Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 12 al 18 agosto 2012

Santena – 12 agosto 2012 –  Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 12 al 18 agosto 2012, tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.
Domenica 12 agosto 2012

Con la forza di quel cibo camminò

In quei giorni, Elìa s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve.  Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

1 Re 19,4-8

Fatevi imitatori di Dio e camminate nella carità

 

Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

Ef 4,30-5,2

Saranno istruiti da Dio

 

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Gv 6,41-51

Lo stile di Dio è intervenire con la forza delle cose quotidiane

Anche questa domenica, come le due che l’hanno preceduta e la prossima, ha come centro il capitolo 6 del vangelo di Giovanni che sviluppa il tema dell’eucaristia. L’evangelista Giovanni infatti non parla di questo tema, al contrario degli evangelisti sinottici, in occasione dell’ultima cena ove invece svilupperà il frutto dello spezzare il pane, cioè il servizio nei confronti del prossimo. E’ un capitolo denso di contenuti e ricco di significati. A questo testo, come nelle altre domeniche, la liturgia affianca brani paralleli tratti dall’Antico testamento. Nella prima lettura troviamo Elia, perseguitato, spossato dalla stanchezza, che vive un momento di estremo scoramento per la sofferenza che gli toglie senso alla vita. Questo racconto ce lo sentiamo dentro, come una esperienza personale. È il senso di inutilità della propria vita che tante volte ci assale. Il Signore però non si cura dei lamenti di Elia, non gli toglie la fatica né offre consolazione ai suoi problemi, ma gli offre un po’ di pane, un po’ di acqua. Lo stile di Dio è intervenire con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà che hanno le cose essenziali: il pane, l’acqua, un amico . Angelo è il nome di una misteriosa presenza amica, che guida il nostro istinto e ci dà la certezza di non essere mai soli, di non essere mai abbandonati. Quante volte in famiglia sentiamo il bisogno di vivere questa esperienza e magari non ci accorgiamo che la persona che ci è stata messa accanto è quell’Angelo che incontrò Elia. È Dio stesso che si fa angelo, pane, acqua, vicinanza e carezza perché noi non ci arrendiamo al deserto che ci assedia. E’ in questa ottica che possiamo cogliere il legame con la seconda lettura. L’apostolo Paolo infatti quasi ci ordina: “Fatevi dunque imitatori di Dio“, e per realizzare questo aggiunge: “Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo“. Paolo ci ricorda che ciascuno di noi può essere quell’angelo inviato da Dio agli altri, in famiglia, sul lavoro, nella comunità e nella società civile, per essere attenti ai bisogni, per stare vicino a chi è in difficoltà e aiutare a ritrovare la forza e l’entusiasmo per portare avanti la missione che il Signore ci ha affidato. Per questo è necessario, come ci dice s. Paolo, cambiare stile di vita, atteggiamenti e comportamenti.
Il salmo 33, è il canto di ringraziamento di una persona che è stata povera, ha conosciuto la miseria, ha pregato ed è stata esaudita. E’ l’esperienza di Elia, che deve essere anche la nostra, cioè l’abbandono a Dio sia quando la nostra vita è segnata dalla gioia, sia quando è segnata dalla sofferenza e dalla prova. Nel vangelo troviamo Gesù che al termine del suo discorso sul “pane disceso dal cielo” viene contestato dai presenti e come risposta ribadisce il concetto: solo chi mangia questo pane (chi ha fede) ha la pienezza della vita. I Giudei pensavano di conoscere tutto, ma Gesù mette in discussione la loro autosufficienza. Per avere la salvezza occorre passare attraverso la sua persona. Essi invece pensavano di potersi salvare da soli. Gesù si fa cibo di verità e di amore per noi. Farsi pane, vuol dire essere presenti nel quotidiano, cioè farsi nutrimento, essere presenti, essere un sostegno, diventare cioè dono e servizio a tutti coloro che ci circondano nella vita di tutti i giorni. I brani di oggi sono quanto mai calati nella realtà quotidiana della famiglia, dove si vive continuamente la dinamica dell’aiuto reciproco, del perdono, del sostegno, del servizio, atteggiamenti che non sono né proprietà, né prerogativa di un solo membro della famiglia, ma assumono una caratteristica di circolarità al suo interno. Gesù ci ricorda anche che Lui è il pane che da la vita eterna, il cibo che dobbiamo quotidianamente mangiare per avere la carica e la capacità di assumere il ruolo dell’amico che Egli invia a chi ci sta vicino ed ha bisogno di aiuto. Due sono le mense alle quali possiamo nutrirci: quella eucaristica e quella della Parola di Dio. Come la famiglia trova gioia nel sedersi a tavola con tutti i suoi componenti, così deve sentire il bisogno di trovarsi attorno alla mensa di Gesù, per crescere in Lui e con Lui per diventare “vita per il mondo”.

CPM-ITALIA

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Lunedì 13 agosto 2012

Ma, per evitare di scandalizzarli, va’…

 

In quel giorno, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Mt 17,22-27

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Martedì 14 agosto 2012

Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.

Mt 18,1-5.10.12-14

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Mercoledì 15 agosto 2012

Beata colei che ha creduto

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse:«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Lc 1,39-56

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Giovedì 16 agosto 2012

Quante volte dovrò perdonargli?

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.

Mt 18,21-19,1

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Venerdì 17 agosto 2012

Non tutti capiscono questa parola

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Mt 19,3-12

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Sabato 18 agosto 2012

Non impedite che i bambini vengano a me

In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Mt 19,13-15

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