Santena, lasciate stare la staccionata sulla Banna

Santena – 9 ottobre 2014 – Oggi la passeggiata lungo Banna è orgoglio di una comunità che ha nella memoria un prima e un dopo alluvione. Vent’anni fa solo un piccolo sentiero impervio percorreva l’argine del Parco.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAFinita l’età del pascolo, dei bagni e delle lavandaie, il luogo era abbandonato. Per questo fa male vedere i pali della staccionata smossi, le traverse spezzate, le cartacce per terra e gli escrementi dei cani nell’erba, segni di disprezzo verso un simbolo della tragedia che ha segnato la comunità. La rievocazione del ventennale dell’alluvione servirà a ricordare ai maleducati cosa significa per i Santenesi la passeggiata.

Vent’anni fa, il 5-6 novembre, in una sera buia e piovosa, su gran parte del Piemonte scese il finimondo. A Santena, l’imbuto del bacino del Banna, successe quello che tutti sapevano ma che non volevano credere: l’alluvione travolse mezza città. Nella parte bassa, in sponda destra e sinistra, il torrente uscì dal suo letto. Ad un certo punto, verso le 21, l’acqua tornava indietro, segno che il ponte della ferrovia, intasato di tronchi trasportati dalla corrente, faceva da diga. L’acqua intanto era già entrata dal parco Cavour attraverso l’argine su cui erano in corso dei lavori. La Banna, furibonda, cercava un passaggio. Prima di mezzanotte lo trovò e fu l’apocalisse. Era notte, pioveva, faceva freddo, mancò la luce. Per qualche istante si sentì, rasoterra, un brusio gelido e sconosciuto, poi l’acqua irruppe sfondando porte e finestre. Le prime a saltare furono le caldaie. Intanto sulla corrente fluttuavano leggeri i bidoni della spazzatura. Mercanzie di ogni genere galleggiavano su una fetida melma che faceva vibrare i muri delle case. Urla di spavento e di aiuto si levavano nel buio. Quasi tutti salirono al primo piano. Chi era in difficoltà, molti gli anziani, fu soccorso dai famigliari o dai vicini. Coloro che vennero sorpresi per strada trovarono rifugio nelle abitazioni e tanti nella chiesa parrocchiale. Qualcuno restò a mollo per ore aggrappato a sostegni di fortuna. Morì chi non potè mettersi in salvo.

Santena_lungobannaMetà Santena si trasformò in un girone dell’Inferno dantesco. Le auto, simili a giganteschi insetti annaspanti, vagavano nella strada, entravano nei cortili, scivolavano nei campi, alcune puntando i fari lasciati accesi da sorpresi guidatori. La paura per chi visse quelle ore fu enorme. Una cosa così non si era mai vista. Quella notte, chi volle si rese conto dei disastri che una sciagurata gestione del bacino del Banna e del territorio può causare. Dato che ogni goccia che cade a monte da qui deve comunque passare, ci si rese definitivamente conto che la Banna è l’essenza di Santena.

Per questo fa male constatare il vandalismo e la maleducazione. Un’offesa per chi vent’anni fa soffrì per l’alluvione e un insulto per chi crede nel senso civico e nel valore dei beni comuni.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 9 ottobre 2014

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