Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 1° all’8 gennaio 2011

Santena – 1° gennaio 2011 – Proposte di riflessione per i giorni dall’1 all’8 gennaio 2011 tratte dalla liturgia del giorno, commento domenicale tratto dall’omelia della Comunità di Sant’Egidio e riflessione sulla festa di Epifania della comunità di Bose.


Sabato 1 gennaio 2011

Maria custodiva queste cose, meditandole nel suo cuore

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Lc 2,16-21

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Domenica 2 gennaio 2011

Nell’assemblea dei santi ho preso dimora
La sapienza fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
nella moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda
e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe
e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti” .
Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato,
per tutta l’eternità non verrò meno.
Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell’assemblea dei santi ho preso dimora».

Sir 24,1-4.12-16

Perché questo viaggio di Dio verso di noi?

La liturgia di oggi ci immerge nuovamente nel mistero del Natale. È facile per noi dimenticare, essere presi dai ritmi della nostra vita e lasciarci dominare da essi. E forse, in questi giorni, non siamo stati attenti come Maria che “conservava nel cuore tutto quanto accadeva” attorno a Gesù. Il “clima natalizio”, purtroppo, non sempre aiuta a comprendere e soprattutto a vivere il mistero del Natale. È il mistero che sta all’origine della nostra salvezza, eppure rischiamo di coprirlo sino a renderlo inefficace per la nostra vita e per quella del mondo. Accadde la stessa cosa agli abitanti di Betlemme. Anche oggi il Natale vero può passare senza che la maggioranza se ne accorga. Del resto anche allora il Natale non avvenne nel clamore della città, ma nel silenzio “mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso”, si legge nel libro della Sapienza (Sap 18,14).
Gesù è venuto nel mondo come ogni bambino, eppure in quella nascita si realizzava la più alta e incredibile realtà: Dio continuava, anzi aumentava il suo amore per noi e per il mondo. Dopo averci amati con la creazione, ci ha amati ancor più radicalmente con la redenzione. È un movimento in discesa, si potrebbe dire, un movimento di totale abbassamento verso di noi. Dio sembra non trattenere nulla di se stesso pur di starci accanto. È una sorta di viaggio di Dio fuori da se stesso. Quanto la nostra vita cambierebbe se solo un poco comprendessimo tale amore! Il libro della Sapienza e il Vangelo di Giovanni, sebbene con angolature e accenti diversi, descrivono questo misterioso viaggio di Dio che esce da se stesso per venire incontro agli uomini. La Sapienza che “esce dalla bocca dell’Altissimo” e che sostiene ogni cosa prepara il prologo di Giovanni che afferma: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio… Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto”. Nella pienezza dell’eternità di Dio risuona la parola divina, creatrice del mondo e rivelatrice del suo grande amore per gli uomini. È il momento della creazione che possiamo immaginare come la prima tappa di questo viaggio di Dio che esce da se stesso. Tutto il creato respira l’amore del Signore. “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia”, canta il Salmo 19. Ma il viaggio continua, sembra dire il testo sapienziale. La Sapienza riceve un ordine: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele… E così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare”. La piccola città di Sion e la modesta nazione di Giacobbe diventano la dimora di Dio sulla terra. L’immagine della tenda, evocatrice del tempio di Gerusalemme, viene usata anche da Giovanni per descrivere l’ultima e la definitiva discesa di Dio in mezzo agli uomini. La Lettera agli Ebrei riassume con efficacia questa compagnia di Dio all’uomo: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Il Verbo che era presso Dio è entrato nella storia, prendendo la nostra stessa “carne”, vivendo i nostri stessi giorni. E ha fatto tutto questo per amarci. Ma perché questo viaggio di Dio verso di noi? Si potrebbe rispondere che Dio ha una grande ambizione su di noi: ci vuole santi e immacolati. Così del resto ci ha scelti prima ancora della creazione. Scrive Paolo: “(il Padre) in lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. È una scelta alta, per nulla banale e modesta, che ci precede. È un prima assoluto che va al di là di ogni nostro merito. Iddio Padre pensando Gesù, potremmo dire, aveva in mente anche noi, perché fossimo come lui “santi e immacolati”. Ma non si tratta semplicemente di una bontà morale, ossia di pensare a uomini e a donne che si comportano in modo corretto e onesto. Paolo descrive un uomo nuovo, una donna nuova, assolutamente diversi dall’uomo vecchio – Adamo – che confidava solo in se stesso e nelle sue forze tanto da poter fare a meno di Dio. Diventare “santi e immacolati” vuol dire anzitutto essere figli, affidarsi a Dio e non a se stessi, vivere di Dio e della sua volontà e non di noi stessi e dei nostri capricci. Figli, appunto, come Gesù. Natale, nel suo significato più vero, significa rinascere, ossia tornare ad essere figli di Dio, a sentirsi profondamente tali. “Ma come rinascere quando si è già vecchi?” ci chiediamo con Nicodemo. La risposta è semplice: ascoltando il Vangelo! Nella notte di Natale, e in questa domenica, ci è stata aperta la prima pagina del Vangelo, quella della nascita di Gesù. Da questa prima pagina possiamo ripartire; di qui possiamo iniziare a scrivere di nuovo la nostra vita. E cresceremo, giorno dopo giorno, come cresceva il bambino Gesù, se sfoglieremo pagina dopo pagina il piccolo libro del Vangelo, cercando di metterlo in pratica. A Natale il Verbo si è fatto carne. Il Vangelo deve diventare la nostra vita, la nostra carne, in tutti i nostri giorni. Nell’anno che ci sta davanti, di domenica in domenica, il Signore fedelmente ci donerà il Vangelo nella santa liturgia. Non abbiamo paura di accoglierlo! Non temiamo! Non ci ruberà la vita, gli affetti, la gioia. Al contrario, il Vangelo dona l’amore, la pace e la gioia a chiunque l’accolga.

