Santena e Cambiano, due anni di impegno: intervista al viceparroco don Martino Ferraris

Santena – 18 agosto 2014 – Due anni di impegno nella comunità di Santena e Cambiano. Questo il tema dell’intervista a don Martino Ferraris, 33 anni, viceparroco nelle due comunità cristiane.

donMarinoFerraris1

Che idea ti sei fatto sulle comunità parrocchiali di Cambiano e Santena?

«Sono due comunità che sanno stare in piedi e che sono vive. E vive vuol dire che, se le immagino come un corpo umano, hanno tutti gli organi funzionanti. Poi, come qualsiasi corpo, hanno anche qualche acciacco e alcune fatiche. Nelle due comunità mi sembra di vedere un corpo che sta bene in piedi e che – qua e là – ha bisogno di qualche momento di riposo e di essere anche curato. Le due comunità non hanno buchi nei vari settori pastorali, tutti presenti, con una serie di attività. Due comunità con persone affettuose e costruttive, anche se non molti riescono a trovare tempi e spazi significativi per essere concretamente operativi. Due comunità con tante persone che ti fanno sentire a casa e che puntano anche un po’ a migliorare la situazione».

Come vedi la situazione del mondo giovanile?

OLYMPUS DIGITAL CAMERA«Guardando ai giovani delle comunità di Cambiano e Santena mi vengono in mente tre cose. La prima è che c’è un folto gruppo di gioventù che tocchiamo a fatica, che facciamo fatica a raggiungere e con cui sentiamo anche un po’ di disagio nel trattare. Si tratta di giovani che, tutto sommato, bazzicano nelle nostre piazze, nelle nostre vie, nei nostri giardini cittadini e anche nei nostri ambienti. Una fetta di gente che gira, ma cui non riusciamo a dare molte cose. Ci chiediamo che fare per queste persone, ma poi non siamo in grado di arrivare a loro, non sappiamo che fare e, spesso, non troviamo il tempo giusto per dedicarci a loro. Un secondo gruppo di giovani è quello che cammina in parrocchia: sono i ragazzi dei nostri gruppi. E questo mi da un po’ l’idea di una élite di gioventù. Una élite che ha un pro e un contro. Il pro è che con loro si riesce a lavorare bene. Il contro è che poi, a volte, si rischia che quel gruppo di ragazzi venga visto come il gruppo dei più bravi e dei più belli della parrocchia. E noi, quando siamo con loro stiamo bene e rischiamo di accontentarci della situazione. Un gruppo che, a volte, fa un po’ fatica a guardare fuori da se stesso, anche perché prende poco in considerazione gli altri giovani della città. Infine, c’è un terzo gruppo, quello dei giovani-adulti, cui manca un punto di riferimento. Un gruppo con cui la parrocchia fa fatica a relazionarsi e a proporre iniziative che possano interessarli e coinvolgerli».

C’è qualche aspetto delle due comunità che ti ha colpito?

donMarinoFerraris5«Sì, è lo stesso aspetto e anche questo ha risvolti postivi e negativi. E’ l’attaccamento dei parrocchiani alla comunità in sé, alla parrocchia, al luogo, alle tradizioni locali. Faccio riferimento alla Tradizione con “T” maiuscola – la fede e i suoi principi –, ma anche alle tante tradizioni locali. Tuttavia, spesso si scivola nel fissismo: non si accetta di cambiare nulla. E quando si propone un cambiamento, la tentazione è vederlo subito come un “perdere”, raramente come un “guadagnare”. Ecco, il cambiamento viene sentito spesso come negatività e non come positività. Mi pare che papa Giovanni XXXIII abbia qualche insegnamento in tale ambito: è stato uno che ha saputo conservare bene le tradizioni, sapendo anche cambiarne il “vestito”. Da un lato occorre essere attaccati alle tradizioni, ma dall’altro occorre anche sapersi rinnovare. Nel contesto della pastorale, è fondamentale saper guardare avanti senza paure, avendo il coraggio di osare anche qualche cambiamento. Certo c’è poi la verifica su ciò che si è proposto, così da apportare correzioni eventuali».

