore. Solo chi accetta di fare questo può conoscere Gesù Cristo e cogliere se stesso in lui; in caso contrario finirà per rinnegare Gesù, come Pietro (cf. Mc 14,71).

Ma noi cristiani siamo ancora convinti che vale la pena perdere la vita per Gesù Cristo e per il suo Vangelo? Ovvero: crediamo che il suo amore vale più della vita (cf. Sal 63,4), che solo a motivo di questo amore trova senso ogni nostra rinuncia, ogni sofferenza che ci può essere dato di vivere?

Enzo Bianchi

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Lunedì 14 settembre 2009

Umiliò se stesso facendosi obbediente

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.

Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Fil 2,6-11

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Gv 3,16-17

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Martedì 15 settembre 2009

Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza eterna

Cristo, nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Eb 5,7-9

Da Caritas in veritate 31

Paolo VI aveva visto con chiarezza che tra le cause del sottosviluppo c’è una mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa, per la quale si richiede «una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali». L’eccessiva settorialità del sapere, la chiusura delle scienze umane alla metafisica, le difficoltà del dialogo tra le scienze e la teologia sono di danno non solo allo sviluppo del sapere, ma anche allo sviluppo dei popoli, perché, quando ciò si verifica, viene ostacolata la visione dell’intero bene dell’uomo nelle varie dimensioni che lo caratterizzano. L’«allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa» è indispensabile per riuscire a pesare adeguatamente tutti i termini della questione dello sviluppo e della soluzione dei problemi socio-economici.

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Mercoledì  16 settembre 2009

Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli

In quel tempo, il Signore disse:

«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.

Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

Lc 7,31-35

Da Caritas in veritate 32

La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. A ben vedere, ciò è esigito anche dalla «ragione economica». L’aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all’interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l’aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha per di più un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del «capitale sociale», ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile.

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Giovedì  17 settembre 2009

Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento

Figlio mio, nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbìteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.

1Tm 4,12-16

Da Caritas in veritate 33

Oltre quarant’anni dopo la Populorum progressio, il suo tema di fondo, il progresso, resta ancora un problema aperto, reso più acuto ed impellente dalla crisi economico-finanziaria in atto. Se alcune aree del pianeta, già un tempo gravate dalla povertà, hanno conosciuto cambiamenti notevoli in termini di crescita economica e di partecipazione alla produzione mondiale, altre zone vivono ancora una situazione di miseria paragonabile a quella esistente ai tempi di Paolo VI, anzi in qualche caso si può addirittura parlare di un peggioramento.

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Venerdì  18 settembre 2009

Tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia

Figlio mio, questo devi insegnare e raccomandare. Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina conforme alla vera religiosità, è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno.

Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti.

Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

1Tm 6,2c-12

Da Caritas in veritate 33

La novità principale è stata l’esplosione dell’interdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come globalizzazione. Paolo VI l’aveva parzialmente prevista, ma i termini e l’impetuosità con cui essa si è evoluta sono sorprendenti. Nato dentro i Paesi economicamente sviluppati, questo processo per sua natura ha prodotto un coinvolgimento di tutte le economie. Esso è stato il principale motore per l’uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappresenta di per sé una grande opportunità. Tuttavia, senza la guida della carità nella verità, questa spinta planetaria può concorrere a creare rischi di danni sconosciuti finora e di nuove divisioni nella famiglia umana. Per questo la carità e la verità ci pongono davanti a un impegno inedito e creativo, certamente molto vasto e complesso. Si tratta di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare queste imponenti nuove dinamiche, animandole nella prospettiva di quella « civiltà dell’amore » il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura.

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Sabato 19 settembre 2009

Il seme è la parola di Dio

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».

I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché vedendo non vedano e ascoltando non comprendano.

Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

Lc 8,4-15