Costituzione, Piano Regolatore e Asparago per non tornare indietro. Puntata 109

SANTENA – 17 febbraio 2018 – 17 marzo tutti in Piazza della Costituzione a difesa del Castello. La velocità è la filosofia di vita dell’Asparago, ben diversa dalle succulente brame dei buongustai. Costruire dal basso un distretto del cibo a livello di Zona per alzare la qualità sociale, ambientale e turistica. Cose da fare presenti al professionista incaricato di rivedere il “Piano Regolatore”.

Santena, castello Cavour

 

1) Allarme Costituzionale al Castello. Sul Castello, il Parco, la Tomba e sul futuro di Santena sembra s’addensino cupe nubi. Bisognava mirare al valore e alla modernità del patrimonio storico raccolto in questo sito primario della storia degli Italiani.  In Italia si è puntato, invece, su obiettivi sorpassati, sbagliati, ingenui e miopi. Adesso bisogna drizzare le antenne. Chi crede nel valore della memoria e della storia delle passate generazioni deve appellarsi all’articolo 9 della Costituzione e agire: ”La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Un articolo che fu studiato per salvare il Bel Paese dalla stupidità e dall’ingordigia. Articolo che richiama la Città di Torino, la Regione, la Fondazione Cavour e Santena, al dovere del potere. In parole povere, a mantenere gli impegni assunti con i volontari Amici di Camillo Cavour. Ai Santenesi e a tutti gli Italiani spetta il dovere di difendere un sito di enorme importanza, che grazie al patrimonio custodito è  in grado di dare un contributo per lo sviluppo della cultura dell’Italia Unita e dell’Unione Europea.

2) 70° della Costituzione e Agricoltura. Santena è una città normale, con alcune specialità, che alcuni si ostinano a non comprendere. Da tenere ben presenti mentre si affida l’incarico per il nuovo piano regolatore. Santena è la città italiana che in Piazza della Costituzione ha raffigurato, in tre installazioni volute dal Circolo Europa e progettate dall’arch. Aldo Gatti, il percorso storico della Carta fondamentale: dal Risorgimento alla Repubblica, passando dallo Statuto Albertino, all’Inno di Mameli, a Camillo Cavour, arrivando fino alla Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948. A Santena non si può non ricordare il valore dell’articolo 44 Cost.: “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e media proprietà…”.

3) La filosofia dell’asparago. E’ un ortaggio che gioca tutto sul rapporto tra tempo e spazio, cioè sulla velocità. La rapidità esalta al massimo i suoi pregi gustativi e salutari. Ma la sveltezza non basta. Ci vuole delicatezza nel trattare il germoglio. Servono mani di velluto. Ai buongustai preme che l’asparago sia bello, turgido, racchiuso, delicato, dolce e dunque fresco.  Qualità non facili da trovare in un mercato in cui prevale la scarsa conoscenza di questo ortaggio. Un germoglio che, man mano passano le ore e i giorni, man mano che la scorta di clorofilla protetta dalla parte bianca del gambo si disperde, tende al fibroso, legnoso e amaro, trasformandosi in un prodotto diverso rispetto a quello che madre natura crea in campo. Chi vuole gustare l’asparago appena raccolto può comprarlo nelle cascine di Santena e del Pianalto che espongono il marchio di qualità dell’Associazione Produttori Asparago di Santena e delle terre del Pianalto. Oppure presso i ristoranti e le trattorie della Zona che esibiscono tale marchio.

4) Desiderio dell’asparago. L’obiettivo dell’asparago non è essere raccolto in germoglio, ma crescere in albero per riprodursi. La sua aspirazione non è finire nel piatto di un buongustaio. Essendo un prodotto di madre natura, il suo proposito è di procreare per perpetrare la specie. Per questo motivo la gemma parte da sottoterra alla ricerca della luce e dei raggi spaziali che innescano la fotosintesi clorofilliana. Interrompendone l’azione riproduttiva, la contadina o il contadino impediscono che le brattee, le foglioline visibili lungo il tronco e che ne ricoprono la punta, si aprano per formare i ramoscelli dell’albero da cui spunteranno i fiori, femminili e maschili, e i frutti. Prima che ciò si avvii i raccoglitori, con maestria, recidono il germoglio sotto la linea del terreno e lo posano nel cesto. La specialità degli asparagicoltori di Santena è la delicatezza e il tempismo con cui compiono queste operazioni.

5) Brame del buongustaio. L’obiettivo della buongustaia è mangiare un germoglio fresco, gustoso, sano, salubre, a buon prezzo. E poiché l’asparago di Santena e del Pianalto non è un prodotto da chilometro zero ma da tempo zero, la finalità del buongustaio è che sia accessibile e con provenienza certificata. L’asparago deve quindi essere acquistato in cascina e cucinato in tempi brevi e con cognizione. Non è un caso che la tendenza oggi vada verso il crudo e il poco cotto, alla massima freschezza, alla rapidità di incontro tra produttore e consumatore.

