Una pausa per lo spirito, le proposte di riflessione dal 18 al 24 luglio 2010

Santena – 18 luglio 2010 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 18 al 24 luglio 2010.

Domenica 18 luglio 2010

Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Lc 10,38-42

Due dimensioni inseparabili : la carità e l’ascolto della parola

Anche in questa domenica il Signore ci ha raccolti per condurci con lui verso Gerusalemme. È un viaggio diverso dai nostri; non siamo noi infatti a stabilire la meta e neppure l’itinerario. Non siamo noi i maestri e i pastori di noi stessi. In questo viaggio, che nelle domeniche ha come delle tappe, è il Signore che sta davanti a noi; è lui che guida i nostri passi, perché possiamo raggiungere la statura spirituale alla quale siamo chiamati. Domenica scorsa la liturgia ci ha fatti sostare accanto a quell’uomo mezzo morto che era stato abbandonato dal sacerdote e dal levita. E ci ha mostrato nel buon samaritano l’immagine vera del cristiano. Oggi, quasi a voler creare un “dittico” nel descrivere l’identità del discepolo, viene aggiunta un’altra immagine, quella di Maria seduta ai piedi del Maestro. L’evangelista Luca fa seguire immediatamente la scena di Marta e Maria a quella del buon samaritano. Volentieri ricordo un caro amico, Valdo Vinay, il quale amava ripetere che non era certo un caso la contiguità di questi due brani evangelici; anzi, a suo parere, essi vanno letti sempre uniti, perché rappresentano il “dittico” dell’identità del cristiano, che deve essere, nello stesso tempo, Buon Samaritano e Maria. In queste due immagini sono, infatti, rappresentate le due dimensioni inseparabili della vita evangelica: la carità e l’ascolto della parola. Il Vangelo non prevede gli esperti della carità da una parte e gli esperti della preghiera dall’altra. Ogni credente deve stare in ascolto di Gesù come Maria e, nello stesso tempo, deve curvarsi sull’uomo lasciato mezzo morto lungo la strada, come fece il samaritano. Non esiste opposizione, quindi, tra carità e preghiera, tra “vita attiva” e “vita contemplativa”; quella che il Vangelo stigmatizza è piuttosto l’opposizione tra il tirar via e il fermarsi davanti a chi ha bisogno; tra l’essere presi totalmente dalle proprie cose e il lasciarsi trascinare dall’ascolto del Vangelo. È totalmente estranea al Vangelo quella contemplazione che ignora la pena quotidiana, come anche una vita presa tutta dai propri problemi e dai propri affanni.
Ma fermiamoci all’episodio evangelico di Marta e Maria. La loro casa si trovava in Betania, un sobborgo di Gerusalemme. Gesù amava fermarsi da loro: vi trovava calore e affetto. Di fronte alle gravi e difficili dispute che lo aspettavano a Gerusalemme, e soprattutto di fronte all’ostilità sorda e cattiva che spesso vi riscontrava, si può comprendere quanto fosse consolante per lui trovare una casa ove essere accolto e dove poter riposare. E per lui, che non aveva neppure una pietra come guanciale ove posare il capo, quella casa era davvero un rifugio desiderato. L’amicizia di Lazzaro, di Marta e di Maria lo sosteneva nella sua faticosa missione evangelizzatrice. Di qui si può comprendere il pianto di Gesù di fronte alla morte dell’amico Lazzaro. Ebbene, in questa casa di Betania – ma non dovrebbe essere così per tutte le case dei discepoli? – sembra ripetersi la stupenda scena descritta nel libro della Genesi, propostaci in questa domenica come prima lettura.

