Santena, Dario Boni racconta all’assemblea Udc l’incontro con la Laria all’Unione industriale

SANTENA – 09 maggio 2009 – Dario Boni, segretario generale Fillea Cgil di Torino è intervenuto all’incontro pubblico che ieri –  venerdì 8 maggio – la sezione dell’Udc, ha organizzato per discutere sul tema: “La crisi: oltre i cittadini, la media e piccola industria, l’artigianato e il commercio, sono in grande difficoltà. Situazione in zona e possibili soluzioni”. All’assemblea, moderata da Roberto Ansaldi, capogruppo in consiglio dell’Unione dei moderati-Udc, Boni ha riassunto la situazione della Laria, raccontando quanto avvenuto nell’incontro tenutosi all’Unione industriale, dalle 11 fino alle 16.

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Di seguito l’intervento di Dario Boni, segretario generale Fillea Cgil Torino.

Vi ringrazio per ospitalità, oggi (ndr venerdì 8 maggio 2009) è stata una giornata lunga. Dalle 10 di stamattina abbiano iniziato la trattativa con la Laria che si è conclusa alle 16. I lavoratori oggi hanno scioperato tutti, erano presenti a Torino davanti alla sede dell’Unione industriale e hanno sottolineato la loro insofferenza verso la situazione che si sta determinando. È una situazione grave anche se oggi, per un pezzo, l’abbiamo riacciuffata.

Dario Boni
Dario Boni

La Laria, circa un anno fa, ha sottoscritto con noi un accodo in Regione per una procedura di cassa integrazione straordinaria per crisi e mobilità, con incentivo all’esodo e accompagnamento alla pensione, che riguardava, nel complesso, 13 lavoratori dello stabilimento di Santena e undici lavoratori dello stabilimento di Castello di Annone. Il piano di crisi presentato prevedeva sostanzialmente: alcuni interventi strutturali sullo stabilimento di Castello di Annone, alcuni interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sul sito di Santena e un’operazione di commercializzazione di piastrelle provenienti dalla Tunisia, per sopperire agli ordini, dopo la chiusura di un forno a Santena.
Nel sito di strada vecchia Chieri ci sono due forni, uno era attivo da più di 40 anni, era obsoleto ed è stato fermato. Proprio la chiusura di questo forno ha comportato i tredici esuberi. Nell’accordo è previsto un piano di risanamento; dagli istituti di credito è previsto l’arrivo di finanziamenti per 3,6 milioni di euro. Si tratta di risorse che dovevano servire sia per gli investimenti previsti sia per risanare la grave situazione debitoria, nella quale era ricaduta l’azienda.

Sostanzialmente, cammin facendo, noi ci siamo però resi conto che la Laria non rispettava nella sua interezza quanto previsto dal piano di crisi. Non solo, via via, l’operazione tunisina assumeva connotazioni diverse da quelle concordate, tanto è vero che – secondo noi – si stanno delineando i presupposti per un vero e proprio tentativo di localizzazione. Da un lato si intende portare tutta l’unità logistica della Laria  nello stabilimento di Castello di Annone e – dall’altro – si sta avviando l’apertura di nuovi siti produttivi, in Tunisia.

A fronte di tale situazione noi, nel mese di marzo, e quindi a dieci mesi dal primo accordo sottoscritto nel luglio 2008, ci siamo riuniti con l’azienda per fare il punto. Abbiamo chiesto un incontro presso l’Unione industriale e abbiamo proceduto alle verifica sulle notizie che avevamo. In quella sede la Laria ci ha detto che confermava quanto previsto dal piano di crisi, anche se la situazione della Laria era aggravata dalla crisi contingente che attraversa anche il settore dell’edilizia  e quindi di conseguenza tutto l’indotto. In quella sede, a inizio marzo, abbiamo sottoscritto un verbale di accordo che vedeva la Laria confermare gli impegni.

Non convinti del tutto dalla Laria, non ci siamo accontentati di questo e abbiamo provato a chiedere un incontro agli amministratori comunali. Con gli amministratori volevamo anche discutere in merito alle voci relative ad un eventuale cambio di destinazione d’uso dell’area sulla quale insiste la Laria. Il nostro obiettivo era riuscire ad avere elementi utili in merito al futuro della Laria, ma soprattutto capire se fossero in atto manovre che preannunciassero eventuali intenti speculativi relativi ai terreni che oggi hanno una destinazione industriale. Noi abbiamo chiesto un incontro al sindaco e agli assessori. Loro si sono presi un po’ di tempo e, prima di incontrarci, hanno voluto conoscere dai vertici della Laria il piano industriale. Come ci hanno poi riferito gli amministratori, proprio in quella sede, è avvenuto una cosa un po’ disarmante e cioè la Laria – a distanza di un mese dall’accordo firmato in marzo in sede di unione industriale – avrebbe prospettato una situazione totalmente diversa. Nella sostanza – in base a quanto ci hanno riferito gli amministratori –  la Laria ha detto che aveva sottoscritto un accordo con noi sindacati che precedeva la chiusura dello stabilimento di Santena nel 2011 e che la negativa situazione economica mondiale e di settore imponeva l’anticipo della chiusura del sito di Santena nella primavera-estate del 2009. Sulla base di queste risultanze l’amministrazione comunale ci ha incontrato e ci ha messo al corrente. Noi, durante l’incontro con gli amministratori abbiamo smentito l’esistenza di accordi che prevedevano la chiusura nel 2011. Si può avere fiducia o meno dei sindacati, ma non ho mai visto un sindacato firmare, nero su bianco, la chiusura di uno stabilimento. L’ipotesi di chiusura non era contemplata, né nel 2011, tantomeno nel 2009. L’amministrazione comunale, disorientata da questa nostra interpretazione probabilmente non si è sentita supportata neanche dal fatto che abbiamo consegnato loro gli accordi firmati. Io penso che possa essere possibile che la Laria racconti cose diverse da quelle che afferma il sindacato in merito a degli accordi. Però, fino a prova contraria, se si siglano degli accordi, fa fede quanto scritto e – naturalmente, negli accordi non si fa mai cenno alla chiusura. L’incontro con gli amministratori è proseguito con due nostre richieste: per prima cosa abbiamo detto agli amministratori di contrastare in ogni modo un eventuale tentativo di  cambio di destinazione d’uso dei terreni. Il nostro obiettivo è mantenere la produzione della Laria ancorata al territorio. Siamo naturalmente contro ogni tentativo di delocalizzazione all’estero. Agli amministratori comunali abbiamo chiesto – nell’eventualità di nuove procedure di cassa straordinaria e di mobilità – misure di sostegno al reddito per i lavoratori.