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Lunedì 3 gennaio 2011

Ho visto e ho testimoniato

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Gv 1,29-34

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Martedì 4 gennaio 2011

Venite e vedrete

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.”

Gv 1,35-42

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Mercoledì 5 gennaio 2011

Vieni e vedi

In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».”

Gv 1,43-51

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Giovedì 6 gennaio 2011

Videro il bambino si prostrarono e lo adorarono
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Mt 2,1-12

Epifania del Signore

(Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12)

La città di Gerusalemme (I lettura); la casa (il testo parla di oikía, “casa”, non di grotta) di Betlemme dove giace il neonato (vangelo); il ministero apostolico di Paolo (II lettura): i tre testi ci pongono di fronte a tre mediazioni della rivelazione di Dio e della sua volontà di estendere a ogni uomo il suo disegno salvifico. Se la città di Gerusalemme su cui splende la luce di Dio e verso cui si dirigono tutti i popoli è profezia dell’evento messianico nella sua portata escatologica, il ministero apostolico con cui Paolo si rivolge ai pagani chiamandoli alla fede avendo ricevuto per rivelazione la conoscenza del mistero per cui anche i pagani sono chiamati a formare, in Cristo Gesù, un unico corpo, ne è la testimonianza nei tempi della chiesa. La casa di Betlemme, in cui si trova il neonato Gesù e a cui la stella sorta in Oriente guida i Magi, è il luogo periferico, marginale, scelto da Dio per il compimento del suo disegno salvifico: la vera luce va riconosciuta nella debolezza della carne umana del neonato. Egli è la luce annunciata dal profeta, indicata dalla stella, testimoniata dall’Apostolo. L’incontro con Dio necessita di segni, di mediazioni, forti e impalpabili al tempo stesso come tutti i segni di luce.

Il testo evangelico presenta la ricerca di Dio da parte dei Magi: ricerca fatta di fiducia, cammino, domanda e, finalmente, incontro. La fiducia di chi si lascia guidare dai segni del cielo e vi obbedisce; il cammino precario di chi non predetermina la strada da percorrere, ma avanza senza conoscere la meta; dunque un cammino segnato da precarietà e insicurezza, ma vivificato da un’attesa ardente; quindi la domanda che denota l’umiltà di chi deve affidarsi ad altri, a chi ha fruito della rivelazione e conosce le Scritture; infine l’incontro, che sempre avviene come scambio di doni e condivisione di povertà. Il cammino dei Magi presenta così diverse analogie con il cammino di Abramo che, in obbedienza alla Parola di Dio, intraprese un cammino verso una meta che non conosceva e che il Signore gli avrebbe indicato, cammino segnato da stranierità e precarietà, e orientato dall’attesa del compimento. Se il cammino di Abramo è una ricerca originata dalla fede nel Dio unico, il cammino dei Magi è un cammino che sfocia nella fede nel Dio di Gesù Cristo. I Magi abbisognano della Torah per giungere al Messia: la luce della stella deve essere accompagnata dalla luce della Parola di Dio. La Scrittura non è solo il Libro che indica il luogo di nascita del Messia, ma il Libro che, per il credente, legge il mondo, lo interpreta, gli dà un senso. E consente di trovare il Cristo nella quotidianità degli eventi e delle relazioni.
Alla luce da cui i Magi accettano di farsi illuminare si oppone la tenebra in cui Erode sceglie di rimanere: la prima si manifesta come gioia e si esprime nel donare (cf. Mt 2,10-11), la seconda è sinonimo di turbamento, si manifesta come volontà di sopprimere (cf. Mt 2,3.13), come menzogna e doppiezza (cf. Mt 2,7-8). Ma vi è una tenebra che persiste anche nei nostri cuori e nelle nostre menti quando intendiamo la rivelazione divina e il suo disegno salvifico in senso esclusivo ed escludente, attribuendo al Dio di ogni carne le nostre grettezze, le nostre diffidenze verso l’altro, i nostri rifiuti verso il diverso e il lontano. Il cammino dei Magi deve divenire spiritualmente il nostro cammino di conversione dal “contro” al “con”. Del resto, noi, che proveniamo dalle genti, dal mondo pagano, abbiamo già beneficiato dell’estensione dell’eredità promessa a chi proveniva dal popolo eletto: noi etnico-cristiani siamo intravisti dalla Lettera agli Efesini quando parla di coloro che sono divenuti coeredi (coheredes), partecipi dello stesso corpo (concorporales) e compartecipi (comparticipes) della promessa accanto e insieme ai giudeo-cristiani (Ef 3,6). Il passaggio dal contro al con si fonda quindi sulla morte e resurrezione di Cristo, evento nel quale Gesù ha vinto l’inimicizia e fatto la pace tra i due popoli, tra il giudeo e il greco. La nostra luce non può trovare una garanzia nel pensare che gli altri sono nella tenebra. Né può significare la volontà di mantenere gli altri nella tenebra. La luce di Cristo è venuta nel mondo per illuminare ogni uomo.

Luciano Manicardi

Comunità di Bose

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Venerdì 7 gennaio 2011

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino
In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!  Il popolo che abitava nelle tenebre  vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.”

Mt 4,12-17.23-25

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Sabato 8 gennaio 2011

Ebbe compassione di loro

In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».  E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.”

Mc 6,34-44

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