Santena, Francesco Cima “Benny Nicotra impallinato da fuoco amico”

Santena – 18 maggio 2011 –  Ecco come Francesco Cima, sindaco mandato a casa anzitempo nel 1993, a seguito delle dimissioni di 15 consilieri commenta il recente scioglimento del consiglio comunale che ha posto termine al terzo mandato di Benny Nicotra.

Francesco Cima afferma: «In un certo senso è successa la stessa cosa, con una differenza: io quantomeno non sono stato sfiduciato da consiglieri del mio partito, la Dc. Io sono stato sfiduciato da un partito politico che avevo messo in Giunta: Insieme per Santena, gli allora Pds. Il sindaco Benny Nicotra nei giorni scorsi è stato impallinato anche dal fuoco amico. E questo a me non era successo».

«La mia Giunta – spiega Francesco Cima – si era consumata non su problematiche amministrative quanto su incomprensioni personali. Io probabilmente sarà stato un sindaco un po’ rigido nel firmare le documentazioni e i permessi. Naturalmente non mi sono mai rifiutato di compiere il mio dovere. Erano sorte grosse incomprensioni. Noi Dc  eravamo stati obbligati a prendere in Giunta i socialisti per un’imposizione sovracomunale. Le segreterie dei partiti erano arrivate da Torino, siamo stati tirati in mezzo a una trattativa che vedeva anche altri comuni come Chivasso. Ci dissero che c’erano in ballo anche equilibri in Regione. Alla fina da Torino ci hanno portato la Giunta fatta: io esponente Dc sindaco e Antonio Viglietti, del Psi, vicesindaco.  Poi, dopo un po’ di tempo, abbiamo fatto accordo con Insieme per la città, ma le cose non hanno mai funzionato. Ancora oggi – e lo dico senza rancore – non ho capito perché ce l’avessero con me così tanto da arrivare a sciogliere il consiglio comunale».

Francesco Cima, attuale presidente del Cda della casa di riposo Forchino, concludeì: «Nel caso di oggi leggo tante accuse rivolte a Benny Nicotra che io non posso sapere se sono vere, mentre nel 1993 tutte queste grane non esistevano. Un po’ di maretta era arrivata a seguito del raddoppio del mio gettone che allora arrivava a 1.733.000 lire nette, tutto sommato si trattava di meno di mille euro mensili…».

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