Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 20 al 26 maggio 2012

Santena – 20 maggio 2012 – Proposte di riflessione per i giorni dal 20 al 26 maggio 2012 tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 20 maggio  2012             

Riceverete la forza dallo Spirito Santo

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

At 1,1-11

Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

Ef 4,1-13

Il Signore agiva insieme con loro

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Mc 16,15-20

 

Da noi dipenderà l’immagine che gli uomini si faranno di Dio

Le letture che annunciano il mistero dell’ascensione di Cristo hanno anzitutto una valenza cristologica: alla destra di Dio Padre siede il Cristo risorto (cf. Mc 16,19) che ha adempiuto nell’obbedienza la missione per cui il Padre lo ha inviato: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre” (Gv 16,28). Ma esse presentano anche una valenza escatologica: il Cristo asceso al cielo è colui che verrà alla fine dei tempi (cf. At 1,11). Infine esse manifestano una valenza ecclesiologica: l’ascensione non chiede ai cristiani una fuga dal mondo né una contemplazione dei cieli (cf. At 1,9-11), ma li rinvia alla loro responsabilità storica. Responsabilità che prende nome di testimonianza (I lettura), di unità della comunità ecclesiale (II lettura), di missione e predicazione (vangelo). Nell’evento dell’ascensione, per cui alla destra del Padre siede un corpo umano, il corpo di Gesù, il credente contempla la prefigurazione della destinazione propria e dell’umanità. Con l’ascensione, infatti, il Figlio porta nella vita trinitaria la carne umana da lui assunta e redenta. “Il Signore Gesù, dopo aver parlato agli Undici, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16,19). Il Cristo ascende al cielo dopo aver lasciato una parola ai discepoli. Questa parola è da annunciare e da testimoniare: la missione e la predicazione della chiesa coprono il “vuoto” dell’assenza fisica di Gesù. “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). Sta alla chiesa visibilizzare il volto di Cristo nel tempo in cui l’ascensione l’ha sottratto alla vista, nel tempo tra la Pasqua e la parusia. Sta alla chiesa renderlo presente tra gli uomini. “La sorte di Dio ci è affidata nella misura in cui, portatori di Dio in questo mondo, è dal nostro atteggiamento che dipenderà la conoscenza e l’immagine che gli uomini si faranno di Dio. Dio stesso potrà essere buono, giusto e salvatore di un certo uomo soltanto se, in quel dato momento e in quelle date circostanze, io sarò buono e giusto con quell’uomo esercitando così nei suoi confronti, in qualche modo, quella potenza di salvezza che mi è stata comandata da Dio. Come dicevano i Padri della chiesa, noi siamo le mani e le braccia di Dio” (Adolphe Gesché). Il modello della missione e della predicazione è Gesù stesso che aveva iniziato il suo ministero predicando il Regno di Dio e chiedendo conversione e fede nel vangelo (cf. Mc 1,14-15). E poiché il Risorto continua a precedere i discepoli (cf. Mc 16,7), la missione si configura come sequela di Cristo. L’andare cui essi sono invitati altro non è che un seguire. Solo così la missione sarà sacramento della presenza del Signore tra gli uomini. Come era la missione svolta dagli Undici, in cui era presente e attivo il Signore stesso. “Gli Undici predicarono dappertutto, mentre il Signore cooperava (con loro) e confermava la parola con i segni che l’accompagnavano” (Mc 16,20). Affermando che il Signore coopera con gli Undici nella loro missione e conferma la parola del loro annuncio, la chiesa primitiva esprime la sua fede nel Risorto quale soggetto della missione della chiesa. E poiché la missione avviene con parole e gesti intimamente connessi, ecco che l’azione di sinergia e di conferma della parola attuata dal Signore si esplica in “segni” (Mc 16,20). E se la missione della chiesa tende a suscitare l’adesione teologale, la fede nel Signore, essa avviene grazie alla fede. Gli inviati, i missionari, i predicatori sono i primi chiamati alla fede. Nel testo evangelico si parla della cooperazione del Signore alla missione ecclesiale in termini analoghi a quelli che troviamo in At 14,3: “(Paolo e Barnaba) parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mezzo loro si operassero segni e prodigi”. È la fede in Gesù risorto e asceso al cielo lo spazio di azione della grazia e di manifestazione della sua potenza e fecondità. La chiesa evangelizzatrice è, semplicemente, una chiesa credente.

