Santena, Camillo Cavour e la Divina Provvidenza. Puntata 197

SANTENA – 30 novembre 2019 – Il giorno prima del Concilio Vaticano II la Chiesa ammise di aver sbagliato. Dopo 101 anni riconobbe che, nel marzo-aprile 1861, Camillo Cavour e i suoi Amici avevano ragione nel togliere il potere temporale al Papa. XX settembre 2020: 150° della Presa di Roma. Ciao Secondino*.

Papa Paolo VI

Prov-vi-den-zia-le. Cioè voluta dal Creatore.

La Presa di Roma del 20 settembre 1870 fu la realizzazione di un piano divino per liberare la Chiesa di un peso ormai inutile. Cavour e i suoi contemporanei furono semplicemente le pedine mosse dall’Altissimo.

Il 10 ottobre 1962, giorno precedente l’apertura del Concilio Vaticano II, il Cardinale Arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, a Roma, in Campidoglio, pronunciò un discorso in cui definiva provvidenziale la perdita del potere temporale del Papa. Una perdita compensata dalla concomitante proclamazione dell’Infallibilità del Papa da parte del Concilio Vaticano I.

Le parole del futuro Paolo VI erano chiare.

Ma la Provvidenza, ora lo vediamo bene, aveva diversamente disposto le cose, quasi drammaticamente giocando negli avvenimenti. Il Concilio Vaticano I aveva infatti da pochi giorni proclamata somma ed infallibile l’autorità spirituale di quel Papa che praticamente perdeva in quel fatale momento la sua autorità temporale. Il Papa usciva glorioso dal Concilio Vaticano I per la definizione dogmatica delle sue supreme potestà nella Chiesa di Dio, e usciva umiliato per la perdita delle sue potestà temporali nella stessa sua Roma, ma com’è noto fu allora che il Papato riprese con inusitato vigore le sue funzioni di Maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e nell’irradiazione morale sul mondo, come prima non mai”.

Insomma le cannonate che aprirono la Breccia di Porta Pia furono praticamente una “grazia caduta dal cielo”. Nel discorso, preparato con mirata attenzione, veniva giustamente tirato in ballo Camillo Cavour e con lui i suoi contemporanei che sostennero l’azione risorgimentale. L’intento era evidente. La Chiesa metteva una pietra sopra la diatriba sulla Presa di Roma prima che si aprisse il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Gli antefatti sono noti. L’esercito italiano il 20 settembre 1870 sfondò le mura romane a Porta Pia. Cavour era morto da nove anni, all’età di cinquant’anni. Ufficialmente per cause naturali, ma c’era chi sospettava fosse stato avvelenato. A ordinare i primi colpi di cannone era un Chierese, dunque un Santenese, un ebreo, concittadino del Contadino-Tessitore, il capitano Giacomo Segre. Tutti sapevano che quel comando era stato lanciato nove anni prima, nel 1861. Proveniva da Torino, dal neo eletto parlamento italiano. Principale responsabile di quella decisione era Cavour. Ma andiamo con ordine.

Pio IX, prima di abbandonare il Quirinale, il palazzo Papale, per rifugiarsi prigioniero tra le mura Vaticane, scomunicò tutti gli assalitori. Il Papa, appena diventato infallibile, probabilmente non aveva ancora troppa dimestichezza con questa nuova facoltà. Non capì che dietro quell’azione c’era nientemeno che la mano del suo superiore in capo. Anche Camillo e i suoi contemporanei e sostenitori non compresero bene le intenzioni dell’insospettabile e infallibile ispiratore. La situazione, vista oggi, era imbarazzante per entrambe le parti. E ancor più lo era allora. Evidentemente Dio già operava dal 1861, e forse da prima, nelle aule della Camera e del Senato e nessuno se n’era reso conto.

Montini, pur con notevole ritardo, chiarì ogni dubbio. “Basti ricordare che il Risorgimento italiano ebbe per meta di dare al nuovo Stato italiano capitale Roma. E basti per tutte la voce di Cavour, che nel marzo 1861 affermava con commozione e con forza, plaudente il primo Parlamento italiano, che nessun’altra città fuori di Roma poteva dare alla Nazione italiana la pienezza della sua dignità statale. Così fu e così è”.

Allo Statista – e tramite Lui ai suoi collaboratori e contemporanei colpiti più volte da moniti e scomuniche – l’Arcivescovo di Milano riconobbe che il tutto era parte di un disegno voluto da Dio. Con ciò, risolvendo anche il problema legato alle condanne comminate dalla Chiesa.

Papa Giovanni XXIII

Mettendo una pietra sopra la Presa di Roma, prima che si aprisse il Concilio Ecumenico Vaticano II, la Chiesa italiana chiudeva una vicenda dolorosa che aveva diviso le coscienze. Il resto, l’apertura al Mondo, al passo con i tempi, lo fece il Concilio promosso da Giovanni XXIII, Papa Angelo Roncalli.

