Santena, alcune riflessioni a seguito della lezione di teologia sulla Gaudium et spes

Santena – 11 gennaio 2013 – Di seguito, alcune riflessioni di Gino Anchisi sulla recente lezione del corso di teologia dell’Unità pastorale 57 sulla Gaudium et spes.

VaticanoIIFrequentare le lezioni di teologia dell’Unità Pastorale 57 è un’esperienza da fare. La riflessione sul Concilio Vaticano II, in particolare sulla Costituzione pastorale, Gaudium et spes (GS), è un’opportunità di crescita culturale. La Chiesa ha ancora la possibilità di offrire alle persone occasioni per imparare traendo spunti dalla storia, dalla ragione, dalla natura e dalla tradizione, dalle scritture e dall’esperienza di vita.

A mio parere la GS è il documento meno valorizzato da parte del clero e della gerarchia e il peggio sostenuto da parte dei laici. La gerarchia non si è resa conto che senza il contributo dei laici questa Carta non può vivere e neppure progredire. Senza di essa non può svolgersi il dialogo tra la Chiesa e il mondo, perché senza i laici non può esserci il dialogo, e se non c’è dialogo, cioè la relazione con l’altro, ecco che perde senso l’essere Chiesa.

La GS nel 1965 ha aperto senza timori il confronto dialogante con ideologie che il temporalismo ottocentesco aveva condannato: il socialismo e il liberalismo, e cioè con chi pone il tema della eguaglianza, dell’equità e della solidarietà in cui lo Stato assume un ruolo forte e con chi invece guarda alla responsabilità individuale, alla sussidiarietà, collocando in primo piano il ruolo della società civile come garanzia di libertà e di progresso.

Nel momento in cui prendeva forma l’Unione Europea e si poneva la questione dei rapporti tra Paesi ricchi e Paesi poveri la Gaudium et spes ha sollevato interrogativi e proposto soluzioni cui purtroppo la politica e i partiti non sono stati capaci di dare risposte.

Fa impressione constatare come la Chiesa cattolica, dunque universale, sia riuscita mezzo secolo fa ad avere lungimiranza rispetto alle tematiche che la globalizzazione oggi pone in tutta evidenza, collocando il cristianesimo cattolico nella giusta dimensione. Fa sensazione altresì riscontrare i ritardi e i passi indietro che nel frattempo è riuscita ad accumulare.

A mio avviso la Chiesa oggi ha il compito di dare ai laici la possibilità di entrare in scena. Operazione che può essere facilitata se si forma in ogni diocesi e in ogni unità pastorale una consulta dei laici che affianchi il Vescovo e il Coordinatore nel loro lavoro al servizio della comunità cristiana. Consulta e non Consiglio, cui il Vescovo e il Coordinatore ricorrono per avere pareri obbligatori, ma non vincolanti, formata da uomini e donne in egual misura, che non fanno parte di altri organi o organismi della Chiesa, per garantire la necessaria terzietà verso la società civile.

Gino Anchisi, da Santena, la Città di Camillo Cavour

8 gennaio 2013

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