Santena ha celebrato l'anniversario della Liberazione

SANTENA – 25 aprile 2009 – La città ha celebrato l’anniversario della Liberazione. Nel consueto cerimoniale si è inserito il coro dei ragazzi delle medie che ha cantato l’Inno di Mameli. Di seguito la cronaca dell’evento e il discorso del sindaco Benny Nicotra.

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Sabato 25 aprile, sin da dopo le 10 del mattino la centralissima piazza Martiri della libertà si è riempita di cittadini, di volontari delle associazioni, e di amministratori. Duecento i cittadini presenti. Attorno alle 11 è partito un corteo, aperto dalla banda musicale cittadina: subito dietro tre persone – un esponente degli alpini, un bersagliere e un carabiniere – che sorreggevano la corona di alloro da deporre davanti alla lapide dei caduti, incastonata nella facciata del municipio. Ancora dietro un gruppo di studenti delle scuole medie, con gli insegnanti Luisa Mazzone e Gianni Conrotto. A seguire il sindaco Benny Nicotra, una pattuglia di assessori e consiglieri comunali e autorità militari. Ancora a seguire i gagliardetti di gran parte delle associazioni cittadine. Il corteo era chiuso da un buon numero di cittadini. Dopo avere percorso un giro completo della piazza il corteo si è ripresentato davanti al municipio.

La banda musicale ha proposto l’Inno di Mameli, cantato dal coro dei ragazzi delle scuole medie, poi la corona è stata deposta davanti la lapide ai caduti. La cerimonia è continuata con la benedizione impartita da don Nino Olivero.  Il parroco, ha detto: «Invochiamo al benedizione del Signore su tutti noi che siamo qui e su tutti coloro che hanno pagato con la loro vita gli ideali di verità, libertà, giustizia e di pace. Chiediamo al Signore che accompagni con il dono della sua grazia tutti coloro che ancora oggi lavorano per questi ideali, si impegnano e soffrono. Uniamo le nostre voci in una sola preghiera perché nella luce della Pasqua si realizzi un mondo innovato nella verità, nella giustizia e nell’amore».

Dopo l’alza bandiera il parroco ha proposto una serie di preghiere che riportiamo di seguito.
O Dio giusto e misericordioso conferma in noi la fede nella vittoria del Cristo sul peccato e sulla morte perché non ci arrendiamo mai alle forze del male.
Fa che le immense risorse della terra e dell’ingegno umano non siano disperse negli sprechi e nelle armi di distruzione e di morte, ma utilizzate per sollevare le moltitudini che gemono nella miseria e nella fame.
Tocca il cuore di pietra di coloro che in ogni parte del mondo opprimono, vendono, uccidono i propri fratelli. Accogli nella santa Gerusalemme le vittime innocenti di tutte le stragi e tutti i caduti per la causa della libertà e della giustizia.
Fa che la pace e i giovani camminino insieme perché il volto giovane della pace e il volto pacifico dei giovani siano garanzia di un sicuro domani per l’umanità.
Aiutaci a non nominare invano il nome della pace per essere promotori e testimoni con gesti concreti e coerenti nella quotidianità della vita.
Tu che nel patriarca Abramo hai benedetto tutte le nazioni della terra fa che quanti ti riconoscono creatore e Signore formino una sola famiglia.
Il parroco ha aggiunto: «Ricordiamo nella nostra preghiera le vittime del terremoto dell’Abruzzo, ricordiamo tutte quelle famiglie che sono nel disagio e nella difficoltà. Per tutti diciamo “Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo e così in terra dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a  noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci del male. Amen”. Cristo nostro redentore che ci ha dato il dono della vera libertà vi renda partecipi dell’eredità eterna. Cristo nostro redentore che ci ha dato il dono della vera libertà ci aiuti a  camminare sulla strada dell’amore».
Poi è arrivato il momento dell’aspersione: «E la benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito santo – ha affermato il parroco –discenda sopra di voi e con voi rimanga sempre. Amen».
Dopo il segnale di cessato ammaina bandiera ha preso la parola il sindaco Benny Nicotra che ha rivolto questo discorso ai santenesi.
«Buongiorno a tutti. Grazie a tutti di essere qui, insieme a noi, a tutta la nostra comunità. Un grazie di cuore va ai nostri ragazzi, la classe seconda e la terza della Falcone, la nostra scuola, che hanno cantato l’inno d’Italia. E’ stato un qualcosa di bello. Avete notato? Mi giravo per guardare ognuno di voi perché io l’inno lo cantavo insieme a loro. E’ importante cantarlo amici miei, perché quelli che sono dietro di me in questa lapide, hanno lasciato la vita per la bandiera, per il tricolore, per la patria. Ringrazio la direttrice didattica – me l’aveva assicurato che oggi ci sarebbero stati i ragazzi a cantare l’inno di Mameli, l’inno di’Italia. Ringrazio ancora di vero cuore, a nome di tutta l’amministrazione, di questo regalo che ci avete fatto»

