Una pausa per lo spirito, proposte di riflessione per i giorni dall’11 al 17 agosto 2013

Santena – 11 agosto 2013 – Proposte di riflessione per i giorni dall’11 al 17 agosto 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 11 agosto 2013

Il tuo popolo era in attesa della salvezza dei giusti

fiori indacoLa notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.

Sap 18,6-9

Partì senza sapere dove andava

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Eb 11,1-2.8-19

Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Lc 12,32-48

La vigilanza: è una virtù un po’ in disuso

“Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. Così si apre il brano evangelico di Luca (12,32) propostoci in questa domenica. Riprende il cuore della predicazione di Gesù che è appunto la venuta del regno; e ai suoi discepoli viene affidata la grave missione di continuare ad annunciarlo e a realizzarlo già da ora, nonostante siano un piccolo gregge. La centralità di questa predicazione, che di conseguenza deve essere tale anche nella preoccupazione dei credenti, è affermata icasticamente nel versetto precedente a quello indicato: “Cercate innanzitutto il suo (del Padre) regno, e queste cose (i beni della vita) vi saranno date in più” (v. 31).
Questo riferimento al regno di Dio, cui il discepolo deve dedicare tutto il suo interesse, si colloca in netta antitesi con il comune sentire degli uomini, tesi a cercare solo le cose della terra. Il regno di Dio è l’instaurazione della pace piena per tutto l’uomo e per tutti gli uomini. È qui la ragione stessa delle parole che seguono: fare elemosine per procurarsi borse che non si consumano e tesori da porre nel cielo, dove non ci sono né ladri che rubano né tignola che corrode. Gesù vuoi dire che a differenza dei beni terreni che si possono perdere, i tesori celesti non corrono alcun pericolo (si riprende una tradizione biblica che era solita considerare le opere buone come tesori conservati nei cieli; un antico detto ebraico recita così: “I miei padri hanno accumulato tesori per sotto, e io ho accumulato tesori per sopra. I miei padri hanno accumulato tesori che non fruttano alcun interesse, e io ho accumulato tesori che fruttano interessi”). Emerge da queste frasi evangeliche un uomo diverso dal ricco sorpreso dalla morte mentre pensa ai suoi guadagni o è preso dai suoi affanni: è il discepolo che attende il Signore e il suo regno. Il Vangelo chiarisce questa idea con la parabola dell’amministratore posto a capo di una casa dopo la partenza del padrone. 
L’amministratore, pensando che quest’ultimo tarderà a tornare, si mette a picchiare i servi e le serve, a bere e a ubriacarsi. Si tratta di una scena che a prima vista ci sembra esagerata, in verità descrive una situazione piuttosto frequente. In fondo, le tante ingiustizie e le migliaia di piccole cattiverie quotidiane che rendono la vita difficile a tutti, nascono da questo atteggiamento piuttosto diffuso. Dall’idea, cioè, di comportarci come piccoli padroncini piuttosto cattivi verso gli altri, con il pensiero abbastanza miope, che tanto a noi non toccherà mai subire nulla. In realtà, il maltrattamento di un’altra persona, oltre a essere un fatto odioso in sé, contiene sempre una certa dose di stupidità. È sempre un fatto violento che, bene o male, si ritorce anche contro chi ha compiuto, da posizione di forza, la piccola violenza. Credo che anche qui avvenga la stessa cosa che capita con il problema dell’inquinamento. Colui che inquina in modo ignorante l’ambiente, anche se pensa che non lo riguardi, finisce per inquinare anche se stesso con l’aria che respira o con il cibo con cui si nutre. La stessa cosa accade a chi rende più difficile la vita per gli altri. Agendo così inquina la vita, e la violenza che ha esercitato si ritorce anche contro se stesso. È per questo che il brano del Vangelo propone di stare ben svegli: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” e poi: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli” (vv. 36-37). L’uomo che vuol dormire spegne la lucerna; chi vuole essere sveglio quando il padrone torna rimane con la lampada accesa.
La vigilanza è una virtù che sembra un po’ in disuso ai giorni nostri. Al contrario è essenziale per la nostra vita. Spesso ci addormentiamo sulle nostre cose, ci lasciamo appesantire dagli affanni e dalle angustie. “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (v. 34), dice Gesù. Ed è qui il problema per parte nostra. Il tesoro del cristiano è il Signore, e la sua vita è nella sua attesa. La ricompensa di cui parla Gesù, e che sarà data a coloro che egli troverà vigilanti, è una ricompensa incredibile e sconvolge le consuetudini normali: il padrone stesso diviene servo dei servi, si cinge le vesti, li invita a distendersi sui cuscini della sala da pranzo e passa a servirli. È il senso di una vita piena che riescono a vivere coloro che sono vigilanti non per sé ma nell’accogliere il Signore. Molti santi, pensando alla vigilanza, hanno detto: “Devo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”. Se tutti vivessimo ogni giorno come se fosse l’ultimo, credo che la nostra vita sarebbe diversa, molto più umana e più bella. Più piena, più ricca, più vera, meno annoiata, meno disperata. Insomma, più vita.

