Santena, festa patronale San Lorenzo 2017, l’omelia del parroco don Beppe Zorzan

SANTENA – 11 agosto 2017 – Come parroco, vorrei chiedere questa grazia al nostro patrono: che faccia crescere e maturare nella nostra comunità persone disponibili al servizio e, in modo particolare, nell’annuncio della Parola di Dio.  Questo l’appello del parroco don Beppe Zorzan, rivolto ieri con l’omelia della messa del santo patrono, san Lorenzo.

Don Beppe Zorzan, ha iniziato così: «L’uccisione di san Lorenzo, avvenuta nel 258 dopo Cristo, a Roma. La morte di Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce, che abbiamo ricordato nella liturgia di ieri, avvenuta nella camera a gas del campo di sterminio di Auschwitz, Birkenau, nel 1942. Fino ai 90mila cristiani, ‘certificati’, potremmo dire, dal Vaticano, uccisi in nome della fede, nel 2016. Tutte queste persone ci dicono che la storia della Chiesa è stata insanguinata con il sacrificio dei martiri. Celebrare oggi la festa di san Lorenzo vuol dire ricordare il suo sacrificio e, insieme a lui, ricordare tutte quelle persone che, nel corso della storia, hanno vissuto, con coerenza, fino alla fine, la propria fede senza paura, senza timori, neanche di fronte alla minaccia della propria vita».

Il parroco ha proseguito: «Celebrare quindi la memoria e la festa di un martire vuol dire prendere sul serio la nostra fede. La fede è una cosa seria, non è un passatempo. Essere cristiani vuol dire essere pronti a mettere in gioco la propria vita. Così come, ad esempio, questo anno a Pasqua 25 cristiani in Egitto sono morti, andando a messa la domenica nel giorno di Pasqua. Di fronte quindi alla memoria di queste persone, che ricordiamo oggi nella figura di san Lorenzo, prima di tutto, siamo invitati a vivere il cristianesimo in modo coerente. Ogni volta che noi viviamo il nostro cristianesimo in modo mediocre, vergognandoci della nostra fede, non vivendo il Vangelo fino in fondo, non partecipando alla vita di una comunità, non sentendoci parte della Chiesa, ecco, così facendo, noi offendiamo anche la memoria di queste persone che hanno dato la vita nel nome di Gesù Cristo. La Chiesa si fonda su quella roccia che è Gesù Cristo, ma anche su altri due pilastri: da una parte, quella che è la testimonianza e l’annuncio, la tradizione di apostoli e, dall’altra parte, il sangue di tutti questi martiri, di tutti questi cristiani che, nel corso della storia, ci hanno annunciato, con la loro vita, Gesù Cristo».

Don Beppe Zorzan ha aggiunto: «Allora il primo invito che ci viene dalla festa odierna, pensando a questo giovane san Lorenzo, che ha sacrificato la sua vita a 33 anni, questo giovane cha ha donato la sua vita al Signore, ci aiuti a vivere la nostra fede, sempre fino in fondo, senza mezze misure, senza falsità, senza mediocrità. San Lorenzo, interrogato dal prefetto romano che gli chiedeva di confiscare quelli che erano i beni e i tesori della Chiesa di Roma, si presenta  a lui con una folla numerosa di diseredati, di poveri, di assistiti dalla Chiesa e dice al prefetto “Questi sono i nostri tesori. Sono tesori eterni, che non diminuiranno mai, ma cresceranno sempre di più». Ed è vero. I poveri sono cresciuti sempre di più. Sono e continuano a essere un tesoro che la Chiesa deve custodire».

«E allora, secondo invito, che ci viene dalla figura di questo santo – ha detto don Beppe Zorzan – è a prenderci sempre cura all’interno della comunità del nostro paese di tutte quelle situazioni di difficoltà che le famiglie  e le persone vivono, per  cercare il modo di essere accanto loro e di aiutarle a dare una prospettiva futura per la propria vita e per la vita dei propri figli. Il Vangelo di oggi ci dice che amare è servire e servire vuol dire appunto essere disposti a mettere in gioco, a donare la propria vita. C’è quindi un martirio che si spinge fino al sangue. Ma c’è un martirio quotidiano che noi cristiani dobbiamo dare, attraverso la testimonianza della fede. Attraverso il servizio. “Solo – dice Gesù – chi è disposto a perdere la propria vita o a dare largamente, costui la conserverà per la vita eterna”. Questo Gesù ci insegna: che crescere nella vita vuol dire imparare a donarla agli altri. Attraverso il servizio». «La terza cosa che possiamo domandarci è – ha detto don Beppe Zorzan –: che cosa possiamo fare noi per la nostra parrocchia? Che cosa possiamo fare noi per il nostro paese? Quale tempo possiamo mettere a disposizione? Quali qualità abbiamo che possiamo donare agli altri? Quali servizi possiamo offrire agli altri perché, appunto come comunità, si cresca insieme? Come paese si cresca e, sempre di più, si migliori nella vita comune».

Poi il parroco ha presentato una proposta concreta: «Certamente, se penso alla parrocchia, i servizi di cui abbiamo bisogno sono tanti, ma ve ne è uno, in modo particolare che è più necessario. È quello di persone che si rendano disponibili ad annunciare oggi la Parola del Signore. Chiamiamoli catechisti. Chiamiamoli annunciatori. Persone che oggi si mettano a disposizione della catechesi, e non tanto per i bambini piccoli, ma per gli adulti in modo particolare.  Oggi la Chiesa ha bisogno di queste persone. Non soltanto la nostra chiesa, ma tutte le nostre parrocchie. Servono persone che si mettano al servizio. Perché se non c’è nessuno che annunci non ci sarà nessuno che potrà crescere nella fede. E questo san Paolo lo dice anche in una delle sue lettere. Se non c’è nessuno che annunci come si fa a crescere nella fede?».

«E allora, questo è un sentire che dobbiamo maturare sempre più dentro di noi – ha proseguito il parroco –. E’ una responsabilità che dobbiamo avere nel tempo presente della storia della Chiesa, in cui magari un sacerdote, o meglio, più sacerdoti, si trovano a correre tra tre parrocchie diverse. C’è bisogno di crescere nella responsabilità. Nel sentirsi parte della comunità. C’è bisogno di prendersi le proprie responsabilità, di dire questa è la mia casa. C’è bisogno di domandarsi che cosa posso fare per farla crescere sempre di più per far conoscere sempre di più gli altri, la persona e il messaggio di Gesù Cristo».

Il parroco don Beppe Zorzan ha chiuso così la sua omelia: «E, allora, personalmente come parroco, vorrei chiedere questa grazia al nostro patrono: che faccia crescere e maturare nella nostra comunità persone disponibili al servizio e, in modo particolare, il servizio dell’annuncio della Parola di Dio, oggi. Di fronte al Signore, di fronte a lui per intercessione di San Lorenzo, mettiamo oggi la nostra comunità, il nostro paese,  perché ognuno di noi possa sentirsi sempre parte viva e possa fare la sua parte, per la crescita della fede, per la crescita del bene comune e, soprattutto, nel sentirsi anche parte attiva e interessata nei confronti di quei tesori che san Lorenzo diceva che sono i poveri oggi nella nostra società».

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