Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 7 al 13 ottobre 2012

Santena – 7 ottobre 2012 – Di seguito alcune proposte di riflessione per i giorni dal 7 al 13 ottobre 2012, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 7 ottobre 2012

Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:«Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

Gen 2,18-24

 

Perfetto per mezzo delle sofferenze

Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

Eb 2,9-11

 

Per la durezza del vostro cuore scrisse questa norma

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Mc 10,2-12

 

“Stare insieme per la vita”: da custodire, da coltivare e per cui pregare

“Non è bene che l’uomo sia solo”. Queste parole pronunciate da Dio all’inizio della storia umana sono iscritte nel cuore della vita di ogni uomo e di ogni donna, e ne sanciscono la vocazione più profonda: ciascuno è chiamato alla comunione, alla solidarietà, al mutuo sostegno. Si potrebbe dire che questa è la “vocazione” stessa di Dio. Egli, infatti, non è una solitudine alta e lontana ma, appunto, una comunione di tre Persone. Tale vocazione, seminata nel cuore delle creature, sostanzia indelebilmente ogni uomo e ogni donna, e l’intera creazione. In questo senso profondo si intende che l’uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio, come scrive il libro della Genesi (1,26-27). Si potrebbe dire: come Dio non vive da solo, così l’uomo e la donna non possono vivere da soli. Ovviamente, si tratta di una dimensione ampia che abbraccia numerosissime forme di comunione, le quali culmineranno in quella comunione che vedremo (e, soprattutto, vivremo) pienamente attuata alla fine dei tempi, quando Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15,28). È la realizzazione dell’unità della famiglia umana attorno all’unico Signore e Padre.
Il Vangelo di questa ventisettesima domenica ci porta a riflettere sulla particolare e fondamentale forma di comunione che nasce dal matrimonio. E l’occasione è data dalla domanda che alcuni farisei pongono a Gesù sul divorzio: “È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Il giovane profeta di Nazareth non risponde direttamente al quesito postogli e rimanda alla disposizione data da Mosè, secondo cui si permetteva all’uomo di divorziare dalla moglie qualora avesse “trovato in lei qualcosa di vergognoso” (Dt 24,1). Su cosa poi fosse “vergognoso” si erano accese, nel corso dei secoli, non poche polemiche: c’era chi considerava vergognoso l’adulterio e chi invece riteneva riprovevole qualsiasi altra cosa che non facesse piacere al marito (nella scuola di Hillel bastava, ad esempio, che la donna avesse lasciato bruciare il cibo perché il marito potesse pretendere il libello di ripudio). Mosè, comunque, nel prescrivere che bisognava presentare un documento di divorzio da parte dell’uomo, voleva in qualche modo tutelare la donna; con tale documento, infatti, ella avrebbe potuto conservare il proprio onore ed anche la libertà di risposarsi. Gesù replica ponendosi su un diverso piano. Inizia a rispondere richiamando le origini della creazione, ossia le radici stesse della vita dell’uomo e della donna. E ripropone esplicitamente la prima pagina della Genesi (1,27 e 2,24) da cui deduce che Dio ha legato alla creazione delle creature umane anche il comando, per i coniugi, di formare una unità indissolubile. L’uomo e la donna lasciano le rispettive famiglie (tali legami, nell’antica concezione, avevano un peso molto maggiore di quello che hanno oggi), per appartenersi l’un l’altro in maniera