Quali sono i problemi che pesano di più sul quotidiano dei parrocchiani?

donMarinoFerraris6«La percezione che ho con i giovani e con parecchi adulti è la carenza di spazi di vita. Sento sempre che non hanno mai tempo. Dicono tutti che sono stanchi. I genitori una volta a casa dicono che non hanno tempo per i figli. Si tratta di ritornelli che sento spessissimo. Si tratta di un aspetto che per certi versi viviamo anche noi preti. In questo modo le relazioni si appesantiscono. Oltre alle vicende di fatica e stanchezza legate alla crisi economica e occupazionale con tutte le conseguenze c’è anche quella del tempo che ci sfugge. Il tempo che trascorre senza che riusciamo a vivere con pienezza e nella dovuta consapevolezza. E, ogni tanto, ci chiediamo che cosa abbiamo fatto a fronte del tempo passato e quali situazioni viviamo ogni giorno. Ogni tanto ci giriamo intorno e non riusciamo a capire bene cosa sta succedendo».

Cosa auguri ai santenesi e ai cambianesi?

«Ai cambianesi e ai santenesi auguro di poter avere una vita serena, sia quella civile sia quella sociale e, naturalmente, anche quella religiosa, come comunità cristiana. Ogni giorno in tanti mi dicono che sono stanchi, che sono sempre di corsa e questo mi fa soffrire. Percepisco che la gente non è serena: mi piacerebbe vedere più serenità nell’affrontare la quotidianità degli impegni di ogni giorno. Un insegnamento in questa direzione mi sembra arrivi da papa Francesco: è carico di problemi che però affronta con una serenità di fondo. Lo stesso vorrei vedere nelle mamme e nei papa, rispetto ai quotidiani impegni di lavoro, di famiglia e di impegno in comunità. Una serenità che spesso manca».

C’è qualche indicazione che vuoi rivolgere alle due comunità?

«Una cosa che auspicherei è la capacità di dire: “ma se usciamo un po’ dal nostro campanilismo, se cambiamo un po’, se facciamo un cammino comune, non sarebbe poi così male”. Il preferire la divisione rispetto all’unità, – che non è unificazione! – ha una radice “diabolica”… il demonio infatti è il divisore per eccellenza. A volte si preferisce avere poco e restare divisi piuttosto che lavorare insieme e avere di più. Noi credenti non dobbiamo cedere a queste lusinghe del signore delle tenebre! E quando cediamo, questo mi porta una tristezza di fondo. Sono sicuro che il Signore illuminerà i nostri passi e ci aiuterà a convertire il cuore, lì dove siamo ancora un po’ duri».

Nel cammino comune delle due parrocchie cosa si può segnalare?

donMarinoFerraris7«Sicuramente penso che siano stati compiuti molti passi giusti. In questi due anni ci sono state parecchie iniziative nelle quali le due comunità hanno lavorare un po’ insieme. Sono contento che con i giovani le due equipe hanno lavorato insieme, programmando nelle due parrocchie lo stesso cammino. Probabilmente è perché i ragazzi sono più malleabili. Altri esempi positivi sono stati il ritiro delle prime comunioni, alcuni appuntamenti quaresimali e la seduta comune dei due consigli parrocchiali. Lo stesso percorso che stiamo facendo per arrivare all’unificazione dei due giornali parrocchiali mi sembra positivo. Bisogna anche dire che il cammino che stiamo portiamo avanti fa emergere la disponibilità delle persone che hanno voglia di fare le cose insieme. Per la ripresa di settembre io penso che sarebbe importante fare qualche altro passo in avanti, ad esempio, iniziando a lavorare in sinergia, coordinando la programmazione delle attività di catechismo».

Come procede il cammino dell’unità pastorale?

«Anche qui mi sembra che il cammino sin qui percorso sia positivo. Si lavora decisamente bene; certo poi miglioramenti sono sempre possibili. Se il cammino tra due parrocchie è faticoso a livello di unità pastorale le cose si fanno ancora più complicate. L’ottica del proprio campanile, così come quella del cortile del proprio oratorio, è difficile da superare. Va anche detto che a volte si lavora per dare risposte a domande che la gente non sempre si pone e quindi le iniziative faticano ad avere una buona partecipazione. E non sempre è facile riuscire a intercettare le domande nascoste dei parrocchiani». Don Martino Ferraris chiude così: «Vorrei riuscire a migliorare il servizio che svolgo nelle due parrocchie organizzando meglio il mio tempo. E’ anche una questione di agenda, ma non solo. E questo vale sia nei giorni con mille impegni sia quando le cose da fare sono poche. Dico questo perché a volte nell’ambito della giornata riesco a ritagliarmi un momento per il rapporto personale con Dio troppo risicato e frettoloso. Anche qui da settembre ho in programma qualche aggiustamento della mia agenda, sia per servire meglio le due comunità sia per gestire meglio quelli che potrei definire i miei tempi sacri».

**

www.rossosantena.it

Twitter @rossosantena