Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 14 al 20 novembre 2010

Santena – 14 novembre 2010 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 14 al 20 novembre 2010, tratte dalla liturgia del giorno con commento dall’omelia domenicale della comunità di Sant’Egidio.

Domenica 14 novembre 2010

Avrete occasione di dare testimonianza

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Lc 21,5-19

C’è bisogno che il Vangelo risplenda chiaro sul volto dei cristiani

L’anno liturgico sta avviandosi verso la conclusione e la liturgia ci esorta a riflettere sulle “cose ultime”, sul “giorno rovente come un forno” che sta per venire, come scrive il profeta Malachia. Anche il brano evangelico di Luca sottolinea il tema della “fine dei tempi”. Ma il linguaggio escatologico usato dall’evangelista non sta a indicare letteralmente il crollo delle costruzioni e la fine della terra. Con esso si vuole indicare la fine del nostro mondo, la fine cioè di un certo modo di concepire la vita, la fine di comportamenti che obbediscono a certi ideali, a certe priorità lontane dalla giustizia e dal Vangelo. In tale prospettiva, ogni generazione sperimenta il confronto con la dimensione escatologica della vita, nel senso che deve confrontarsi con la fine del mondo in cui vive, pensa, opera, progetta. È qui il messaggio della profezia di Malachia: “sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia” (3,19), saranno cioè bruciati e di loro non resterà che un pugno di cenere. Per i giusti, invece, in quel giorno “sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia”. Sono parole che suonano gravi anche per il nostro tempo e per l’opera di ognuno di noi: incombe un giudizio. Questa è la sostanza del discorso sulla “fine dei tempi”. Noi, già oggi, viviamo un momento nel quale il “sole di giustizia” o ci brucerà come paglia, o ci renderà operatori di un nuovo giorno. Non si tratta di lasciarsi andare a eccitazioni apocalittiche o a frenetici e inconsulti movimenti, magari sulla scia di un facile millenarismo di fine secolo. È necessario comprendere la gravità del tempo presente e rinvigorire la testimonianza evangelica. Anche il brano evangelico richiama la radicalità dell’impegno evangelico per l’oggi. Così fece Gesù con i discepoli. Egli prese spunto dalla maestosa bellezza del tempio di Gerusalemme che doveva suscitare orgoglio e sicurezza nei discepoli: in quel tempio splendente di marmi e decorazioni essi sentivano una sorta di garanzia per il loro futuro e quello del popolo d’Israele. Ma Gesù, con gravità, disse: “di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra” (v. 6). I discepoli, sconcertati da questa affermazione che incrinava anche la loro sicurezza, chiedono quando tutto ciò accadrà, magari pensando che, se pur doveva accadere, sarebbe avvenuto in tempi lontani. Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma dice loro di stare attenti, di non lasciarsi ingannare e di essere fedeli testimoni del Vangelo. Non c’è dubbio che i nostri tempi siano gravi: basti pensare a quanto sta accadendo a grandi nazioni o al moltiplicarsi delle guerre o al risorgente pericolo atomico (a cui nessuno sembra più porre attenzione). Non somigliano questi fatti (e se ne potrebbero aggiungere tanti altri) ai “segni” di cui parla Gesù nel Vangelo? Ascoltiamo ancora il Vangelo: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo” (vv. 10-11). Queste parole non sono proiettate verso un lontano futuro. Esse descrivono l’oggi del mondo. Forse è più difficile trovare i luoghi ove i cristiani sono oggi perseguitati. Gesù dice: “metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno” (v. 12). È vero, non sono molti i luoghi della terra dove i cristiani sono perseguitati, ma ce ne sono, e comunque non mancano i perseguitati (anche se non sono cristiani). Potremmo leggere in questo contesto i tristi episodi di intolleranza e razzismo che continuano a imperversare nelle nostre città. Di fronte a tutto ciò Gesù afferma: “Avrete allora occasione di dare testimonianza” (v. 13). Cioè, in questi sconvolgimenti il Vangelo chiede ai discepoli una testimonianza coraggiosa e piena. Non è questo un tempo di accomodamenti, di aggiustamenti, di compromessi, per salvare il salvabile. C’è bisogno che il Vangelo risplenda chiaro sul volto dei cristiani. In tal senso stiamo vivendo i “tempi ultimi”, i tempi nei quali o si brucia come paglia o si risorge a un giorno nuovo.
Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 15 novembre 2010

Signore, che io veda di nuovo

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Lc 18,35-43

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Martedì  16 novembre 2010

è venuto a cercare ciò che era perduto

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Lc 19,1-10

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Mercoledì 17 novembre 2010

Ti sei mostrato fedele

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Lc 19,11-28

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Giovedì 18 novembre 2010

Se avessi compreso anche tu quello che porta alla pace

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Lc 19,41-44

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Venerdi 19 novembre 2010

La mia casa sarà casa di preghiera

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Lc 19,45-48

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Sabato 20 novembre  2010

Sono figli della risurrezione, sono figli di Dio

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Lc 20,27-40

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