Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 22 al 28 maggio 2011

Santena – 22 maggio 2011 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 22 al 28 maggio tratte dalla liturgia del giorno, con spigolature dal quinto capitolo degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del vangelo” e omelia domenicale della Comunità di Sant’Egidio.

Domenica 22 maggio 2011

Io sono la via, la verità e la vita

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».”

Gv 14,1-12

Gesù ha sempre vissuto le sue relazioni nell’ad-Dio

Il vangelo presenta l’addio di Gesù ai suoi. L’addio è l’ultimo saluto che intercorre tra chi se ne va per sempre e chi resta. Ma l’addio, e più che mai l’addio pronunciato da Gesù, è anche una promessa: ad Deum. Con l’ad-Dio il futuro, proprio e degli altri, è posto in Dio. Gesù, che ha sempre vissuto le sue relazioni nell’ad-Dio, cioè davanti a Dio e per Dio, vi pone anche il suo futuro. Che è anche il futuro di chi è “suo”, di chi “crede in lui” (cf. Gv 14,12). Infatti, il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio (cf. Gv 14,10), e il discepolo che rimane nel Figlio (cf. Gv 15,1-7), rimane anche nel Padre (cf. 1Gv 2,24). Se così va inteso l’ad-Dio, allora ogni nostra relazione dovrebbe restare sotto il suo segno, cioè sotto il segno dell’apertura e dell’invocazione all’Altro che salva le relazioni con gli altri dai rischi dell’assolutismo, della tirannia, della violenza. Dopo aver annunciato la sua partenza, Gesù ha dato ai discepoli il comando dell’amore (cf. Gv 13,33-34) e ora chiede loro di aver fede e di non essere turbati (cf. Gv 14,1). Di fronte a un distacco si prova dolore per la persona che se ne va, ma anche smarrimento e ansia per il futuro proprio e della propria comunità che era legata vitalmente alla presenza che ora non è più. La dipartita di Gesù è crisi per la comunità dei suoi discepoli. E il turbamento del cuore non riguarda solo la sfera emotiva e dei sentimenti, ma indica anche la paralisi della volontà e della capacità di prendere decisioni, l’annebbiamento dell’intelligenza e del discernimento. Gesù, con le sue parole, sta facendo della sua dipartita e del vuoto che egli lascia un’occasione di rinascita dei suoi discepoli. Chiedendo fede, li spinge a trasformare la paura del nuovo e il terrore dell’abbandono nel coraggio di donarsi appoggiandosi sul Signore; promettendo che va a preparare un posto per loro, egli vive la sua partenza in relazione con chi resta e mostra che non li sta abbandonando, ma sta inaugurando una fase nuova e diversa di relazione con loro. Il distacco è in vista di una nuova accoglienza (cf. Gv 14,2-3).

Luciano Manicardi

Comunità di Bose

 

Dove cercare Dio? Dove incontrarlo?

Il Vangelo che ci è stato annunciato ci riporta nell’Ultima cena di Gesù con i discepoli. Gesù era in procinto di lasciarli – tra non molto anche noi celebreremo l’Ascensione al cielo – e voleva che i discepoli capissero fino in fondo le esigenze del Vangelo: non bastavano le parole, occorrevano gesti concreti, ed egli ne diede per primo l’esempio. Li vide tristi mentre diceva loro: “Ancora per poco sono con voi” (Gv 13,33).Del resto come potevano non rattristarsi? Se ne andava colui per il quale avevano lasciato tutto: casa, terra, affetti, lavoro. Gesù cercò di tranquillizzarli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Glielo aveva già detto altre volte: “Chi crede in me, non crede solo in me, ma in colui che mi ha mandato” (Gv 12,44). Con queste parole Gesù riconfermava l’identificazione tra la scelta per Dio e quella per Lui. Volendo tradurre letteralmente il testo si dovrebbe dire: “Quando uno mi dà l’adesione, non è a me che la dà, ma a colui che mi ha mandato”. I discepoli l’avevano intuito anche se non l’avevano compreso bene. Era necessario spiegarlo ancora, soprattutto in questo momento di addio, perché proprio qui risiedeva e risiede ancora la discriminante che avrebbe diviso gli uomini. Si trattava di capire il singolarissimo rapporto tra Gesù e il Padre. Quella prima, piccola e fragile comunità, per la quale Gesù aveva lavorato e sofferto, non doveva rattristarsi. E spiegò loro il motivo. È lui per primo a non volersi staccare da loro; e glielo fa capire subito: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore… quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. Gesù sta parlando della “casa del Padre”. Questa volta non si riferisce al tempio (Gv 2,16), ma al Regno di Dio, al Paradiso, al luogo ove vedremo Dio “faccia a faccia”. Non solo; Gesù aggiunge che essi già conoscono la via per arrivarci. Tommaso, al sentire queste parole, sbotta: “Non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gesù risponde: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. A questo punto interviene Filippo: “Mostraci il Padre e ci basta”. Gesù riprende a parlare con un accorato rimprovero: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”. Tocchiamo qui il cuore del Vangelo e della fede cristiana. E forse di ogni ricerca religiosa. Sì, dove cercare Dio? dove incontrarlo? L’apostolo Giovanni, nella sua prima Lettera, dice: “Dio nessuno l’ha mai visto” (4,12), è Gesù che ce lo ha rivelato. Questo sta a dire che se vogliamo “vedere” il volto di Dio, basta vedere quello di Gesù; se vogliamo conoscere il pensiero di Dio basta conoscere il pensiero di Gesù, il Vangelo; se vogliamo comprendere la volontà di Dio basta vedere qual è la volontà di Gesù. Insomma, i cristiani non hanno altra immagine di Dio che quella di Gesù. Il nostro Dio ha i tratti di Gesù, il volto di Gesù, l’amore di Gesù, la misericordia di Gesù. Il Paradiso è Gesù; guardando Gesù vediamo Dio “faccia a faccia”. E vediamo il volto di un Dio che è così potente da guarire i malati, ma anche il volto di un bambino che appena nato deve fuggire per evitare la morte; vediamo un Dio che fa risorgere dalla morte ma che si commuove e piange per l’amico morto. È il volto di un Dio pieno di misericordia che cammina nelle nostre strade non per condannare e punire, bensì per guarire e sanare, per confortare e sorreggere, per sostenere e aiutare chiunque ha bisogno. Chi non ha bisogno di un Dio così? E alla fine della pericope Gesù sembra davvero esagerare: “ chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste”. No, non è la solita esagerazione di Gesù. È piuttosto l’ambizione che egli ha per i suoi discepoli di ogni tempo, l’ambizione che ha anche per noi. Continuare ad amare come lui ha amato e ad operare come lui ha operato. Di una Chiesa così ha bisogno il mondo; di discepoli così hanno bisogno le nostra città. È la consegna che Gesù quest’oggi fa anche a noi.