inseparabile, “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”, come recita la formula del sacramento del matrimonio. I due coniugi – dice Gesù – formano “una sola carne”. L’accento, nel testo, cade sulle due parole “una sola” prima che sul termine “carne” (in ebraico il termine “carne” significa la persona nella sua totalità). Ancora una volta, si sottolinea la vocazione dell’uomo e della donna alla comunione reciproca. Il sentimento di gioia di Adamo nel vedere Eva esprime questa vocazione all’amore; non certo al dominio dell’uomo sulla donna, o viceversa. L’uomo e la donna sono stati creati per amarsi. Questo annuncio nasce dalla creazione stessa. Il matrimonio pertanto non è un istituto creato dall’uomo, è iscritto nella creazione stessa, ed è una manifestazione così alta di amore da venir presentato come immagine dello stesso amore di Dio con il suo popolo. Tale immagine, per essere considerata un ideale di vita cui ispirarsi, richiede senza dubbio una particolare grazia del Signore. Da qui, si potrebbe dire, nasce il sacramento del matrimonio. “Stare insieme per la vita” è perciò un dovere alto da custodire, da coltivare e per cui pregare. Ovviamente, come in ogni rapporto, non mancano le difficoltà e i problemi, ma la grazia del Signore viene in aiuto alla nostra debolezza. L’indissolubilità dell’unione coniugale, in verità, appare sempre più estranea alla cultura e alla prassi dominante dei nostri giorni. Si preferisce e si pratica la ricerca del piacere immediato e a basso costo (insomma, anche qui si è affermata la prassi egocentrica dell’usa e getta). Ma in tal modo – e Gesù lo ricorda – ci si allontana dal disegno del Signore sulla vita degli uomini e della stessa creazione. La comunione è iscritta nelle ragioni profonde della storia umana. E la rottura del vincolo matrimoniale è sempre una ferita al creato. Gli effetti negativi, come sempre accade, si riversano sui più deboli, sui più indifesi, sui bambini, sugli anziani, sui malati. Ci sono situazioni estremamente complesse che vanno guardate con comprensione e misericordia. Tuttavia, va salvaguardata la ricchezza di una decisione che lega per la vita e che fa di due persone “una sola carne”.
Nel matrimonio cristiano – va sottolineata la peculiarità del sacramento – si manifesta la mirabile unione tra Cristo e la Chiesa. È da questo mistero che si deve partire per comprendere la ricchezza del matrimonio cristiano e la sua dimensione storica per i coniugi, per la loro famiglia e per l’intera comunità cristiana. Come la Chiesa è unita a Cristo sino a divenire con Lui “una sola carne”, un solo corpo, così i coniugi cristiani debbono comprendere il mistero del loro matrimonio. La Chiesa, intesa come famiglia di Dio, diviene perciò l’immagine stessa della famiglia che nasce dal sacramento del matrimonio. La stessa Chiesa è concepita come una madre che genera, che custodisce e che accompagna le tante piccole “chiese domestiche” che via via si edificano. Alla comunità cristiana spetta il dovere materno di sostenere, con la preghiera e con i modi concreti che la sua compassione sa trovare, l’amore e la comprensione tra i suoi figli. E, se necessario, deve offrire un supplemento di amore per quei piccoli e quei deboli che maggiormente sono danneggiati dalla mancanza di affetto familiare. Nella Chiesa, pertanto, più che altrove, debbono vedersi realizzate le parole della Genesi: “Non è bene che l’uomo sia solo!”. Sì, la Chiesa (che è la famiglia di Dio) si presenta come la famiglia di tutti, e per questo è la casa della comunione ove nessuno è lasciato solo.