Si tratta dell’episodio di Abramo che accoglie sotto la sua tenda tre pellegrini. A tutti noi è noto il capolavoro del santo pittore russo, Rublev, che ha immortalato questa scena con i tre angeli raccolti attorno alla mensa preparata da Abramo. Aveva ben in mente, il pittore russo, quanto è scritto nella lettera agli Ebrei: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto senza saperlo degli angeli” (13,2). Qui, a Betania, i tre, con la loro squisita ospitalità, hanno accolto l’angelo di Dio, il Maestro di Nazareth. Si potrebbe dire che nella scena di Marta e Maria, che accolgono Gesù, si porta al suo culmine l’accoglienza di Abramo. Il Vangelo non vuole sminuire i gesti concreti di Marta, l’accoglienza è fatta anche di questo; come pure non vuole fare delle due sorelle i simboli di due stati di vita. Il problema sta nella profondità dell’accoglienza. Marta è tutta presa dai molti servizi; preoccupata e agitata per molte cose, al punto da dimenticare il senso stesso di quello che stava facendo, ossia l’accoglienza a Gesù. Pure nella parabola del buon samaritano, potremmo dire, che il sacerdote e il levita sono talmente presi dai loro compiti, anche religiosi, che dimenticano l’essenziale del loro servizio, la compassione di Dio. Come sta scritto: “Voglio l’amore e non il sacrificio” (Os 6,6). Nel caso di Marta è talmente evidente il pervertimento dei fini che, invece di pensare a Gesù con affetto e premura, si lascia prendere dalla collera nel vedere Maria seduta ad ascoltare e scatta verso Gesù rimproverandolo: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” (v. 41). Gesù, con calma e affetto, le risponde che lei si agita e si preoccupa per troppe cose, mentre una sola è quella veramente necessaria: l’ascolto del Vangelo. Questa è la cosa migliore, perché cambia il cuore e la vita. Chi ascolta la Parola di Dio e la custodisce sarà un uomo e una donna di misericordia e di pace. Maria, vera discepola di Gesù, ha scelto questa parte, la migliore: il primato assoluto, nella propria vita, dell’ascolto di Gesù. Se lo ascolteremo, vivremo come lui, e saremo salvi.
Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 19 luglio 2010

Questa generazione malvagia pretende un segno!

In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
Mt 12,38-42

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Martedì 20 luglio 2010

Chi fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre

In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».
Mt 12,46-50

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Mercoledì 21 luglio 2010

Chi ha orecchi, ascolti

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Mt 13,1-9

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Giovedì 22 luglio 2010

Donna, perché piangi?

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Gv 20,1-2.11-18

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Venerdì 23 luglio 2010

Ogni tralcio che porta frutto, lo pota

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Gv 15,1-8

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Sabato 24 luglio 2010

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo:
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?. Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo!.

E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Mt 13,24-30

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Abbiamo bisogno della Parola di Dio

“A questo vi esorto, e non cesserò mai di esortarvi: che non solo qui [in Chiesa] badiate a ciò che si dice, ma che anche a casa vostra siate sempre fedeli alla lettura delle Divine Scritture. E non mi dica qualcuno, con parole fredde, degne di essere condannate: “Io tratto di cause del foro, svolgo pubblici uffici, sono impegnato nel mio mestiere; ho moglie, devo nutrire i miei figli, ho da badare alla casa: leggere le Scritture non è affar mio, ma di coloro che hanno abbandonato tutto, che abitano in cima ai monti, che conducono un tal genere di vita”. Che dici? Non è affar tuo badare alle Scritture perché sei preso da mille preoccupazioni? Invece è più tuo che di quelli. Essi non hanno tanto bisogno dell’aiuto che proviene dalle Divine Scritture, come coloro che si trovano in mezzo a mille faccende. I monaci, infatti, lontani dalla piazza e dal tumulto della piazza, hanno eretto le loro celle nella solitudine e non hanno rapporti con nessuno: si danno con libertà alla meditazione in quella pace e tranquillità e, come in un porto, godono di grande sicurezza.

Ma noi, come in mezzo al mare infuriato siamo presi da mille peccati, lo vogliamo o no, e abbiamo sempre bisogno della consolazione delle Scritture. Quelli siedono lontani dalla battaglia e perciò non riportano molte ferite; tu invece sei sempre in prima linea e di frequente vieni colpito; per questo hai più bisogno di aiuto di quelli”. Tanto numerosi sono i nemici che assediano la nostra anima: abbiamo bisogno della Parola di Dio per guarire i nostri mali e per evitarne altri, e spegnere da lontano e respingere le tentazioni del Divisore con la lettura assidua delle Scritture Divine. Non è possibile che qualcuno si salvi se non si dedica costantemente alla lettura Spirituale”
S. Giovanni Crisostomo
– sec. IV

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