Santena e le sue vocazioni. Puntata 110

SANTENA – 24 febbraio 2018 – Vocazione Distretto del Cibo della Città Metropolitana sulla Via Franchigena di Pio VII. Piano Regolatore: salvaguardia dei terreni agricoli da colture improprie, recupero dei capannoni, non consumo del suolo, tutela del paesaggio rurale. 17 marzo: tutti i Santenesi in Piazza Costituzione a difesa del Castello e del Museo.

1)Embraco. La vocazione industriale di questo territorio da tempo è in declino. La crisi dell’Embraco e la delocalizzazione della sua produzione in Slovacchia, viene dopo anni in cui abbiamo visto chiudere aziende che parevano indistruttibili, come la Stars a Villastellone, l’Altissimo a Moncalieri, l’Ages a Santena, insieme a una miriade di realtà dell’indotto.

 

2) Lavoro e logistica. La funzione logistica del Pianalto è un carattere del suo sviluppo. Lo dimostrano: la ricerca dei capannoni da affittare; la scelta di collocare il Nuovo Ospedale dell’ASL vicino alla stazione di Trofarello; soprattutto la ripresa attività della Ex Ferraresi di Cambiano: il piazzale di stoccaggio e smistamento di auto, sulla strada per Trofarello, dopo la Pizzeria Officina, collegato alla ferrovia, poco prima del Mulino Bongiovanni.

3) Recupero del suolo. La vocazione logistica dovrebbe anche sostenere il recupero e il risanamento di siti industriali dismessi: così pare stia accadendo per l’ex Ages, così dovrebbe succedere per la ex Laria.

4) Cibo delocalizzabile. La funzione logistica interna alla Città Metropolitana e la competizione nel mercato globale spinge a investire in attività lavorative e produttive che non possono essere delocalizzate. Fra queste c’è l’agricoltura specializzata. La produzione di cibo sano, salubre e fresco è la base per costruire il “Distretto del Cibo sostenibile e accessibile” della Città Metropolitana di Torino: idea che ha preso le mosse mercoledì 21 febbraio nella sala del Consiglio comunale, alla presenza di Sindaci e dell’Assessore Regionale all’Agricoltura.

5) Museo e Castello: unici, preziosi e rari. Vanno tutelati e salvati a tutti i costi perché sono indispensabili alla cultura degli Italiani. Perché permettono una lettura della storia dell’Ottocento e del Novecento completa, necessaria per capire come affrontare il futuro. Riprendere il prezioso impianto dato dalla Professoressa Maria Avetta, dotandolo di mezzi mediatici, darà ottimi frutti alla missione che spetta a un museo degno di questo nome. Un museo chiamato cavouriano che era contemporaneamente il meno e il più cavouriano possibile, perché andava oltre la banalità dei pochi e eletti eroi, cui tutti dovevano inchinarsi, in quanto indegni. L’Avetta rappresentò la complessità del processo di unificazione tra più staterelli, sfociato in uno stato moderno e democratico.  Un museo che raccontava i sacrifici e i meriti affrontati dai nostri normalissimi antenati, veri padri e madri fondatori della patria.

 6) 170° e 70°, Piazza della Costituzione unica. Non c’è solo da ricordare il 70° della Costituzione Repubblicana e il 170° dello Statuto Albertino. Il 2018 è il 70° della riscossa dei Cattolici del 1948 e il 170° del governo Neo-guelfo di Don Vincenzo Gioberti. Nel 1948 la Democrazia Cristiana di De Gasperi vinse le elezioni. Una vittoria dei democristiani sui social-comunisti e sui liberali, oltre che sui fascisti. I simboli in campo erano Garibaldi per la sinistra ghibellina e lo scudo crociato per i guelfi. Per fortuna la tentazione Neo-guelfa fu evitata. De Gasperi e gli Italiani di allora seppero collocarsi nel solco della nascente Unione Europea scaturita dalle ceneri della II guerra mondiale. Poco dopo Vaticano II riconosceva le idee nuove dell’Illuminismo, cui tanti cristiani e cattolici avevano dato grandi contributi.

