Torino, omelia della messa nella notte di Natale dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia

Torino – 25 dicembre 2011 – Di seguito, l’omelia della messa nella notte di Natale dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia.

OMELIA DELLA MESSA NELLA NOTTE DI NATALE

(Torino, Cattedrale, 24 dicembre 2011)

“Oggi è nato per noi il Salvatore”.

         Così canta la Chiesa in questa notte di Natale. Sono passati più di duemila anni, ma quell’oggi resta sempre attuale, ricco di attese e di speranze che ogni uomo sente dentro il suo cuore e che percorrono le vie della storia di ogni tempo, anche di quello che stiamo vivendo, dove cresce il timore per ciò che potrebbe accadere e si estendono le fatiche di tante persone e famiglie sul versante economico e sociale.

         Quell’oggi del Natale risuona come un invito a non temete, perché l’uomo non è sconfitto. Finché nasce un bambino su questa terra il futuro è assicurato, il domani potrà essere migliore.

         Per chi è credente quel Bambino è Dio stesso, che impasta la sua esistenza con la nostra e vuole vivere, amare, soffrire e sperare con noi ogni giorno. Anche per chi non è credente o professa un’altra religione, il Natale è un oggi di speranza e per tutti si aprono orizzonti nuovi di fiducia nel bene.

         Papa san Leone Magno scriveva: “Poiché nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non ha trovato nessuno libero da colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti dunque il santo, perché si avvicina il premio; gioisca il peccatore, perché ottiene il perdono; riprenda coraggio il pagano perché è chiamato alla vita”.

         A Natale non c’è dunque uomo sulla terra che non abbia motivo di gioire. E ragione di tale gioia è quel Bambino, che ci viene dato come un figlio. Anche se molti non lo conoscono e lo rifiutano, lui non demorde dalla volontà di amare tutti e di offrire la sua vita per la salvezza di ciascuno.

         Il Dio con noi è così anche il Dio per noi, che si fa servo per elevare l’uomo, sua creatura, a figlio di Dio. Con noi si fa compagno di viaggio nella storia  e per noi si fa salvatore potente, che libera dalla schiavitù del peccato e dalla paura della morte.

         Ma ciascuno di noi, cari amici, questa notte è qui perché vuole essere salvato? Sentiamo in noi il bisogno che Dio ci salvi e dunque crediamo che solo con lui nella vita di ogni giorno possiamo affrontare le realtà anche  più dure e difficili con la certezza di uscirne vincitori?

        Il rischio che ogni anno diventa sempre più esteso è di trasformare il Natale in una festa di luci, regali e chiasso o, per chi è più motivato, di augurio di pace e di impegni solidali verso i poveri. Ma il Bambino divino, Gesù Cristo, il Salvatore  diventa sempre più piccolo e quasi scompare. I protagonisti del Natale siamo sempre più noi sotto tutti i punti di vista. Lui fa bella mostra di sé nel presepe e desta anche tenerezza, ci fa sentire più buoni verso tutti, almeno per un giorno, ma non è il vero ed unico centro del Natale.

         Paradosso che si ripete da sempre, perché anche il primo Natale è avvenuto così. In mezzo al chiasso e alla confusione di Betlemme chi si è preoccupato di accogliere il Salvatore? Solo alcuni pastori, povera gente  estranea alla vita convulsa della città ed usa al duro lavoro, anche notturno, di vigilanza sui loro greggi. Eppure, Gesù, che non è venuto a condannare ma a salvare, continua a rinascere per tutti, per chi lo accoglie nella fede o nella carità e per chi non si cura di lui o pensa solo a fare di Natale una ulteriore occasione di divertimento e di spreco di risorse.

         Solo se  ricuperiamo la centralità della fede in lui possiamo rivivere con la stessa  intensità di gioia e con lo stesso stupore dei pastori il mistero di Dio, che si fa uomo come noi e giace bambino in una mangiatoia. Se stemperiamo la fede o se la sua tiepidezza penetra nel nostri cuori, non potremo mai riconoscere in quel Bambino il Salvatore di ogni uomo e del mondo intero.