Quel 10 ottobre 1962, il contenuto del messaggio passò quasi inosservato. Religione e politica erano in subbuglio. I laici erano troppo presi dal trambusto creato dall’arrivo di prelati da tutto il Globo e dalla nascita del Centrosinistra. I credenti, distratti dall’apertura dei lavori del Concilio e dai discorsi di Aldo Moro, non si resero subito conto del drastico cambio di prospettiva. L’indomani, 11 ottobre, l’Ecumene, la comunità cattolica del Globo, si riuniva per definire il rapporto della Chiesa Cattolica Romana con il Mondo.

La Questione Romana, la separazione dei poteri tra Stato e Chiesa, i significati di “Libera Chiesa in Libero Stato” trovarono finalmente una collocazione nuova sulla scena del Concilio e dentro la Comunità italiana e romana. Per i pochi cattolici e laici che vi prestarono attenzione, quel discorso fu una liberazione. Era una conferma che finalmente la Chiesa si rimetteva in cammino sulla strada dell’universalismo cristiano.

Dopo quasi un secolo, la Presa di Roma non era più terreno di scontro all’interno della Chiesa e dello Stato. Riconoscendone la natura provvidenziale le si conferiva una nuova prospettiva. Dunque sbagliò chi pensava che la fine del potere temporale significasse anche la fine del Papato e del primato del Vescovo di Roma. Sbagliava chi emanò il divieto di voto per i cattolici. Il “Non Expedit” di Pio IX privò la scena politica della nascitura Italia dell’apporto della cultura e della pratica sociale accumulata dai fedeli durante i secoli precedenti.

Un grave danno per la Penisola perché fece mancare nell’Ottocento l’apporto politico di una pratica cristiana capace di fare i conti con le disuguaglianze, con i nuovi interessi emergenti e con il bisogno di nuovi ordinamenti. Montini, a distanza di quasi un secolo – dal 1870 al 1962 passano per la precisione 92 anni e 20 giorni – opportunamente rompeva un muro di silenzio imbarazzante. Qualcuno si chiede ancora perché ci volle tanto tempo. In fondo Pio X e poi Benedetto XV avevano rimosso il divieto di voto.

Perplessità erano casomai sorte sul partito confessionale di Don Sturzo. Poi, dopo la Grande Guerra, ci fu il dramma. I cattolici sostennero in massa la vittoria elettorale e la presa di potere del fascismo. L’apoteosi di quel nefasto abbraccio fu raggiunta nel 1929 con la firma dei Patti Lateranensi e poi con la Guerra d’Etiopia (1935-36). Anche se qualche screzio si creò sull’autonomia e sul ruolo dell’Azione Cattolica nel 1931. Un’occasione persa, come nel caso delle Leggi Razziali del 1938. Per i presbiteri e i laici che dissentivano con la dottrina ufficiale furono anni duri. La Seconda Guerra Mondiale, con le sconfitte conseguenti alla invasione dell’Unione Sovietica e dell’Africa, con i bombardamenti sulle città e sulla Capitale ruppe il clima di sudditanza della Chiesa verso il regime fascista.

La dimensione mondiale del conflitto e la sconfitta del Fascismo e del Nazismo apriva nuovi orizzonti. L’universalismo ritornava protagonista e contemporaneamente entrava in scena la Democrazia Cristiana. Nel 1943, con la caduta del fascismo il Partito Cattolico, faceva parte del governo Italia. Nel 1946 ne assunse la guida con Alcide De Gasperi. La D.C. era protagonista, insieme ad altri partiti laici, della Resistenza, della Liberazione e della ricostruzione d’Italia. In Europa i Cattolici erano in prima linea nella costruzione della Comunità Economica Europea, da cui è scaturita l’Unione Europea.

Aldo Moro

L’Italia unita da Camillo Cavour era attrice di primo piano di questo processo. Nel 1957, in Campidoglio, si firmava il Trattato di Roma, il documento costitutivo dell’Europa unita. Nel 1959 Aldo Moro diventava segretario della Democrazia Cristiana. Seguace di Giuseppe Dossetti, fu l’artefice della apertura ai governi di Centrosinistra. Uomo del dialogo, rapito e ucciso dalle brigate Rosse nel 1978, Moro ha pagato caro il suo coraggio. Intanto, nel 1961, Torino ospitava Italia’61, in cui si rappresentavano gli sviluppi del Boom economico e della crescita sociale dell’Italia pienamente inserita nell’Europa e nel Mondo.

Santena, in quell’occasione entrava col Castello Cavour nel circuito nazionale del turismo culturale. Nel 1962 la Democrazia Cristiana era il partito di maggioranza in Italia e in Germania. La Chiesa italiana correva per rimettersi al passo con i tempi. Cinque anni dopo la firma del Trattato di Roma, in Campidoglio, il Cardinale Giovanni Battista Montini finalmente riconosceva che la sottrazione del potere temporale aveva fatto la fortuna della Chiesa e del Cattolicesimo.

