Santena: dall’Oratorio, nel bicentenario di Don Bosco, una lezione contro l’indifferenza

Santena – 2 febbraio 2015 – Dei minorenni fanno i bulli e maltrattano un “disabile”. Nel mondo di WhatsApp la violenza e le conseguenze sulla vita di un gruppo di minori rendono particolarmente scabrosa la notizia. Chi si schiera per una ragazzata da tollerare, chi invece è per la tolleranza zero.

Santena_oratorio_SanLuigiPer fortuna c’è l’Oratorio, un luogo presenziato da persone, laici e chierici, che ogni giorno sono impegnate sul fronte della solidarietà, dell’educazione e dell’attenzione verso l’altro. Senza l’Oratorio i fatti successi sarebbero avvenuti altrove, in luoghi indifferenti dove l’omertà può farla da padrona con scioltezza. Fare i bulli, infierire su persone più fragili è cosa odiosa, ma non è pratica rara. Anche adulti maturi lo fanno. Nulla eccita più di una supposta superiorità fisica o mentale nutrita di razzismo e totalitarismo. Col diverso, spesso i confini saltano. Più somiglia a noi, più suscita astio, perché, in lui, intravvediamo la nostra immagine riflessa. La vicenda, com’è noto, nasce mesi fa ed è stata gestita con attenzione e professionalità, tenuto conto che in gioco c’è il destino di minori.

Un’insegnante suggerisce una traccia per cercare di capire il contesto con cui si ha a che fare. La solitudine e la lontananza sono impressionanti. La crisi sociale in cui ci dibattiamo acuisce i guasti. C’è un tremendo bisogno di speranza. I vuoti da riempire sono tanti. Non dobbiamo dimenticare che i nostri ragazzi sono pronipoti di televisioni commerciali capaci di imporre modelli fasulli. Nipoti di telefonini e sms, figli di Facebook e di Twitter, coetanei di Instagram, Snapchat e WhatsApp: moderni strumenti capaci di creare felicità e sicurezze ma anche straniazione, sofferenza e solitudine. Se usati male, fanno raggiungere vertici ineguagliabili di dipendenza, finzione e illusione in cui non è chiara la differenza tra l’essere e l’apparire. Questi ragazzi usano strumenti che possono dilatare distanze irraggiungibili, rendendo difficile lo sguardo e il confronto con gli altri che gli stanno accanto. I più fragili possono cadere in irreali equivoci. Avrebbero bisogno d’avere accanto la mamma e il papà. La famiglia è importante, ma non basta. C’è bisogno di vera socialità, di vero ascolto. Utile sarebbe una struttura che insegna le malizie per usare le nuove tecnologie di connessione tra persone.

Il ruolo dell’Oratorio, del Comune e della Scuola, l’intervento dei Carabinieri contengono un messaggio chiaro. Ai minori viene offerta la possibilità di capire prima e meglio dei loro coetanei quanto è importante comprendere il valore dell’altro. Le lezioni in fondo servono a imparare a essere persone capaci di dare un senso alla vita. Dall’Oratorio viene un segnale di speranza. Credere che siano irrecuperabili è inaccettabile.

Un caro amico che di sofferenza e di diversità se ne intende, fin sopra i capelli, mi dice: “Hanno bisogno di imparare la bellezza della convivenza. Non uso WhatsApp, ma devono essere recuperati con pazienza. In fondo in tanti altri casi siamo così tolleranti da far schifo. Hanno commesso un reato grave, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra”.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 1 febbraio 2015.

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