         L’augurio che faccio a me stesso e a voi è dunque quello di credere

all’annuncio dell’angelo che è risuonato anche questa notte:  “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutti: oggi vi è nato un Salvatore che è Cristo Signore”. Allora gusteremo il dono della pace promesso agli uomini di buona volontà, che credono in questo Vangelo e riconoscono in quel Bambino di Betlemme il Figlio di Dio.

         Tutti possiamo far parte di questa schiera di uomini di buona volontà

di cui è ricco anche il mondo di oggi. Il Natale, infatti, ci deve dare occhi e cuore per scoprire che attorno a noi operano tante di queste persone, che nel silenzio costruiscono quel mondo nuovo,di amore e di pace che Gesù ha portato sulla terra. Gente che vive il suo impegno professionale con onestà, in ambienti a volte faticosi di lavoro o in ambiti di responsabilità che esigono coerenza e sacrificio, ma producono anche abbondanti frutti per gli altri.

Persone che vivono accanto a noi ogni giorno in famiglia e che rappresentano la ricchezza più grande che possediamo, ma che forse non apprezziamo abbastanza. Siamo portati a darla per scontata e ci lasciamo attrarre dai personaggi pubblici, sempre sotto i riflettori dei mass-media e protagonisti della vita politica, culturale o mondana.

         Il Natale ci invita a riconoscere che lì, in casa, al lavoro, in parrocchia, nella società ci sono persone di buona volontà, che vanno guardate negli occhi ed accolte nel cuore, ascoltate meno frettolosamente e superficialmente e dalle quali possiamo imparare ad amare  e a sperare.Nel mio servizio di vescovo incontro  questi uomini e donne  visitando le case di accoglienza per anziani o disabili e le tante case-famiglia dove la parola pace non si consuma mai perché rinasce sempre nuova nell’incontro di persone, che stanno insieme solo per amore. Incontro questi uomini e donne avvicinando tante famiglie che oggi sono in ansia per il posto di lavoro o per situazioni di precarietà di salute dei loro cari. Il loro coraggio e la loro fiducia in Dio mi rivelano che lui è più vicino ed amico per chi è nella prova. Li ho incontrati  questa sera nelle persone senza fissa  dimora e tanti loro amici che li assistono sulla strada  dove pernottano in condizioni di miseria  ma senza recriminazioni verso alcuno, liberi di una scelta  difficile che ci interpella e sfida  come singoli e società.

Una schiera di volontari condivide nella nostra città la vita di altri fratelli e sorelle in difficoltà e se ne fa carico con generosità, senza apparire sui giornali o alla televisione  ma costruendo giorno per giorno quel tessuto di amore che Gesu’ ha portato ad ogni uomo.

Si tratta di quella persone di buona volontà di cui parlano gli angeli indicandoli come veri operatori di pace, che non avranno però mai il Premio Nobel, ma che di pace se ne intendono più di tutti, perché la intessono nella rete fitta della loro gratuita generosità. La salvezza, che Cristo ha portato sulla terra con la sua nascita, continua ad estendersi grazie a loro e Dio si fa ancora uomo nella loro coinvolgente  umanità.

         A ognuno di questi uomini e donne  esprimo la mia riconoscenza e li ricordo davanti al Signore in questa santa notte di Natale. Invito anche voi, cari amici, a fare altrettanto verso quelle persone che fanno parte della vostra vita di ogni giorno o che vi interpellano con la loro situazione di sofferenza  e di povertà. Scoprirete che dire grazie esige umiltà e semplicità di cuore, accorgersi degli altri comporta impegno e generosità, ma è il “buon Natale” più sincero e la fonte di gioia più grande che possiamo provare in noi, perché è come accogliere ed incontrare, vivo e presente sulla strada della nostra vita, Gesù stesso, il Dio con noi ,colui che ci salva dall’egoismo e dall’indifferenza e ci riscalda il cuore di gioia e di amore.

+ Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino

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