Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia: «Catastrofe senza lavoro giovani»

Torino – 10 ottobre 2013 – «Se nei prossimi mesi non fermiamo in qualche modo il trend della decrescita dell’occupazione tra i giovani, giungeremo presto a un punto di non ritorno da cui sarà difficile risollevarsi». E’ l’allarme lanciato dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, alla rassegna ‘Io Lavoro’. «Rischiamo di perdere una o due generazioni – ha aggiunto Nosiglia – e in questo caso tutti pagheremmo un grave prezzo. Questo significherebbe la più terribile sconfitta e catastrofe della nostra società». Di seguito, il testo integrale dell’intervento dell’arcivescovo di Torino.

INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO, MONS. CESARE NOSIGLIA,

ALLA FIERA “IO LAVORO”

(Torino, Juventus Stadium, 10 ottobre 2013, ore 11)

«Ringrazio per il cortese invito formulatomi dall’Assessore al Lavoro e alla Formazione Professionale della Regione Piemonte Claudia Porchietto. Saluto cordialmente le autorità, gli imprenditori e i componenti del comitato che ormai da quindici anni organizzano questo evento, così importante e stimolante per coloro che sono alla ricerca di un lavoro. Un saluto particolare va a tutti i giovani qui presenti che vivono un momento della vita particolarmente importante e denso di speranza, ma anche di preoccupazione.

IoLavoroIl mercato del lavoro oggi può apparire ostile, distante, difficile da affrontare, con tutte le sue problematiche e interrogativi. La mia esperienza mi dice che i giovani, posti nelle dovute condizioni, hanno il desiderio di raccogliere queste sfide, assumendosi la responsabilità di far parte della collettività con uno sguardo al futuro ricco di speranza. Spesso sono le condizioni, nelle quali il mondo adulto li pone, ad essere d’ostacolo all’esplosione delle loro energie innovative. Quanto sarebbe importante, come credo avvenga in questa occasione, se fossimo più capaci di porre le condizioni perché i giovani siano realmente ascoltati, offrendo loro la possibilità di compiere le scelte che più rispondono ai loro desideri e aspirazioni, pur sperimentando talvolta il timore – ma non la paura – del futuro, sentimento oggi invece molto presente nel loro animo!

Le statistiche ci dicono quanta difficoltà vivano i giovani nell’accedere al mercato del lavoro, ma, ancora prima, di avere supporti efficaci nel loro orientamento durante gli anni della scuola. La “piaga” della dispersione scolastica ha assunto in Piemonte dimensioni molto preoccupanti e richiede una seria riflessione da parte dei diversi attori della vita civile, per giungere ad azioni efficaci dal punto di vista educativo, al fine di sostenere le scelte proprio in quella fascia di età così bisognosa di un supporto efficace da parte del mondo adulto e in particolare delle famiglie.

mons cesare nosiglia arcivescovo torinoInoltre, sappiamo bene quanto sia determinante avvicinare i giovani con gradualità al mondo del lavoro, offrendo loro esperienze capaci di fargli sperimentare alcuni valori fondamentali della vita e della convivenza civile, facendoli avvicinare anche alle dinamiche del mondo lavoro che, affermano statistiche recenti, troppo spesso finiscono di essere conosciute in età alquanto avanzata. Un ruolo centrale nella formazione al lavoro ha la famiglia fin dai primi anni di vita, favorendo al suo interno e fuori di essa l’accumulazione di conoscenze, competenze ed abilità che insieme al processo formativo forniscono un bagaglio decisivo per aumentare le possibilità occupazionali. Maggiori sono le opportunità educative, maggiore sarà la capacità di un giovane di presentarsi attrezzato sul mercato del lavoro, perché le abilità acquisite in età giovanile influenzano sia le condizioni iniziali, sia il processo di apprendimento nella fase adulta successiva.

