Santena: Incerti, ma non disperati. La comunità cristiana interpellata da crisi e nuove povertà (seconda parte)

SANTENA – 19 febbraio 2009 – Di seguito la seconda e ultima parte della  riflessione proposta da Pierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana, all’incontro organizzato a Poirino dall’Unità pastorale 39, il 13 febbraio scorso, sul tema “La crisi economica interpella le nostre comunità: quali problemi, quali gli impegni”.

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3. L’aggiunta delle crisi
Dobbiamo considerare tutti gli elementi della crisi, che in Europa sono di quattro tipi:
-crisi finanziaria;
-crisi economica;
-crisi politica;
-crisi delle religioni.

Le soluzioni finora proposte a ciascuna sono parziali:
-alla crisi finanziaria si sta ovviando con più Stato;
-alla crisi economica si sta ovviando con più controlli;
-alla crisi politica si sta ovviando con più potere ai politici;
-alla crisi delle religioni si sta ovviando con più neutralità.

Non fermiamoci solo alla questione economica-finanziaria nel pensare come siamo interpellati in quanto comunità ecclesiale.

Pierluigi Dovis
Pierluigi Dovis

Per quanto riguarda gli aspetti che più sembrano toccarci e per i quali siamo preoccupati siamo di fronte non a un evento ma a un processo con necessari tempi lunghi:
-arriva da lontano – per noi almeno dal primi anni Novanta – e ci impegnerà per almeno un triennio;
-è caratterizzata da una dimensione sovrannazionale e globalizzata, ma anche da una dimensione trasversale alle diverse aree della vita sociale ed economica;
-il cuore della crisi sta in due elementi, entrambe fortemente erosivi nei confronti della famiglie – quello  legato alla finanza e quello legato al lavoro;
-l’orizzonte della crisi non è solo per le persone ma anche per le aziende e il comparto produttivo, del commercio, dello sviluppo.

4. Riflettendo sulla situazione
Il punto di snodo è la considerazione complessiva del fenomeno povertà ma a partire da quella di soglia perché è l’elemento di novità che ci interpella. Non solo in merito al come affrontarla, ma anche in quanto possibile occasione di cambiamento negli stili di approccio.

I dati e gli scenari nuovi inducono a riflettere anzi tutto sulla efficacia delle forme di welfare state e di politiche sociali poste in essere nei decenni passati. A fronte della continua spesa per la protezione sociale non emerge una diminuzione soddisfacente della povertà nel nostro paese, che rimane sostanzialmente stabile da molti anni.

Un secondo elemento di riflessione riguarda lo stesso modello di welfare state adottato che mostra la non piena adeguatezza in tutti i tre tipi con cui è stato declinato: ridistributivo, alla Robin Hood e compassionevole.

Terzo elemento: la gestione settorialistica del sistema di welfare che si sta mostrando poco adeguata a una situazione così stratiforme del fenomeno, con la difficoltà endemica di integrazione socio-sanitaria in testa. Cosa che incide non poco sulle nuove situazioni borderline sempre più presenti non solo nelle povertà estreme ma anche in quelle grigie.

In quarto luogo la lateralizzazione delle politiche sociali rispetto a quelle attive del lavoro, della casa, della cultura e – soprattutto – della qualificazione dei territorio.

Quinto aspetto: continuare a trattare la questione della povertà e dell’impoverimento come di natura emergenziale, mentre siamo di fronte a un fenomeno strutturale che esige risposte strutturali – incidenti, cioè sulle scelte di politica generale.

In sesto luogo la forte incapacità di flessibilità delle formule – anche organizzative – e delle analisi che non consente un adeguato aggancio della cangiante situazione, soprattutto in riferimento alle nuove forme di povertà grigia.

5.L’appello ai discepoli del Signore
Tutti questi dati interpellano direttamente le nostre comunità su almeno due versanti.

1.Il versante educativo.
La crisi come segno dei tempi rimette al centro alcuni grandi valori della fede:

-Il significato dell’essere amministratori e non padroni di quanto abbiamo ricevuto: non possiamo avere in mano le ragioni della vita.

-Il significato del valore della sobrietà come orizzonte della nostra vita: “Non darmi né povertà, né ricchezza; ma fammi avere il necessario perché una volta sazio non ti rinneghi, oppure ridotto all’indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio”. (Pro. 30,8)

-Il senso della condivisione dei beni come segno della comunione dei cuori nell’unico corpo di Cristo: “Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di Ciascuno”. (At. 2,44.45)

-Il senso della corresponsabilità nel creare davvero il bene comune per tutti.

-Il senso dell’affidamento attivo a Dio nella certezza del suo amore che sa provvedere: “Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. (Mt. 6, 25-33)

La crisi, dunque, sollecita anzitutto le nostre comunità a intensificare una azione forte di educazione alla fede incarnata.
Per questo dobbiamo ripensare la formazione permanente di adulti e ragazzi, gli obiettivi dei momenti di riflessione e le azioni concrete delle nostre comunità.
Uno strumento importante sarà il messaggio per la quaresima del cardinale arcivescovo di Torino.

2.Il versante della fraternità.
La crisi è anche occasione di cambiamento per ciascuno di noi e per le nostre comunità nel senso della creazione di fraternità.

Siamo innanzitutto chiamati a scovare, ascoltare e accogliere le persone che sono maggiormente colpite dagli esiti della crisi economica e finanziaria.

Non dobbiamo cedere alla tentazione di venire meno al rispetto della loro dignità con azioni e atteggiamenti di tipo assistenzialistico fine a se stessi – serve profondo rispetto e lungimiranza.

Non dobbiamo cedere alla tentazione della onnipotenza rispetto a un fenomeno strutturale e in continuo movimento. Il nostro compito non è “risolvere” ma accompagnare.
Dobbiamo, però, essere pronti a inventare qualche strumento per rendere concreta la vicinanza.

Alcuni esempi.
La prossimità tra famiglie, centrate sulla relazione che non fa sentire esclusi. Il mettersi in rete con tutte le possibilità del territorio, conoscerle, farle conoscere, portare a esse.

L’avviare una sorta di fondo che abbia due direzioni:
-una di natura emergenziale per accompagnare temporaneamente e in modo mirato i bisogni più immediati;
-una di natura progettuale per accompagnare le persone a una esplicitazione dei loro potenziali. Cosa, questa, che nelle singole unità pastorali è più difficile da produrre, ma che si può ottenere in stretta connessione con la diocesi – ufficio Pastorale sociale e del lavoro – sui quattro progetti diocesani già attivi:
-il servizio per il lavoro;
-borse lavoro;
-microcredito;
-riqualificazione e formazione professionale.

Impariamo a fare riferimento alla diocesi, soprattutto all’ufficio di pastorale sociale e del lavoro – telefono 011-5156355 – che da anni segue queste problematiche.

6.Conclusione
Come comunità cristiana siamo chiamati soprattutto a coltivare la speranza nei cuori della gente. Non una speranza effimera o iranistica, ma la speranza di non essere abbandonati.

Per questo lo slogan del nostro lavoro in questo momento potrebbe essere tratto dalla 2 Corinti: “Incerti, ma non disperati”.

fine seconda e ultima parte –
Tratto da “Incerti, ma non disperati: la comunità cristiana interpellata dalla crisi e dalle nuove povertà”, riflessione proposta da Pierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana, per l’incontro organizzato dall’Unità pastorale 39 a Poirino, il 13 febbraio 2009

Info
Pierluigi Dovis – Direttore Caritas Diocesana Torino
via Val della Torre, 3
Tel. 011-5156350 – caritas@diocesi.torino.it