Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 15 al 21 luglio 2012

Santena – 15 luglio 2012 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 15 al 21 luglio 2012, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 15 luglio  2012

Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Am 7,12-15

Ci ha scelti per essere santi di fronte a lui nella carità

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Ef 1,3-14

Prese a mandarli a due a due

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Mc 6,7-13

 

Essere segno del Dio che viene

La pagina di Amos e il brano evangelico presentano il tema dell’invio in missione. Il profeta è un inviato da Dio: non è profeta di mestiere né si è inventato lui profeta (I lettura). Normalmente, il vero profeta è riluttante a obbedire alla chiamata che si configura come una lotta con Dio in cui egli viene vinto. E l’obbedienza controvoglia è criterio di autenticità della missione. Il vangelo presenta le disposizioni di Gesù ai discepoli prima del loro invio (Mc 6,7-11), quindi uno stringato resoconto della loro attività missionaria (Mc 6,12-13). L’iniziativa della missione è totalmente di Gesù: la missione sarà veramente cristiana nella misura in cui diverrà sacramento della presenza e della venuta del Signore. Il missionario è dunque anzitutto uomo di ascolto e di fede obbediente alla parola di Dio. L’invio “due a due” dice che il missionario non è un avventuriero isolato. Non solo egli agisce in obbedienza a un mandato, a nome di una chiesa, ma svolge la sua missione insieme ad altri. Il testo suppone il fatto che in due ci si può proteggere meglio da pericoli, ma suggerisce anche che in due (o più) si può vivere la relazione, la comunione e la carità. La vita insieme degli inviati, la loro carità, è già testimonianza missionaria che rende presente Cristo a coloro che essi incontrano. La missione non consiste anzitutto in attività, in un fare per gli altri, ma in una relazione, improntata a comunione e carità, tra gli stessi missionari. Le direttive di Gesù delineano i tratti perenni dell’azione missionaria della chiesa. E l’opera di annuncio del vangelo destinato anzitutto ai poveri deve svolgersi con sobrietà e povertà di mezzi. Il mezzo è già messaggio, e come potrebbe il vangelo rivolto a poveri, sofferenti e ultimi come destinatari privilegiati, essere annunciato con dispiegamento di mezzi e opere grandiose, ed essere affidato a messaggeri ricchi e potenti? Non sarebbe anche un’umiliazione per i destinatari? Il rigore delle direttive di Gesù è tale che Gerolamo afferma che i discepoli sono mandati “pressoché nudi”: nudi, per seguire il Cristo nudo. E queste direttive (che riguardano la missione all’interno della terra di Israele) erano realmente praticabili, sicché la povertà e la precarietà in cui sono posti gli inviati non può essere elusa con interpretazioni simboliche. Gesù situa la missione cristiana all’interno del radicalismo evangelico. La povertà dei missionari fa emergere il fatto che la missione ha il suo senso non nel “conquistare anime”, ma nell’essere segno del Dio che viene e nell’avere come protagonista e soggetto il Risorto stesso. Senza essere legge da applicare sempre e dovunque o modello da copiare, le rigorose direttive missionarie dicono un’esigenza perenne della missione della chiesa: ogni epoca dovrà riformulare le forme della povertà della missione. Pienamente parte di questa povertà è il fatto che Gesù non proibisce il superfluo, ma il necessario, ciò che potrebbe rendere la missione più efficiente, rapida, produttiva: provviste di cibo nella bisaccia, denaro nella borsa per far fronte a eventuali emergenze e bisogni che insorgessero. Gesù proibisce di avere due tuniche, ovvero di avere con sé la veste di riserva per il domani, proibisce il pane, il cibo povero per eccellenza. Decisamente, il punto di vista di Gesù non è quello dell’efficacia operativa! L’invio in missione crea dei testimoni: gli inviati stessi devono far regnare su di sé le esigenze del vangelo. La loro stessa presenza dovrà essere annuncio e trasparenza di colui che li ha inviati. La missione non dovrà mai essere “contro”, anche quando gli inviati non saranno ascoltati o accolti (Mc 6,11): chiedere conversione e far retrocedere il male operando il bene, questo il loro compito (Mc 6,12-13). Dunque: proclamare le esigenze del vangelo e testimoniarne la grazia. Né i missionari potranno avanzare pretese o fare bizze, ma accetteranno l’ospitalità che verrà loro offerta (Mc 6,10). L’inviato del Signore non è tanto colui che dice parole ispirate, ma colui che ha “i modi del Signore” (Didaché XI,8).