Comunità di Sant’Egidio

 

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Lunedì 23 maggio 2011

Se uno mi ama, osserverà la mia parola

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».”

Gv 14,21-26

Necessità di prendere coscienza della questione educativa

Alla base del nostro cammino, sta la necessità di prendere coscienza delle caratteristiche e dell’urgenza della questione educativa. L’educazione, infatti, se è compito di sempre, si presenta ogni volta con aspetti di novità. Per questo non può risolversi in semplici ripetizioni, ma deve anzitutto prestare la giusta attenzione alla qualità e alle dinamiche della vita sociale.

 

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Martedì 24 maggio 2011

Vi do la mia pace. Non sia turbato il vostro cuore

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».”

Gv 14,27-31

Curare relazioni aperte all’ascolto

Oggi è necessario curare in particolare relazioni aperte all’ascolto, al riconoscimento, alla stabilità dei legami e alla gratuità. Ciò significa:

– cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogni uomo, orientandole alla ricerca della verità e alla testimonianza della carità;

– porre al centro della proposta educativa il dono come compimento della maturazione della persona;

– far emergere la forza educativa della fede verso la pienezza della relazione con Cristo nella comunione ecclesiale.

 

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Mercoledì  25 maggio 2011

Io sono la vite, voi i tralci

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».”

Gv 15,1-8

Offrire proposte educative valide

 

L’intera vita ecclesiale ha una forte valenza educativa. La comunità cristiana, a partire dalle parrocchie, deve avvertire l’urgenza di stare accanto ai genitori per offrire loro con disponibilità e competenza proposte educative valide. In particolare, l’azione pastorale andrà accompagnata da una costante opera di discernimento, realisticamente calibrato sull’esistente, ma volto a mettere in luce le risorse e le esperienze positive su cui far leva. Nell’ottica della corresponsabilità educativa della comunità ecclesiale, andrà condotta un’attenta verifica delle scelte pastorali sinora compiute.

 

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Giovedì  26 maggio 2011

Rimanete nel mio amore

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Gv 15,9-11

 

Valorizzare la dimensione trascendente dell’educazione

 

È evidente che la valutazione dell’impegno educativo per un suo rilancio progettuale può essere attuata solo in riferimento all’integralità e alla centralità del soggetto umano. Alla base della progettazione pastorale vi è la visione cristiana della persona: l’idea di educazione che da essa proviene possiede una sua specifica originalità, anche se è aperta a diversi apporti e si pone in dialogo con tutti, in particolare con le scienze umane. Appare urgente valorizzare la dimensione trascendente dell’educazione, per la formazione di persone aperte a Dio e capaci di dedicarsi al bene della comunità.

 

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Venerdì 27 maggio 2011

Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».”

Gv 15,12-17

Confrontare le esperienze nelle Chiese locali

L’iniziazione cristiana mette in luce la forza formatrice dei sacramenti per la vita cristiana, realizza l’unità e l’integrazione fra annuncio, celebrazione e carità, e favorisce alleanze educative. Occorre confrontare le esperienze di iniziazione cristiana di bambini e adulti nelle Chiese locali, al fine di promuovere la responsabilità primaria della comunità cristiana, le forme del primo annuncio, gli itinerari di preparazione al battesimo e la conseguente mistagogia per i fanciulli, i ragazzi e i giovani, il coinvolgimento della famiglia, la centralità del giorno del Signore e dell’Eucaristia, l’attenzione alle persone disabili, la catechesi degli adulti quale impegno di formazione permanente.

 

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Sabato 28 maggio 2011

Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».”

Gv 15,18-21

Promuovere il processo di rinnovamento della catechesi

In questo decennio sarà opportuno discernere, valutare e promuovere una serie di criteri che dalle sperimentazioni in atto possano delineare il processo di rinnovamento della catechesi, soprattutto nell’ambito dell’iniziazione cristiana. È necessario, inoltre, un aggiornamento degli strumenti catechistici, tenendo conto del mutato contesto culturale e dei nuovi linguaggi della comunicazione.

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