Comunità di Sant’Egidio

Noi diventiamo ciò che amiamo

Nella notte dell’esodo dall’Egitto i figli d’Israele ebbero come guida una luce donata dall’alto, da Dio; piccolo gregge del Signore, essi si prepararono al passaggio del Signore in mezzo a loro attendendolo come salvezza (I lettura). Il piccolo gregge dei discepoli di Gesù è chiamato anch’esso a tenersi desto e pronto, “i fianchi cinti e le lucerne accese” (Lc 12,35; cf. Es 12,11) per compiere il viaggio notturno, il nuovo esodo, verso la salvezza (vangelo). Alla preparazione di coloro che attendono il passaggio del Signore (I lettura) risponde l’attesa zelante di coloro che, svegli, sono pronti ad accogliere il padrone che torna dalle nozze, ovvero dei discepoli che tengono viva la fiamma dell’attesa del Signore credendo, nonostante tutto, alla promessa della sua venuta (vangelo). Credere la venuta del Signore significa accettare di vedere l’invisibile (cf. Eb 11,27), accettare che l’invisibile e l’incredibile sono più veri del constatabile e dell’ovvio. Come i figli d’Israele non seppero sostenere il prolungarsi dell’assenza di Mosè salito sul Sinai e si fabbricarono il vitello d’oro (cf. Es 32,1), così i cristiani possono non sopportare l’invisibilità di Dio, la sua assenza; possono non tollerare la non-venuta del Messia. E divenire idolatri assolutizzando le cose penultime e finendo nel disordine, nell’aggressività e negli eccessi (cf. Lc 12,45). L’esodo a cui si preparano i credenti con i fianchi cinti e le lucerne accese è un viaggio più in profondità che in estensione, un viaggio che in realtà rende pronti a ricevere Colui che viene. Si attende ciò che si ama e a ragione Gesù afferma che “dove è il vostro tesoro là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34). Colui che ama cerca di vedere e trova piacere nel guardare il “tu” amato: “ubi amor, ibi oculus” scrive Riccardo di san Vittore. L’amato assimila a sé colui che ama: noi diventiamo ciò che amiamo. Annota Agostino: “La terra ami tu? Terra sarai. Dio tu ami? Dio tu sarai”. Come l’idolo ha il potere di assimilare alla propria vacuità colui che lo venera, così il Dio che è amore assimila a sé il credente rendendolo capace di amore. La vigilanza è rapporto equilibrato con se stessi, con il proprio corpo, con le cose, con gli altri, con Dio. Colui che allenta e dimentica il rapporto con il Signore, stravolge anche il rapporto con gli altri mettendosi a percuoterli e, cominciando a mangiare, bere e ubriacarsi, perverte anche il rapporto con se stesso, il proprio corpo e le cose esterne. Il Signore proclama beato il servo che, alla sua venuta, sarà trovato intento al suo servizio. Ovvero il servo che trova la sua gioia e il suo riposo nel servire, nel servire il Signore e nel servire i fratelli. Chi ama, ama servire le persone amate. Gesù chiama i suoi discepoli “piccolo gregge”. “Piccolo” non ha solo un significato numerico. E non pensiamo la piccolezza in termini semplicemente numerici, quantitativi. Qual è il numero che distingue tra piccolezza e non più piccolezza? Gesù ricorda che, dove due o tre sono riuniti nel suo nome, Egli è in mezzo a loro (cf. Mt 18,20). La piccolezza si riferisce certamente alla poca importanza che quel gruppo di uomini aveva agli occhi delle autorità religiose e di tutti gli uomini. Ma è anche e soprattutto una messa in guardia contro l’aspirazione a essere grandi e importanti, a essere ammirati e considerati. Davvero grande, a questo proposito, la lezione della piccola Teresa di Lisieux: “La santità non risiede in questa o quella pratica di pietà, ma in una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli nelle braccia di Dio, coscienti della nostra debolezza e fiduciosi nella sua bontà di padre. Ciò che piace a Dio nella mia anima è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia povertà, è la cieca speranza che ho nella sua misericordia. Non temere: più sarai povera più Gesù ti amerà”. I servi fedeli che il Signore alla sua venuta troverà vigilanti vedranno il Signore stesso farsi loro servo (cf. Lc 12,37) nel banchetto escatologico. Il rovesciamento dei ruoli riprende ciò che il Signore Gesù ha sempre fatto durante la sua vita: farsi servo dei suoi servi.

Comunità di Bose

**

Lunedì 12 agosto 2013

Sta per essere consegnato

In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Mt 17,22-27

**

Martedì 13 agosto 2013

Così è volontà del Padre vostro, che neanche uno di questi piccoli si perda

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.

Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Mt 18,1-5.10.12-14

**

Mercoledì 14 agosto 2013

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Mt 18,15-20

**

Giovedì 15 agosto 2013

Beata colei che ha creduto

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome;

di generazione in generazione la sua misericordia

per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

come aveva detto ai nostri padri,

per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

 

Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Lc 1,39-56

**

Venerdì 16 agosto 2013

Per la durezza del vostro cuore Mosè ve l’ha permesso

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Mt 19,3-12

**

Sabato 17 agosto 2013

A chi è come loro appartiene il regno dei cieli

In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Mt 19, 13-15

**