Comunità di Bose

Tutti i cristiani sono chiamati e inviati

“Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due”. Così inizia il brano del Vangelo di Marco che ascoltiamo in questa domenica. Gesù li chiamò e li mandò. In questi due verbi (chiamare e mandare) si può dire che è racchiusa tutta l’identità del discepolo e di ogni comunità cristiana. Queste parole, infatti, con quel che esse significano, non sono riservate a gruppi particolari o a persone privilegiate. Tutti i cristiani sono chiamati e inviati a comunicare il Vangelo al mondo. Il Concilio Vaticano II chiama con estrema chiarezza questa missione affidata a tutta la Chiesa: “La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria… e ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per quanto gli è possibile, la fede”. Il cristiano pertanto è anzitutto un chiamato, un convocato da Dio. Propriamente parlando, non si diviene cristiani per autonoma scelta; lo si diventa in risposta (ovviamente libera) ad una chiamata che ci precede. Sì, c’è un amore che sta prima della nostra risposta. Paolo, nello splendido inizio della Lettera agli Efesini, ce lo ricorda: “In Cristo (il Padre) ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci ad essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà” (Ef 1,4-6). Tutta la tradizione del Primo Testamento, da Abramo in poi, pone Dio all’origine di ogni chiamata; l’iniziativa di avviare la storia della salvezza del popolo d’Israele è tutta del Signore. “Abramo, chiamato da Dio, obbedì”, scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (11,8), indicando ad ogni cristiano il paradigma della fede. Nelle narrazioni delle vocazioni profetiche emerge sempre il primato della chiamata divina. Emblematica è la vicenda di Amos. Non fu lui a scegliere. E neppure fu lui ad andare. Il Signore lo prese (“Il Signore mi chiamò mentre seguivo il gregge”) e lo scaraventò in un aspro confronto con le ingiustizie del potere politico. Dovette scontrarsi persino con le fredde considerazioni del “cappellano di corte”, il sacerdote Amasia, che lo esortava, come spesso accade, ad un’egoistica prudenza. Amos ribatte al sacerdote che alla radice delle sue parole non c’è una scelta personale legata a particolari prospettive. È Dio stesso che lo ha costretto alla missione profetica: “Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro; il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge e il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele” (Am 7,14-15). Potremmo dire che ognuno di noi era (e spesso lo siamo ancora) raccoglitore di sicomòri. E non di rado, nonostante la chiamata che Dio ci fa ogni giorno, ogni domenica, noi restiamo a coltivare i nostri personali sicomòri.
Ma il Signore continua a chiamarci, e non una volta sola, strappandoci da un destino triste e scialbo. La chiamata è sempre per svolgere il servizio di comunicare, con le parole e con la vita, il Vangelo di Gesù sino agli estremi confini della terra. E qui ciascuno può trovare la propria santità. Tutte le chiamate del Signore sono un invito ad accogliere la missione che fa sempre andare oltre se stessi, oltre i confini che ciascuno si traccia per la propria vita. È anzi naturale per ciascuno di noi tracciare limiti, possibilmente chiari e definitivi, tra sé e gli altri, tra quello che riteniamo possibile fare e quello che pensiamo non lo sia. Tale istinto a tracciare confini nasce dalla paura: vogliamo cioè essere tranquilli e certi, evitando l’ignoto e ciò che non ci è familiare. Si rinsaldano così i confini che dividono gli uomini tra loro: quelli della cultura e delle affinità, dell’età e della classe sociale, della nazione e della appartenenza. E altri ancora. Sono tutti confini che separano gli uni dagli altri e spesso con violenza, ingiustizia e talora anche con la guerra. E comunque portano sempre a sentire l’altro come un avversario, come un nemico. Ciascuno cerca di stare solo con i propri simili, ossia con se stesso.
Per Gesù non è così. Egli ha lasciato persino il cielo per venire in mezzo a noi, e non perché fossimo giusti, ma perché peccatori. Per questa ragione Gesù non può accettare né limiti né particolarismi. Del resto, anche il Padre che sta nei cieli “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). L’orizzonte di Gesù è il mondo intero. Nessuno è estraneo alle sue preoccupazioni, neppure il peggiore dei nemici. Per il Signore tutti sono da amare e tutti da salvare. Egli per primo è stato mandato, ed ha obbedito: “Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del regno e guarendo ogni malattia e infermità”, scrive Matteo (9,35). Ancora oggi Gesù non cessa di commuoversi sulle folle stanche e sfinite di questo mondo, in particolare quelle più povere che vagano come pecore senza pastore. E manda i suoi, “due a due”, perché continuino la sua opera di comunicazione del Vangelo. I discepoli di Gesù debbono essere liberi nello spirito e universali nel cuore, particolarmente oggi mentre le distanze tra le persone e i paesi si sono accorciate come non mai e tuttavia crescono a grande velocità nuovi muri e nuovi confini, reclamati dall’individualismo e dal particolarismo di singoli e di gruppi, di etnie e di nazioni. Come Gesù non è venuto a salvare se stesso, così i cristiani non vivono per se stessi ma per salvare gli altri.
Gesù invita i suoi discepoli, di ieri e di oggi, a non prendere nulla con sé, né pane né bisaccia né denaro (e ciascuno deve interrogarsi su cos’è oggi per noi il pane, la bisaccia e il denaro). Essi, muniti solamente del bastone del Vangelo e dei sandali della misericordia, debbono percorrere le vie degli uomini predicando la conversione del cuore e guarendo malattie e infermità. Per entrare nelle case degli uomini, ossia nella dimora più intima e delicata che è il loro cuore, non occorrono armi particolari. I discepoli, indifesi e poveri, debbono andare due a due perché la loro prima predicazione sia l’esempio del vicendevole amore. Del resto Gesù aveva detto: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Ricchi pertanto solo della misericordia di Dio e del Vangelo, i cristiani potranno abbattere i muri di divisione e liberare il cuore degli uomini dai limiti e dai pesi che li opprimono. Davanti a tale compito, affascinante e terribile, non possiamo tirarci indietro. E assieme ai discepoli santi, diciamo: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8).

Comunità di Sant’Egidio

 

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Lunedì 16 luglio  2012

Chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Mt 10,34-11,1

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Martedì 17 luglio  2012

Sodòma sarà trattata meno duramente di te!

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidóne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidóne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!. Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono sati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodòma sarà trattata meno duramente di te!”».

Mt 11,20-24

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Mercoledì 18 luglio  2012

Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Mt 11,25-27

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Giovedì 19 luglio 2012

Imparate da me, che sono mite e umile di cuore

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Mt 11,28-30

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Venerdì 20 luglio  2012

Misericordia io voglio e non sacrifici

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai solo sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Mt 12,1-8

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Sabato 21 luglio  2012

Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni».

Mt 12,14-21

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