Il sindaco ha aggiunto: «Come ogni anno ringrazio tutte le associazioni presenti. Oggi siete qui insieme a noi; vi dico grazie. Non ne nomino nessuna, perché non vorrei dimenticarne qualcuna e allora mi dispiacerebbe, per cui dico grazie per la vostra presenza. Come ogni anno, ci ritroviamo per ricordare una data fondamentale per la nostra storia recente d’Italia. Il 25 aprile del 1945 i partigiani liberano Milano e questo dà il segnale per una rapida liberazione di tutto il Paese, con il determinante aiuto delle potenze alleate. Da quella data inizia l’Italia moderna, la nazione che è riuscita in pochi decenni a diventare una delle maggiori potenze economiche del mondo, restando tra le prime sei-sette, fino a pochi anni fa, prima dell’irruzione della Cina, e tutto questo nell’ambito di istituzioni saldamente democratiche. E’ stato un bel salto di qualità, anche se oggi diamo tutto ciò per acquisito e quindi per scontato: non lo è affatto amici miei, se pensiamo che i paesi ad alto sviluppo economico e funzionamento democratico sono circa una trentina su un totale di più di 192 Paesi aderenti all’Onu».

Benny sempre dietro il leggio posato davanti al municipio ha continuato: «La Liberazione fu dunque un evento positivo, per le conseguenze che determinò. Non tutto fu bello e degno di celebrazione negli anni dal 1943 al 1945: vi fu anche una guerra civile, con atrocità commesse da una parte e dall’altra, ma nel complesso la Resistenza contenne al suo interno i principali filoni politici che vivono ancora oggi, fu per così dire l’incubatore della democrazia. Anche Santena, nell’anno più buio, il 1945, ebbe i suoi martiri, e voglio oggi ricordarli, Giuseppe Musso e Giovanni Tosco. Tre giorni fa ho avuto l’occasione di assistere alla ricollocazione di una lapide a sua memoria, da parte del sindaco di Riva di Chieri, nel cui Comune avvenne il massacro. Qui oggi abbiamo la presenza di Margherita la sorella, l’altro giorno – a Riva presso Chieri – c’era Rina,. E’ stato qualcosa di emozionante; una donna che con le sue parole, senza alcun scritto, ci ha lasciato un segno indelebile. Ci ha detto di tendere la mano chiunque esso sia e di aiutare chiunque esso sia. Colui che abbiamo commemorato a Riva di Chieri si chiamava Giovanni Tosco. Era appena un ragazzo, e fu ucciso senza pietà.  La stessa sorte toccò a Musso Giuseppe, in luogo diverso, nei pressi di San Raffaele Cimena, vicino a Gassino. Come ho detto prima, di violenze ne sono state commesse da tutte e due le parti in causa, e quasi sempre nei riguardi di civili innocenti, che nei conflitti moderni rappresentano sempre, purtroppo, la maggior parte delle vittime, e questi nostri concittadini non fanno eccezione. E’ nostro dovere rendere omaggio alla loro figura».

Il primo cittadino ha aggiunto: «Quest’anno il mese di aprile in Italia – non possiamo dimenticarlo – è stato sinonimo di tragedia e di distruzione, coincidendo con il terremoto che ha distrutto la città dell’Aquila e la sua provincia. Il disastro ha messo un po’ in ombra la celebrazione, che è passata in secondo piano. A ben vedere, però, qualche analogia con le vicende gloriose del 1945 c’è, una sorta di continuità ideale, che vorrei evidenziare, perché riguarda la parte più positiva che la liberazione ci lascia in eredità, la capacità di unirsi contro un nemico, nel 1945 un nemico umano; oggi, purtroppo, le forze della natura. Noi nel 1994 abbiamo visto cosa fa un torrente che abbiamo qui vicino. La prima analogia è stata la concordia e il patriottismo fra tutte le forze politiche, comprese quelle di opposizione: era da molto tempo che non si sentivano posizioni così moderate e responsabili da parte di tutti, e una visione così chiara dell’interesse comune. La seconda è stata la solidarietà spontanea del popolo italiano verso le persone colpite dal sisma. La tragedia degli abruzzesi, per la dignità e il coraggio da loro dimostrati nell’affrontare la tragedia, ha coinvolti tutti gli italiani, determinando una formidabile spinta ai soccorsi, veramente straordinaria non solo per la sua portata così ampia, ma anche per la velocità di reazione. Altrettanto inconsueta per il nostro paese, la sollecitudine e la prontezza con cui il governo si è mosso per gestire direttamente, fin dall’inizio, le operazioni di soccorso».