È altrettanto importante però, anche a livello politico, che si favorisca una nuova cultura del lavoro che non parta da una visione economica di stampo puramente capitalistico, considerando il lavoro solo come “merce” e il fine dell’impresa solo nel “profitto”. È necessario ripensare al lavoro e al mercato come luoghi di mutua assistenza e di fioritura umana, favorendo anche il passaggio generazionale delle competenze. In questo campo, le politiche adottate sono di aiuto, ma la crescita professionale avrà sempre bisogno di testimoni e maestri in uno scenario che presenta purtroppo un rischio sempre maggiore di interruzione della catena di trasmissione intergenerazionale dei valori, dei saperi e dei mestieri.

Tutto ciò si può realizzare a partire da una visione dell’uomo rinnovata, che abbia al centro il suo essere persona e non individuo, secondo quanto ci ha ricordato Papa Francesco in diverse occasioni. Egli ha affermato che «i più gravi mali che affliggono il mondo in questi anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi. I vecchi hanno bisogno di cure e compagnia, i giovani di lavoro e di speranza, ma non hanno né l’uno né l’altra e il guaio è che non li cercano più. Sono stati schiacciati sul presente negandogli la possibilità di costruire un progetto, un avvenire, una famiglia» (cfr. Eugenio Scalfari, intervista su «La Repubblica», 1/10/2013). Come adulti condividiamo anche in questa occasione la responsabilità di accogliere le istanze dei giovani come un dono prezioso, all’interno di un compito che ci porta ad accompagnarli nel loro cammino di libertà e responsabilità dimostrando, come ancora si è espresso il Papa ai giovani a Rio de Janeiro durante la Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno: «Vi chiedo di essere rivoluzionari, di andare contro corrente; vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, che non siate capaci di amare veramente» (cfr. Discorso ai volontari della Gmg, Rio de Janeiro, 28/07/2013).

Sulla base di tutto ciò, desidero lanciare un forte appello a tutte le componenti coinvolte nel mondo del lavoro e della formazione, alle istituzioni in primo luogo e al mondo delle imprese grandi, medie e piccole; al mondo del commercio e del terziario; alle realtà che sono più radicate nel nostro territorio da tanto tempo. Non faccio nomi, ma chi vuole può capire e sentirsi chiamato in causa. Vi prego e vi supplico, in nome di Dio e di ogni giovane: non desistete dal tentare vie convergenti per impegnare una quota significativa dei vostri investimenti e progetti di sviluppo per dare lavoro ai giovani; fate squadra, nel senso di dare vita a un percorso condiviso di impegno concreto per sostenere un’azione forte e incisiva sul nostro territorio nel campo del lavoro dei giovani e per i giovani. Non possiamo attendere che sia il governo centrale a farsi carico – come dovrebbe, certo – di questo fatto che grava profondamente su tanti giovani del nostro territorio e interessa moltissime famiglie. No, non possiamo più permetterci di continuare a parlare di questo problema senza tentare vie di un’inversione di tendenza che dia qualche segnale di speranza ai giovani, alle loro famiglie e all’intera società.

Se in questi prossimi mesi non fermiamo il trend negativo di decrescita degli occupati nei giovani, giungeremo presto a un punto di non ritorno, da cui sarà difficilissimo risollevarsi; e questo significherebbe la più terribile sconfitta e catastrofe della nostra società, con conseguenze che ci trascineremo per decenni.

Concludo augurando a tutti che questi giorni siano un’esperienza concreta di incontro e di conoscenza, momento di speranza non solo per i giovani e gli adulti che cercano il lavoro, ma anche per gli imprenditori che lo creano a cui dobbiamo riconoscenza e stima. E anch’io rinnovo questo augurio a tutti i lavoratori, agli imprenditori e alle istituzioni impegnati, in questo tempo così difficile, per il mondo del lavoro, con le parole di Papa Francesco: «Non lasciatevi rubare la speranza, che è come la brace sotto la cenere; aiutiamoci, soffiando insieme, perché il fuoco riprenda il suo vigore» (cfr. Discorso al mondo del lavoro, Cagliari, 22/09/2013).
Grazie.
+Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino»

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