Santena, “Organizzare il coraggio, la nostra vita contro la ‘ndrangheta”, l’intervento di Pino Masciari

Santena – 11 febbraio 2012 – Pino Masciari, testimone di giustizia ha parlato per 70 minuti di fila. E’ riuscito a tenere sempre desta l’attenzione degli ottanta presenti, intervenuti giovedì sera all’appuntamento organizzato dal presidio di Santena e Villastellone di Libera, nell’aula magna della scuola media. Tanti giovani, ma anche un buon numero di adulti, arrivati da Santena, da Villastellone e da Chieri. In poco più di un’ora Pino Masciari ha sintetizzato gli ultimi 15 anni della sua vita. L’’imprenditore edile calabrese ha sfidato la malavita organizzata e per questo ha dovuto rinunciare alla propria vita e alla propria libertà. Da solo ha denunciato, combattuto, ricercato la verità fino a far condannare oltre quaranta persone, dalla piccola manovalanza della ’ndrangheta fino ai massimi vertici dell’organizzazione e della cupola politica che spesso si lega alla delinquenza.

Pino Masciari è stato accolto in un’aula magna gremita. Tra le autorità: il commissario prefettizio del Comune di Santena Giuseppe Zarcone; il capitano Michele Capurso, comandante della Compagnia dei carabinieri di Chieri; don Nino Olivero, parroco a Santena; Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte.

”Organizzare il coraggio. La nostra vita contro la ‘ndrangheta”: questo il tema della serata che riproduce il titolo del suo recente libro che ha scritto con la moglie Marisa, per i tipi della torinese AddEditore. In poco oltre 70 minuti Pino Masciari ha ripercorso tutte le 272 pagine del libro che racconta la storia sua e della sua famiglia – la moglie e i due figli: Francesco e Ottavia. In questo resoconto  si riportano le parti in cui il testimone di giustizia ha fatto diretto riferimento alla città di Santena.

«Io sono orgoglioso di essere nato in Calabria – ha esordito Pino Masciari –. Faccio parte della Calabria buona, l’altra è malata e va curata. Da mio padre ho ereditato un grande senso dello Stato, un grande senso civico. Quando sono arrivate le richieste di pagamento da parte della ‘ndrangheta che per continuare a tenere aperti i cantieri mi chiedeva il 3 per cento mi hanno aiutato le parole di mio padre. Mi ha sempre detto che se uno si piega una volta diventa schiavo per tutta la vita. Io non ho ceduto ai ricatti. L’ho fatto con normalità e naturalezza. Io sono lo Stato, noi tutti siamo lo Stato. Quelli – la ‘ndrangheta – sono l’antistato e non possiamo dargliela vinta perché altrimenti ci distruggeranno la speranza di poter avere una vita migliore per i nostri figli. Se ci pieghiamo ai compromessi e ai ricatti che vita stiamo dando ai nostri figli?».

Il primo riferimento a Santena è arrivato dopo pochi minuti dall’inizio del suo intervento: «Il primo a segnalare l’esistenza in città dell’usura e di infiltrazioni ‘ndranghetiste in questa città è stato nel 2000 l’allora parroco don Marino Basso – ha detto Pino Masciari –. E allora tutti quanti hanno fatto finta di nulla. Hanno continuato ad andare avanti come se nulla fosse. Il ritornello alla base di tale comportamento è sempre il solito. A me che interessa? E poi cosa ci posso fare? Non posso certo cambiare le cose».

«E invece no – ha gridato Pino Masciari –. Invece le cose si possono cambiare. Lo Stato siamo noi. Noi dobbiamo portare il massimo rispetto alle istituzioni, anche se nelle loro fila ci possono anche essere uomini non sempre integerrimi. Le cose si possono cambiare: davanti alla richiesta del 3 per cento da pagare alla ‘ndrangheta io ho detto un fermo no. Avevo di fronte tre possibilità: andare a trattare con gli ‘ndranghetisti, pagare e continuare a lavorare; entrare in affari con loro, ma non sarei più stato un imprenditore libero; la terza ipotesi era chiudere le mie aziende. Avevo alle dipendenze oltre 200 persone, 25 miliardi di lire in appalti. Nel 1994, avevo 34 anni: chiusi le imprese e cominciai a denunciare: dalla piccola manovalanza della ‘ndrangheta fino ai massimi vertici dell’organizzazione e della cupola politica che spesso si lega alla delinquenza. A seguito delle denunce arrivano i primi attentati».

Pino Masciari ha spiegato che dal 1997 lui e la sua famiglia rientrano nel Programma speciale di protezione e devono abbandonare la loro casa e la loro terra. Niente più lavoro e affetti, niente più Calabria, ma una continua serie di spostamenti che sembrano un abbandono continuo e prolungato. In questi anni Masciari diventa testimone di giustizia, figura istituita dallo Stato italiano nel 2001 per segnalare quei cittadini esemplari che sentono il senso civico di testimoniare sempre a favore della giustizia. Ma attorno a lui trova un muro di gomma che vorrebbe isolarlo. Nonostante la situazione in cui è costretto a vivere  – senza scorte, senza prospettive per il futuro, lontano dalla sua vita – Masciari andrà sempre a testimoniare facendo nomi e cognomi, non tacendo nulla della sua drammatica esperienza di imprenditore fatto fallire per mano delle famiglie di ’ndrangheta.

