Con Lodovico Berruto (Vico d’ Midéo) se ne va un altro pezzo di storia di Santena

Santena – 16 novembre 2014 – Il saluto a “Vico d’ Midéo del Gat” Lodovico Berruto, fatto il giorno del funerale, il 14 novembre 2014, da Giovanni Gaude, a nome dell’associazione “Le radici, la memoria”.

Con Lodovico Berruto (Vico d’ Midéo) se ne va un altro pezzo di storia di Santena

Ludovico Berruto,  Vico–gennaio1943Ciao Vico, oggi la nostra comunità ti saluta e ti ricorda per il tuo attaccamento alla terra e al lavoro e per quelle pagine difficili della tua gioventù durante la seconda guerra mondiale. Vico il 5 gennaio del 1943 fu chiamato alle armi e inviato sul fronte Jugoslavo a Nisici. Dopo l’8 settembre 1943, con l’armistizio, cercò di raggiungere la costa Adriatica per tornare in Italia ma il tentativo fallì. Fu preso dai tedeschi a Cerquiza, rifiutò l’adesione alla Germania e alla R.S.I. Fu deportato e internato in un campo di concentramento in Germania, dove vide cose atroci. Vico è uno dei santenesi, I.M.I. Internati Militari Italiani, ricordati come “gli schiavi di Hitler”.

Leggo alcune sue brevi testimonianze e pensieri, che Vico ci ha lasciato:

“Il 29 Ottobre 43 vengo internato nel campo di concentramento (M-Stalag) VI C di Bathom/Emsland, una zona mineraria della Germania del Nord-Ovest e registrato con il numero 25. Eravamo all’aperto, senza riparo, come bestie, sporchi, senza mangiare, senza acqua, pieni di pidocchi, ci hanno lasciati così fino alla vigilia di Natale del 1943, lungo la strada per andare e tornare dalla miniera, strada lunga come da Santena a Carignano, si moriva come mosche, chi cadeva per terra era finito non si rialzava più. A Natale ai sopravvissuti hanno assegnato una baracca, io fui assegnato al Campo numero 152, mi sono lavato e ho potuto bere acqua, mi sono sentito rinascere e nutrire una piccola speranza.

Entrando nel campo, nella confusione, ho perso il mio zaino, ho sofferto, sono stato male. Lo zaino era importante, era l’unica cosa personale che i tedeschi mi avevano lasciato. Lo zaino era l’unica cosa che mi identificava ancora come una persona, lo zaino era l’unica cosa mia, quando ci appoggiavo la testa sopra o lo aprivo, anche se era vuoto, era importante ti aiutava a mantenere viva la memoria, a pensare, a ripetere il tuo nome e cognome, da dove arrivavi, la tua casa, i genitori, i famigliari, gli amici, altrimenti ero solo un numero, il 25, appeso al collo come le bestie. Lo zaino non ti lasciava morire dentro, non morivi nella testa, manteneva vivo il cervello e con lui la speranza, per il resto il mio corpo era solo un numero il 25. Penso che la sofferenza fisica, per chi come me ha portato a casa la pelle, la si possa spiegare così, con le cose che ho raccontato senza aggiungere altro.

Ludovico_BerrutoL’altra sofferenza quella che hai nella testa e nel cuore, che ti senti addosso, che fa parte di te, che non ti lascia più, che ti porti dentro tutta la vita, non ha una spiegazione, se non nella malvagità degli uomini, di quegli uomini che hanno pensato di soggiogare il mondo intero in un regime folle che prevedeva l’eliminazione fisica di tutti coloro che non la pensavano come loro. Quando sono tornato a casa il 13 agosto 1945, a piedi dalla stazione ferroviaria di Villastellone sulla strada di Brin ho incontrato Anna del Gross e Pierin Canarun, non mi hanno riconosciuto pesavo 44 chilogrammi. Quando ero partito pesavo 74 chilogrammi, arrivato a casa ad abbracciarmi non c’era mia mamma, era morta alla fine del 1944.Io non lo sapevo e lei non sapeva che io ero vivo”.

Ciao Vico: ora che hai terminato il cammino sulla terra potrai riabbracciare tua mamma, tutti i tuoi famigliari, tutte le persone a cui hai voluto bene. Grazie della testimonianza che ci lasci e riposa in pace.

Vico è insignito di Croce al Merito di Guerra.

Un abbraccio a Concetta, Maria Grazia, Aldo, Fabio, Monica, Marco, Cristian e a tutti i famigliari.

14 novembre 2014

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Saluto a “Vico d’ Midéo del Gat” Lodovico Berruto, il giorno del funerale, Santena.
Gaude Giovanni per l’associazione “Le radici, la memoria”

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Fonte per testo e immagini: “Le radici, la memoria”

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