Gli amministratori, se pur con qualche obiezione si sono detti disponibili ad accettare le nostre richieste. Per quanto riguarda la destinazione d’uso noi diciamo che l’area deve rimanere industriale;  il Comune dice che quell’area non diventerà mai residenziale. Nel mezzo però c’è la possibilità che possa diventare commerciale. Si tratta di un’altra ipotesi che intendiamo contrastare con fermezza. Per questo noi abbiamo già chiesto un incontro con l’assessorato al Lavoro della Provincia di Torino, che ci riceverà il prossimo 13 maggio. Per un cambio di destinazione l’area della Laria – essendo ben oltre i 23mila metri quadri – oltre ad una modifica del piano regolatore e del piano commerciale necessiterà del benestare di Provincia e di Regione. Noi faremo tutto il possibile per contrastare e impedire questa ipotesi. impedire un eventuale cambio di destinazione d’uso di quell’area.

Durante l’incontro all’Unione industriale di ieri la Laria ha negato di avere prospettato agli amministratori una chiusura immediata e ha negato di avere dichiarato che ci fosse un accordo che prevede la chiusura nel 2011 La Laria sostiene che l’amministrazione ha equivocato: avrebbe prospettato scenari futuri sulla base di una ragionamento proprio. In sostanza la Laria ha negato di avere detto agli amministrazione comunale le cose che sono poi state dichiarate e riportate questa settimana dai giornali.

Sempre durante la riunione di ieri all’Unione industriale, per la prima volta, siamo finalmente riusciti a far venire fuori la reale connotazione dell’operazione condotta dalla Laria in Tunisia. La proprietà ha ammesso che sta facendo un’operazione superiore a quella concordata nel piano di crisi. La Laria ci ha detto che, per questa operazione di partenariato, avrebbe già investito 1,,5 milioni di euro. Noi riteniamo che ne abbia messi di più. Tutto questo ci fa capire che questa operazione di delocalizzazione nei fatti si potrà concretizzare.

Nella sostanza noi abbiamo chiaramente detto alla Laria che non lasceremo passare in sordina un’operazione di delocalizzazione. Anzi, faremo di tutto per impedirla, a partire da il fatto che cercheremo di fare di tutto per non consentire il cambio di destinazione d’uso dei quei terreni. E qui la politica santenese tutta credo che ci possa dare una mano.  Sarebbe importante che il consiglio approvasse un ordine del giorno o una mozione contraria al cambio di destinazione d’uso dell’area della Laria. Questo arriverebbe a all’azione sindacale che stiamo facendo.

La trattativa di ieri all’unione industriale non è stata semplice e questo è ben testimoniato dalla durata dell’incontro. Comunque, alla fine, siamo riusciti a uscire dall’Unione industriale con un accordo che impegna la Laria non solo al rispetto del piano di crisi. Quindi, nel documento, non si parla di una chiusura immediata. La Laria ha sottoscritto nuovamente questo impegno e ha sottoscritto – proprio su nostra richiesta – una condivisione degli obiettivi che portano alla difesa dell’occupazione. Con quel documento la Laria ha detto che non porterà avanti operazioni che possano mettere a rischio l’occupazione dei lavoratori. Io che sono già passato da altre trattative di questo tipo, devo anche dire che – rispetto a quanto sottoscritto – la mano sul fuoco non ce la metto mai. Una cosa è certa: il primo risultato che abbiamo ottenuto, anche grazie ai lavoratori che ieri erano presenti è impedire una chiusura a breve. E quindi la giornata di oggi è stata positiva. Intendo risollecitare tutte le forze politiche santenesi a lavorare con noi perché si impedisca un eventuale cambio di destinazione d’uso. Noi monitoreremo costantemente la situazione e con la Laria ci rincontreremo a breve.

La situazione che sta vivendo oggi la Laria è sintomatica della crisi che ha investito anche il settore laterizi.  In zona ci sono altri insediamenti produttivi che stanno soffrendo. Il nostro territorio vede altri tentativi di delocalizzazione a carico di ditte dello stesso settore. Io credo che sia importante che la Laria di Santena non chiuda e rimanga ancorata a questo territorio. Oggi 23 famiglie santenesi vivono del salario della Laria.

Ritengo anche che vadano seriamente contrastate delle operazioni di delocalizzazione che sono costruite in maniera tale che si attinga comunque da soldi della collettività pubblica.  Quando si ricorre agli ammortizzatori sociali sono soldi dello Stato che non è corretto vengano desinati per obiettivi  diversi da quelli indicati negli accordi.Nel caso della Laria la finalità dei fondi pubblici è il risanamento e davvero non capiamo perché si possano utilizzare queste risorse per fare operazioni di delocalizzazioni. Questo tentativo va bloccato; noi faremo il possibile  per combattere questa giusta battaglia.

a cura di filippo.tesio@tin.it