Comunità di Bose

 

Il discepolo è fratello universale, è familiare di ognuno

Il Signore Gesù “ascende” al cielo. Prima di morire li aveva rassicurati dicendo che sarebbe andato a preparare un posto perché fossero anche loro nel luogo dove lui andava. “Voi conoscete la via”, aveva detto. Tommaso, l’uomo delle cose concrete, con “i piedi per terra”, espresse il disagio e la difficoltà a capire una via che conduceva al cielo ed aveva chiesto: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Dove vai? Qual è la via del cielo? È forse una via che richiede uno sforzo sovraumano? È per pochi eroi? Come possiamo seguirlo noi che spesso facciamo fatica a comprendere le vie della terra, che ci perdiamo nella confusione, nell’incertezza, nelle difficoltà, che non sappiamo scegliere? Io sono la via, aveva detto Gesù. E la mostra salendo al cielo. Volere bene a lui, incontrarlo nei suoi fratelli più piccoli, prendere sul serio la sua parola è la via del cielo. È possibile a tutti. La festa della Ascensione è sommamente opportuna. È una grazia concessa agli uomini perché apre uno spiraglio sul futuro della storia umana, anzi dell’intera creazione. Non è un futuro generico, più o meno ideologico e astratto, ma concreto: è fatto di “carne ed ossa come vedete che ho io”, potremmo dire parafrasando un’affermazione di Gesù. Egli per primo infatti lo inaugura entrandovi con tutto il suo corpo, con la sua carne e la sua vita, che sono carne e vita di questo nostro mondo. Da quel giorno il cielo inizia a popolarsi della terra o, con il linguaggio dell’Apocalisse, iniziano i nuovi cieli e la nuova terra. Il Signore li inaugura e li apre perché tutti possano prendervi parte. Già sua madre, Maria, lo ha raggiunto, assunta anch’essa con il suo corpo. L’Ascensione è il mistero della Pasqua visto nel suo compimento, scorto dalla fine della storia. L’Ascensione non è solo l’ingresso di un giusto nel regno di Dio, ma la gloriosa intronizzazione del Figlio “seduto alla destra” del Padre. Questa raffigurazione, presa dal linguaggio biblico, esprime simbolicamente il potere di governo e di giudizio sulla storia umana del Cristo risorto: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” dice Gesù ai discepoli dopo la Pasqua (Mt 28,18). Non siamo più immersi in una storia senza orientamento, vittime del caso, degli astri o di forze oscure e incontrollabili. Dobbiamo essere suoi testimoni. Lo chiede Gesù a tutti, nessuno escluso, non per un periodo, ma sempre. Non siamo discepoli per noi stessi, per sfruttare la sua bontà, per prenderci quello che ci interessa e credere di poterci realizzare da soli, per compiere un’introspezione continua su di noi ed essere sempre al centro. Non siamo discepoli per crederci migliori di altri. Siamo discepoli perché lui ci ha amati e scelti, perché andiamo e portiamo frutto. A noi egli affida la sua forza. Se non si comunica, l’amore finisce; se cerchiamo di possederlo, di farlo nostro, lo perdiamo. Gesù manda i suoi in tutto il mondo, perché il discepolo è fratello universale, è cittadino del mondo, si sente a casa con tutti, è familiare di ognuno. Il discepolo parla la lingua nuova, quella del cielo, lingua dell’amore, che tocca i cuori. Il discepolo scaccia i demoni, cioè i pensieri di solitudine, le abitudini di vendetta, di odio, di divisione, di inimicizia che spesso diventano come un demone che deforma i cuori e rende impossibile che gli uomini sappiamo vivere in pace tra loro. Comunica il Vangelo non l’uomo perfetto, l’esperto, il puro, non chi si mette a fare da maestro e spiega una lezione. Comunica il Vangelo chi, peccatore come è, sceglie la forza dell’amore verso tutti, soprattutto chi è povero e debole. Questa è la via del cielo. E fanno tristezza coloro che scrutano i cieli (penso agli oroscopi…) in cerca di segni di protezione per fuggire la paura e l’insicurezza della vita. Il Signore asceso è il nostro cielo e la nostra sicurezza. Egli ci attrae verso il futuro che lui ha già raggiunto in pienezza. Ai discepoli di ogni tempo conferisce il potere di dirigere la storia e il creato verso questa mèta: essi possono scacciare i demoni e parlare la lingua nuova dell’amore; possono neutralizzare i serpenti tentatori e vincere le insidie velenose della vita; possono guarire i malati e confortare chiunque ha bisogno di conforto. È questa forza che sostiene e guida i discepoli sino ai confini della terra e verso il futuro della storia. Il Vangelo di Marco conclude: “Partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro”.

Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 21 maggio 2012

Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio

In quel tempo, i discepoli dissero a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Gv 16,29-33

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Martedì 22 maggio  2012

Le parole che hai dato a me io le ho date a loro

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Gv 17,1-11a

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Mercoledì 23 maggio 2012

Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Gv 17,11b-19

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Giovedì 24 maggio 2012

L’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Gv 17,20-26

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Venerdì 25 maggio 2012

Mi vuoi bene? Seguimi!

In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Gv 21,15-19

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Sabato 26 maggio 2012

Questi è il discepolo che testimonia

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Gv 21,20-25

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