6) 2018 anno del cibo. La Zona Omogenea Chierese-Carmagnolese dispone di paesaggi rurali preziosi, perché inseriti in un’area metropolitana. Nel 2018 è urgente superare i limiti dei Comuni e del localismo. Il distretto del cibo significa creare dal basso: la nuova agrarietà, il legame tra cibo, arte, storia, cultura e la promozione di investimenti, turismo, folclore, accoglienza e ristorazione.

7) XIV. Nel 1800 tutto cambia. Per capire gli ingranaggi della politica cavouriana bisogna guardarsi intorno e riflettere su chi erano e in quale contesto vivevano i suoi contemporanei. Persone che hanno avuto la fortuna di vivere nel Risorgimento e nei decenni successivi. Bisnonne, trisavole e quadrisavole che ci hanno preceduti e generati, di cui non dobbiamo e non possiamo disperdere le ricchezze, le conquiste e le memorie. Ricche e povere, plebee e borghesi, immigrate e indigene, donne e uomini, padani e mediterranei di pianura, montagna o collina, contadini o cittadini, servi e sudditi, rurali o artigiani, che si riconobbero nella politica guidata da Camillo Cavour. Una politica che fondava le sue radici nell’Illuminismo: nel valore del lavoro e della produttività che dava centralità al lavoratore e all’imprenditore. Per capire il sistema in cui viviamo, dobbiamo guardare avanti e indietro. Il 1819 è una data non casuale che permette di scoprire come l’Unità d’Italia sia cresciuta tra le colline, tra Asti e Alba, sui bricchi lungo l’asta del Tanaro, grazie alla civiltà contadina di quella terra. Civiltà basata su un’aristocrazia di mezzadri e particolari, di medi e grandi proprietari di terra.

Tutto inizia con una lettera, scritta in quell’anno, da un bambino di 9 anni, che dal Castello di Bellangero, di San Marzanotto, alle porte di Asti, cerca nel buio il Castello di San Martino al Tanaro, oggi Alfieri. Chi la scrive è nientemeno Camillo Cavour: «Mon cher papa, j’espère que tu es tout à fait guéri de tes reins et que tu viendras jeudi a Saint-Martin. Hier au soir le duc de Genevois est arrivé a San-Martin et Gustave est parti du diner pour aller sur le balcon voir l’illumination, mais moi, qui suis allé après lui, je n’ai pu rien voir…».

«Mio caro papà, spero che tu sia guarito dal mal di reni e che verrai giovedì a San Martino. Ieri sera il duca del Genevese è arrivato a San Martino e Gustavo si è alzato da tavola per andare sul balcone a vedere le luminarie, ma io, che sono andato dietro di lui, non ho potuto vederle… ».

Questa è la storia di un’aristocrazia contadina, raccontata da una signora, mamma e nonna. Figlia di una mezzadra di San Martino Alfieri, che era figlia di una particolare di Serralunga, che era figlia di una giornaliera di Pollenzo. Il racconto attraversa sei generazioni dall’Ottocento a oggi. Signore di una famiglia di mezzadri che ha coltivato le uve di Giulia di Barolo, degli Alfieri di Sostegno, dei Benso di Cavour e dei Visconti Venosta. Mezzadri vignaioli detentori di un saper fare che permise loro di salire nella scala sociale delle comunità in cui lavorarono, raggiungendo con un cugino, proprietario di un famoso hotel di Alba, vette altissime. Lavoranti che, nobilitando il lavoro della persona hanno garantito l’aumento della produttività e il miglioramento della qualità, creando la vera ricchezza della nazione, e le basi dell’Illuminismo, come ha indicato l’economista Cesare Beccaria. Una famiglia che negli anni Cinquanta del Novecento lascerà l’agricoltura per l’industria e i servizi percorrendo altre strade più effimere aperte dal Boom del Dopoguerra. Raccontando il contesto in cui le diverse generazioni hanno lavorato e vissuto, entreranno in ballo personalità che faranno da tramite per capire la storia di generazioni precedenti. Creatrici di benessere e ricchezze, materiali e immateriali, che è doveroso trasmettere alle generazioni future. Un’aristocrazia contadina, borghese e nobiliare portatrice di interessi complessi che hanno generato il contesto Langhe, Monferrato e Roero e le relazioni con il resto d’Italia. A Cherasco nel 1800 nasce Matteo, figlio di Andrea e Domenica, lavoranti agricoli.  Andrea, il papà, è nato nel 1776 l’anno della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, della pubblicazione de “La ricchezza delle nazioni” di Adam Smith e degli studi di Cesare Beccaria sul lavoro della persona e sulla produttività. Domenica, la mamma, è del 1783, l’anno della sconfitta più scioccante per l’Inghilterra nella guerra contro gli Stati Uniti. Il 1800 è un anno topico…

Gino Anchisi
da Santena, La città di Camillo Cavour, 17 febbraio 2018.

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