 7) XV. La logistica dei Ponticelli. Nel 1800 i Benso combatterono con gli Austriaci contro i Francesi a Marengo, alle porte di Alessandria. Per l’allora Primo Console fu la battaglia più importante. Quella che gli spalancò le porte dell’Impero. Era il 14 giugno. Il 21 ci sarebbe stato il solstizio d’estate. Le giornate erano le più lunghe dell’anno. I contadini mietevano il grano. Dopo ore di duri scontri, alle 6 di sera, Napoleone era convinto di aver perso. Poi all’improvviso arrivarono i rinforzi. Grazie alla luce, alle 23, la vittoria era mano ai Francesi. I maschi della famiglia Cavour, vista la malaparata, scapparono a Firenze in attesa di tempi migliori. A Chieri, nella frazione di Santena, e a Torino nei palazzi dei Benso regnavano il panico e l’incertezza. Per fortuna c’era la nonna Filippina a tenere salde le redini della famiglia. Munita di straordinario intuito politico, sapeva distinguere tra i rivoluzionari giacobini e la stabilità napoleonica. Nell’incertezza e in attesa di tempi migliori da Firenze, i Benso, passando per Milano, raggiunsero l’amata e accogliente Ginevra, la terra che li collegava all’Europa.

Intanto in primavera, il 14 marzo 1800, era stato eletto Papa Pio VII. Il Pontefice umiliato davanti al mondo da Bonaparte, con cui ingaggiò uno scontro titanico sulla libertà della Chiesa. Così spiegava Giacomo il sacerdote, cugino di Matteo, di cui purtroppo ci mancano la data e il luogo di nascita. Un prete nato intorno al 1850-1851, vissuto a lungo, sino all’età di 102 anni. Giacomo diceva che Pio VII seppe resistere all’invadenza dello Stato prevaricatore e primatista, basato su principi sbagliati dell’Illuminismo, che non riconosceva il contributo alla modernità contenuto nel cristianesimo e sostenuti da tanti cristiani. Un tema importante, che Cavour affrontò sostenendo la libertà della Chiesa dentro il libero Stato unitario che si stava formando nella Penisola. Così la pensava quell’originale di padre Giacomo, che non va confuso con il Frate, Padre Giacomo Marocco da Poirino, il Confessore di Camillo Cavour. Sulla figura di Pio VII c’è molto da scoprire. Intanto va detto che è stato una figura importante per la storia di Santena e di Chieri. Per via della sua doppia sosta. La prima il 12 novembre 1804 mentre stava correndo in Francia. Dove il 2 dicembre, nella Cattedrale di Notre-Dame di Parigi, non in quella della reale Reims, c’era l’Incoronazione di Bonaparte. Il Papa, che cercava una mediazione con Napoleone, in Cattedrale non toccò la Corona. Si limitò solo a benedire la cerimonia. La millenaria disputa sul primato e sulla rappresentanza del potere di Dio questa volta andò simbolicamente a favore dell’Imperatore. Forte del referendum plebiscitario, Napoleone si autoincoronò Imperatore dei Francesi, rivoluzionando i riti dell’Ancien Regime. Un modo per imporre una nuova sacralità alla sua egemonia su una nazione potente, che, di fatto, governava da tempo, forte dei successi militari, ma soprattutto della rappresentanza degli interessi della crescente borghesia. Accanto a sé, oltre alla prima moglie Giuseppina di Beauharnais, brillava la stella della sorella Paolina Bonaparte, di cui la nonna di Camillo Cavour, Filippina di Sales, la politica, fu, dal 1808 al 1814, fedele dama d’onore e di compagnia. Il secondo passaggio santenese di Pio VII è del 17 luglio1809. Faceva un caldo torrido. Scortato dal colonnello Boazar, il Papa stavolta era prigioniero dei Francesi che avevano annesso il Regno Pontificio all’Impero. Alle 7 del mattino, stanco, ottenne di riposarsi nella casa che fu dei Rignon. Le due tappe sono una testimonianza preziosa della rilevanza storica e logistica del luogo. Passaggio obbligato lungo l’antica Via Francigena, sul tratto di collegamento tra le romane Asti e Alba con Torino, Susa e la Gallia.

Quella casa c’è ancora. Nella sala principale, c’è una lapide in latino fatta collocare dal Rignon. Resta anche la Torre dei Ponticelli, purtroppo anonima, per i milioni di viaggiatori transitanti sulla Tangenziale. Un segno del disinteresse di Santena e di Chieri verso un loro monumento importante dal punto di vista turistico e storico. Storico perché ricorda l’assurdo zigzagare del prigioniero che, dopo Santena, toccò Susa, Grenoble, Valence, fino ad Avignone. Per poi essere rispedito in Italia nell’esilio di Savona dove, stanco e afflitto, giunse il 17 agosto. Un viavai che dimostra quanto incerto fosse il comportamento dei Francesi in balia di un atto paradossale come il sequestro del Papa…

Gino Anchisi
da Santena, La città di Camillo Cavour, 24 febbraio 2018.

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