Il Concilio riprendeva quel percorso verso l’universalità che la Provvidenza aveva aperto nei giorni in cui si realizzava il disegno – l’Italia unita con Roma Capitale– voluto da Camillo Cavour e dai suoi contemporanei. Probabilmente a Camillo il sospetto che qualcuno lavorasse in suo favore era anche venuto. Certo non poteva credere che quel qualcuno fosse addirittura l’Altissimo. Se avesse saputo, la sua sicurezza, quando il 27 marzo e il 9 aprile aveva fatto acclamare dai Deputati e dai senatori Roma Capitale, sarebbe stata maggiore. Creatore a parte, dimostrò di essere un politico all’altezza della situazione.

Magari ce ne fossero oggi! I passi dei suoi discorsi sono significativi.

“Noi dobbiamo, cioè, andare a Roma, senza che per ciò l’indipendenza vera del pontefice venga a menomarsi. Noi dobbiamo andare a Roma, senza che l’autorità civile estenda il suo potere all’ordine spirituale”. Sembrano parole di un profeta, invece sono di un grande statista di livello europeo e mondiale. E ancora.

“ Io non so concepire maggiore sventura per un popolo colto che di vedere riuniti in una sola mano…il potere civile e il potere religioso…la storia di tutti i secoli …ci dimostra che, ovunque questa riunione ebbe luogo, la civiltà quasi sempre immediatamente cessò di progredire, anzi sempre indietreggiò; il più schifoso despotismo si stabili, e ciò o signori, sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo od un sultano riunisse nelle sue mani il potere spirituale”.

Che dire della prospettiva profetica di queste frasi sulla separazione dei poteri tra Chiesa e Stato, in cui il riferimento all’Islam e ai califfati e sultanati ricorda situazioni tremendamente presenti e attuali dell’ISIS, lo Stato Islamico che pratica la guerra Santa, in particolare contro gli infedeli.

Camillo Cavour

Da vero statista Camillo, ispirato da Dio oppure dalla lezione assimilata dallo studio della storia, delle rivoluzioni americana, inglese e francese e da una visione progressista e riformista della società, aveva ben chiara l’ineluttabilità dei cambiamenti.  La dimensione in cui osservava le trasformazioni non era ristretta al nazionalismo ma spaziava all’Europa e al Mondo.

 “Perché a Costantinopoli come a Roma il potere spirituale e temporale sono confusi nelle stesse mani….egli è evidente che il potere temporale non è garanzia di indipendenza pel pontefice…Noi riteniamo che l’indipendenza del pontefice, la sua dignità e l’indipendenza della Chiesa possano tutelarsi mercé la separazione dei due poteri… ”. L’idea di “Libera Chiesa in Libero Stato” non era solo uno slogan ma trovava la sua esplicazione nella separazione dei poteri.  E questa distinzione doveva essere garantita e fissata nella Costituzione, il patto fondamentale dello Stato. Una cosa è certa. Cavour credeva in Dio e da vero laico aveva altrettanta fede nelle istituzioni.

N.B. Sembra che alcuni non credenti, agnostici, atei, frange di estremisti francescani, nostalgici modernisti, anticlericali sostengano che in verità fu Cavour a ispirare il Creatore sulla bontà della Presa di Roma. La cosa è davvero paradossale. Chi conosce la storia di Camillo Cavour e dei suoi contemporanei non si fa impressionare. La faccenda riguarda piuttosto quelli che non conoscono il processo culminato con l’Unità d’Italia.

Nella Penisola spesso accade che ci siamo tanti creduloni facilmente suggestionabili. Basta dire che c’è chi crede che l’Unificazione nazionale sia stata una catastrofe e chi pensa che i vaccini siano una sciagura.

Gino Anchisi
da Santena, la Città di Camillo Cavour, 30 novembre 2019.

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Santena, 6 giugno 2012

Ciao Secondino. Aveva 17 anni e l’aria da ragazzino. Era magro come un chiodo e aveva una grande voglia di lavorare. Arrivò a Santena incaricato di dirigere la macelleria sociale messa in piedi nel 1974 da un gruppo di operai e impiegati della ILTE, insieme a militanti e simpatizzanti della sinistra santenese. Il negozio girava bene. Nonostante la giovane età, Secondino era già bravissimo. La cooperativa però durò poco. La bottega fu acquisita dal gentile e scrupoloso Secondino. Negli anni successivi il negozio crebbe grazie alla collaborazione con Caterina. Attento alle novità e curioso della vita, Secondino è diventato Maestro del Gusto e non solo. Chi l’ha conosciuto, chi ha avuto a che fare con Lui, chi l’ha visto nel Castello di Santena tra i protagonisti della cerimonia del 6 giugno in memoria di Camillo Cavour sa che Secondino Crivello prima di tutto era un maestro nel lavoro e nella vita.