Il testimone di giustizia ha spiegato che ad accorgersi di lui e della sua famiglia è stata la società civile che è intervenuta numerosa e solidissima, sostituendosi alle scorte e alle carenze dello Stato. Grazie a loro Pino Masciari è ancora vivo e la sua storia ha preso una strada di libertà. Chi lo voleva nascosto, abbandonato, debole, non ce l’ha fatta. Le sue denunce hanno colpito nel segno e per questo la ’ndrangheta lo voleva morto. 
Con lui, la moglie Marisa e i due figli. Una famiglia che ha sofferto per la propria scelta di giustizia e per la voglia di uno Stato dove a governare siano le leggi e non il malaffare.

Pino Masciari ha ricordato che ora vive in Piemonte e che è diventato cittadino onorario di mezza Italia. «Oggi un imprenditore che decide di denunciare può avvalersi di numerose leggi e protezioni. Quando l’ho fatto io non c’erano leggi a difesa dell’imprenditore che sceglieva la strada della denuncia».

Da Pino Masciari è poi arrivato un altro riferimento locale. Rivolgendosi alla platea ha detto: «A Santena c’è stata e c’è tanta usura. Mi chiedo quale paura dovete avere per denunciare? Chiamatemi che andiamo insieme a denunciare tale situazione. Metto io la prima firma. Bisogna avere pure il coraggio. Che serve la vita se facciamo una vita da pecora, ogni giorno, abbassando la testa. Così facendo mi chiedo che dignità diamo ai nostri figli. La paura ci uccide ogni giorno. Occorre ribellarsi e denunciare: dobbiamo dare ai nostri figli la possibilità di vivere una vita piena. Chi avesse bisogno di rivolgersi a me per avere un aiuto per denunciare può visitare il mio blog  – www.pinomasciari.it – dove ci sono tutti i riferimenti».

«Denunciando la ‘ndrangheta ho fatto la cosa giusta – ha affermato Pino Masciari, che ha aggiunto –. Negli ultimi anni  a Santena ci sono state tante cose che non sono andate bene. Ci sono stati processi e condanne per usura. Non mi dite che non avevate capito che ci sono presenze criminali a Santena, come in molte parti del Piemonte e del Nord Italia. Perché non si denuncia: per paura? Qui a Santena ci sono famiglie che hanno denunciato e qualcuno è anche morto per i dispiaceri, affranto da mille problemi. Io dico che occorre denunciare e andare a testa alta. Si devono vergognare i criminali e non chi denuncia. Io non mi vergogno di nulla. Già due volte a nome del Governo mi hanno chiesto scusa per le vessazioni che abbiamo dovuto subire io, mia moglie e i figli. Ultimamente mi ha scritto anche il Presidente della Repubblica. Io non ho fatto nulla di anormale. E’ una parte dell’Italia che non è normale: quella abituata a delinquere. Se vogliamo ottenere qualcosa di buono occorre cambiare decisamente rotta: dobbiamo fare questo se vogliamo dare speranze ai nostri ragazzi».

«La gente onesta è molto più numerosa dei mafiosi – ha detto Pino Masciari – Occorre denunciare e la società civile è chiamata a non lasciare solo chi presenta denuncia. Lo Stato siamo noi tutti: non si può dire a me non interessa. E io ho vissuto sulla propria pelle le cose che vi dico. Io sono per il fare più che per il dire. Io ho fatto. Dopo che ho fatto ho detto. Dopo che ho fatto condannare tutti ho scritto un libro, quello che sono venuto qui a presentare questa sera. Nella prima parte racconto il mio essere imprenditore di successo. Nella seconda parte cerco di spiegare l’isolamento che ho dovuto contrastare per avere scelto la strada della denuncia. La terza parte del libro è l’inizio della mia nuova vita, quella che possiamo costruire insieme. Ero un imprenditore edile, oggi costruisco legalità».

Rivolgendosi a Cristina e Paola, le due referenti del presìdio di Santena e Villastellone di Libera Pino Masciari ha detto: «Mi compiaccio con voi perché voi siete la nostra speranza. E’ davvero positivo che vi interessiate di quello che succede all’interno dei vostri Comuni. In città l’appello di don Marino Basso è stato un po’ sottovalutato. I processi che si sono celebrati parlano chiaro. A Santena occorre aprire gli occhi: l’usura ancora c’è».

Dopo 70 minuti, ininterrotti, Pino Masciari ha chiuso chiedendo un bicchiere con un po’ d’acqua. Dalla sala è scattato un applauso, durato 45 secondi.

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