“Oggi è nato per noi il Salvatore” omelia della notte di Natale 2017 di mons. Cesare Nosiglia

TORINO – 25 dicembre 2017 – Di seguito, l’omelia della notte di Natale 2017 di mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino.

 

Oggi è nato per noi il Salvatore.

«Oggi è nato per noi il Salvatore». In questa notte santa, dopo oltre 2000 anni, risuona l’annuncio degli angeli, che ha segnato la storia dell’umanità e continua a stupire per la gioia che porta nel cuore di ogni persona. «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio»: questo è il grande mistero del Natale, del Dio-con-noi che si fa umile, povero, semplice bambino, indifeso e bisognoso di tutto e di tutti. Egli entra nella storia in punta di piedi.

Ogni Natale rinnova questo evento e lo ripropone in modo diverso e nuovo, perché Dio non si ripete mai. La sua venuta è come la nascita di un nuovo figlio, uguale nel suo significato a quella che l’ha preceduta, ma anche totalmente diversa e portatrice di speranze e attese sorprendenti. Che cosa porterà questo Natale 2017 alla nostra vita e alle nostre famiglie? Quale novità il Signore ha in riserbo per ciascuno di noi?

La novità è Cristo, il Figlio di Dio che nasce per noi. Ma per accorgersene e per sentire che Lui sta bussando alla porta di casa, occorre non essere distratti, disattenti e preoccupati per altre cose, come lo sono stati gli abitanti di Betlemme, che gli hanno chiuso la porta delle loro case e del loro cuore. L’accoglienza rappresenta anche oggi uno dei gesti più difficili, perché esige un atteggiamento e una scelta precisa: quelli della gratuità. La cultura, che persegue anzitutto il proprio interesse, ostacola l’apertura del cuore senza riserve verso gli altri. Viene meno il gesto libero e spontaneo e l’apertura alle persone senza secondi fini e tornaconti, per puro dono. Si ama chi ci ama, si aiuta chi ci può a sua volta aiutare, si
accoglie chi un giorno ci potrà restituire quel favore. La mia casa, la mia famiglia, i miei amici, il mio paese, la mia religione, la mia proprietà, tutto ciò che è mio è un valore e come tale va rispettato, accolto, accresciuto; ma guai a farne un assoluto, che chiude il cuore verso chi non rientra nel cerchio ristretto di questo “mio”.
Gesù è venuto per insegnarci una via migliore: quella di allargare i confini della nostra casa, famiglia, patria e cultura a tutti coloro che lo desiderano, rompendo steccati consolidati e superando divisioni di ogni genere. Quel divino Bambino, che nasce a Betlemme per noi, ci porta la vera pace, perché ci salva dal peccato di orgoglio e di superbia, che ci impedisce di perdonare anche chi ci ha offeso o fatto del male, di fare il primo passo per riallacciare un rapporto o un’amicizia compromessa e data ormai per chiusa. Ci libera dal peccato di indifferenza, che ci rende estranei a coloro che vivono accanto a noi in casa, nel lavoro, nella stessa città o paese. Egli nasce per tutti, amici e nemici, vicini e lontani, ricchi e poveri: nessun uomo è escluso dal suo amore; anche chi lo rifiuta e lo perseguita può contare sempre su di Lui.

«Pace in terra agli uomini che Dio ama», hanno cantato gli angeli. Sì, la pace è possibile quando nasce dentro di noi, accettando di fare spazio a Dio, e si traduce in gesti concreti di amore e di perdono, di impegno per la promozione della dignità di ogni uomo, per l’abbattimento di ogni steccato che ci divide dagli altri. E questi altri sono, anzitutto, quelli che vivono con noi ogni giorno, nella nostra casa, verso i quali non vanno mai dati per scontati l’amore sincero e disinteressato, l’ascolto delle loro esigenze anche spirituali, la piena condivisione dei loro problemi mediante un dialogo ed incontro meno frettoloso e superficiale. Il regalo più importante di Natale per ogni membro della famiglia, marito e moglie, genitori e figli, fratelli ed anziani, è il saper perdere un po’ del nostro tempo prezioso per stare di più insieme, per parlare ed ascoltare quello che gli altri hanno da dirci, per apprezzarne di più le doti positive, per mostrarsi meno indifferenti o estranei alle necessità interiori di ciascuno.

Gli “altri” sono anche tutte quelle persone che a Natale usufruiscono delle briciole, che cadono dalla tavola dei consumi abbondanti delle famiglie e della società, ma restano spesso sole e senza l’affetto e l’amicizia di una casa e di una famiglia. A Natale ci si sente tutti più buoni e disponibili e spesso si riscoprono i poveri, ai quali riserviamo qualche buona azione e generosa elemosina e solidarietà: sono gesti belli e significativi, se non restano però isolati. «I poveri – ci ricorda il Signore – li avete sempre con voi» (cfr. Mc 14,7). Basta avere occhi per vedere, orecchie per ascoltare, mani per sostenere e cuore per amare.

Guardare negli occhi una persona che soffre e stargli vicino costa tempo ed impegno, ma rende molto di più, ti fa sentire vivo e utile, ti dà la carica dell’amore e realizza i più bei sogni che hai nel cuore. Cari amici – e cari giovani in particolare –, se questa notte siete venuti qui, ne sono certo, è perché avete in voi un desiderio di amore, di gioia e di amicizia più grande di quelli che già sperimentate: non accontentatevi di ciò che siete e di come vivete, dei risultati che pensate di aver raggiunto; si può gustare la vita con ancora maggiore gioia e frutto, se, uscendo da voi stessi, saprete donarvi con sincerità a chi attende da voi segnali e gesti di condivisione e di solidarietà.

A voi tutti e alle vostre famiglie giungano i miei auguri più sinceri, accompagnati dalla mia preghiera, perché possiate aprire il cuore alla sorpresa che Dio ha in serbo per ciascuno in questo Natale. Come Maria, la Vergine Madre, possa ogni famiglia ed ognuno di noi serbare dentro di sé e meditare tutte le esperienze che gli capiteranno in questi giorni, aprendo la propria casa alla visita del Figlio di Dio per accoglierlo con fede e riconoscerne la presenza in coloro che, in un modo o nell’altro, Egli ci farà incontrare.
+Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino

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