Benny ha continuato: «Sono convinto, amici miei, che il terremoto di Abruzzo diventerà un esempio da ricordare nel futuro di come vanno gestite le calamità naturali, in un paese come il nostro dove purtroppo spesso in circostanze del genere ci si limita solo alle parole alle promesse e qualche articolo di basso livello. E io ringrazio qui le associazioni che mi hanno portato la solidarietà per dirmi che non si ritrovano in quegli articoli che sono usciti in questi giorni. Vi ringrazio, la solidarietà si fa in silenzio e non con le parole scritte. Il Comune ha partecipato non solo con le parole, ma con propri uomini, con propri ingegneri, con propri architetti e con propri geometri: ve l’assicuro. E’ inutile scriverlo perché l’aiuto si fa in silenzio. C’è una ulteriore analogia che io noto negli avvenimenti degli ultimi dodici mesi, cui vorrei dedicare qualche parola. L’anno scorso il tema all’ordine del giorno, cui ho dedicato parte del mio discorso, era la crisi economica: si cominciavano a sentire le prime avvisaglie di quel cataclisma finanziario che sarebbe poi esploso nell’autunno. Anche le crisi economiche sono un po’ come i disastri naturali: scoppiano d’improvviso, poi lasciano una scia di rovine e di conseguenze negative che si protraggono negli anni successivi. In Piemonte stiamo senza dubbio vivendo una fase molto negativa in campo industriale. Però, per quel che si può osservar sino ad oggi, mi pare che una differenza molto positiva ci sia stata nei comportamenti dei governi, il che mi fa sperare che il peggio sia stato scongiurato. Negli anni seguenti al 1929 si fecero tutti gli errori possibili, mettendo in ginocchio l’economia per quasi un decennio: innanzitutto una feroce stretta creditizia, poi un protezionismo selvaggio. Questa volta invece tutti i governi hanno a mio parere imboccato da subito la strada giusta, cercando di sostenere le banche per evitare la riduzione del credito alle famiglie e alle imprese, e impegnandosi a non mettere in atto provvedimenti restrittivi della libera circolazione delle merci. E’ anche chiaro da che cosa è nata la crisi: dall’avidità, sia nell’illudersi di creare ricchezza solo con la carta, sia con uno sviluppo economico troppo accelerato. Da tutto questo si può forse ricavare un insegnamento importante, per ognuno di noi; di non fare il passo più lungo della gamba. E’ forse il consiglio che i nostri nonni, le persone anziane che sono in mezzo a noi, quelli che hanno vissuto il 1945 ci avrebbero sicuramente dato. E’ l’esempio che ci hanno lasciato con l’Italia laboriosa e previdente degli anni Cinquanta; quella della ricostruzione».

Poi il sindaco si è rivolto all’alfiere della Casa di Riposo Forchino: «Il signor Condonese Pietro, della classe 1924 che è qui con il suo gonfalone. Lo ringrazio. Ricordo a tutti che lui è stato inviato al lavoro coatto in Germania l’8 settembre del 1943 e vi rimase fino alla fine della guerra. Vorrei dirvi soltanto quello che ha detto il nostro Presidente della Repubblica in questi giorni impegnato in visita qui, nella nostra Provincia: “La Costituzione è anche di chi non fece la resistenza». Ancora grazie a tutti di essere qui presenti. Grazie al parroco don Nino, al vice parroco don Mauro, a tutti voi, all’arma dei carabinieri. Grazie a tutti quanti voi. Grazie. Grazie. Grazie».

Dopo l’applauso dei presenti la filarmonica, guidata dalla M° Maria Merlino, ha suonato “Bella ciao”. Al termine, nuovo alzabandiera, con tutti i gonfaloni in alto e, a seguire, le note dell’Inno di Mameli, cantato dai ragazzi del coro guidato dalla professoressa Luisa Mazzone. La celebrazione è finita con i saluti del sindaco: «Grazie ancora a tutti. Buona festa a tutti e viva l’Italia».