Comunità di Sant’Egidio

Imparare l’amore

Dio ha creato l’uomo e la donna affinché, unendosi, siano una sola carne: vi è infatti una solitudine mortale, negativa (cf. Gen 2,18) e l’uomo entra nella vita entrando nella relazione con l’altro. La vita è relazione e l’alterità uomo-donna è al cuore della vita e della sua trasmissione (I lettura). Gesù, interrogato sul problema del ripudio, si rifà ai testi di Genesi e ribadisce che la volontà originaria del Dio creatore sull’uomo è l’unione monogamica e indissolubile: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (vangelo). Esemplare è il divergente approccio al delicato problema del matrimonio, dell’amore dell’uomo e della donna che diviene legame, storia, presentato dai farisei e da Gesù. I farisei interrogano Gesù su una questione di liceità: “È lecito?” (Mc 10,2). La mentalità religiosa e scrupolosa rischia di ridurre la relazione dell’uomo con Dio e con gli altri uomini a una questione di liceità o meno. Se le leggi sante, se le leggi della chiesa lo consentono, allora “sono a posto con Dio” e con la coscienza. Gesù pone invece il problema sul piano della relazione con Dio e con l’altra persona. Ma diverso tra Gesù e i farisei è anche il modo di leggere le Scritture per trovarvi luce per la questione sollevata. Mosè, nel Deuteronomio, si riferisce al ripudio come a un fatto, non come a un diritto, e la lettera di ripudio è un documento che difende i diritti della donna ripudiata consentendole di risposarsi e di non essere costretta alla prostituzione o all’accattonaggio per vivere. È ovvio che in un contesto patriarcale, tale antecedente mosaico poteva fondare e giustificare una prassi profondamente ingiusta e oppressiva. La menzione, fatta en passant, del libretto di ripudio in Deuteronomio, diviene per i farisei fondamento di un diritto: unico problema sarà quello di discutere su quali siano i motivi per cui un marito può ripudiare sua moglie (cf. Mt 19,3). Gesù si oppone alla strumentalizzazione della disposizione mosaica, svelandone il carattere provvisorio, di concessione, e si pone in ascolto della volontà del Dio creatore riprendendo Gen 1,27 e 2,24. L’atteggiamento di Gesù si oppone al letteralismo e suppone un’ermeneutica del testo biblico. Ermeneutica che cercherà di cogliere il cuore di Dio, l’intenzione di Dio nel documento scritto: questo consente di valutare ciò che è fondamentale e ciò che è secondario.

Gesù prende sul serio Dio e risale alla volontà del legislatore, ma prende sul serio anche la coscienza dell’uomo ed eleva il discorso al piano della relazione e della responsabilità personali. Se i farisei fanno proprio il punto di vista dell’uomo che vuole ripudiare la moglie, Gesù risale all’origine dell’unione dell’uomo e della donna, al momento in cui i due si uniscono decidendo di fare una storia insieme (cf. Mc 10,7-8). Ciò che è essenziale allora è imparare l’amore come fatica, come lavoro, come storia. È importante passare dall’innamoramento al vivere insieme con un’altra persona. L’amore che ha scelto i due deve divenire l’amore che i due scelgono facendo divenire storia il loro incontro: allora l’amore diventerà pazienza, ascolto, perdono, attesa dei tempi dell’altro, sacrificio, attenzione, sopportazione, riconciliazione… Diventerà un amore più intelligente e fedele. Fedele perché intelligente. La fedeltà è infatti costitutiva del matrimonio cristiano che si fonda sulla fedeltà del Dio dell’alleanza e narra tale fedeltà. Di fronte a una questione spinosa come quella del ripudio Gesù non emette sentenze né legifera, ma compie un annuncio, l’annuncio rigoroso ed esigente che emerge dalla volontà di Dio contenuta nelle Scritture. Un annuncio che la chiesa è chiamata a ripetere, ma in ginocchio e guardandosi dal cadere nella logica dei farisei del nostro testo. Logica che rischia di condurre a ergersi a giudice del mistero grande della situazione matrimoniale di due persone e di fare delle parole di Gesù un’occasione di condanna per chi ha fallito. Perché tante sono le declinazioni della biblica “durezza di cuore” (Mc 10,5).

Comunità di Bose

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Lunedì 8 ottobre 2012

Chi è mio prossimo?

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Lc 10,25-37

 

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Martedì 9 ottobre 2012

Ti affanni e ti agiti per molte cose

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Lc 10,38-42

 

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Mercoledì 10 ottobre 2012

Insegnaci a pregare

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».

Lc 11,1-4

 

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Giovedì 11 ottobre 2012

Cercate e troverete

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Lc 11,5-13

 

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Venerdì 12 ottobre 2012

Chi non è con me, è contro di me

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Lc 11,15-26

 

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Sabato 13 ottobre 2012

Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Lc 11,27-28

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