Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 19 al 25 agosto 2012

Santena – 19 agosto 2012 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 19 al 25 agosto 2012, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 19 agosto 2012

Venite, mangiate il mio pane

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città:«Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice:«Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza».

Pr 9,1-6

Sappiate comprendere qual è la volontà del Signore

Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

Ef 5,15-20

Chi mangia questo pane vivrà in eterno

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gv 6,51-58

La sapienza che si fa pane

Anche nella liturgia odierna si insiste sul concetto di Gesù pane di vita, ma questa volta il discorso assume connotati molto più consistenti. Osserviamo in primo luogo come il libro dei Proverbi (I Lettura) si incentri sulla Sapienza che, intraprendente e dinamica, “si è costruita la casa… ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola.” Poi invita: “Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato.” E ammannisce una tavola di ricche vivande alla quale sono invitati tutti gli uomini di tutti i tempi, che vivono la profondità del convito divino che raduna, riunisce nella comunione, libera e salva. La Sapienza nell’Antico Testamento era innanzitutto prerogativa umana come capacità di agire cercando sempre Dio e salvaguardando se medesimi dal male; era caratteristica dell’uomo saggio che sapeva guardare il mondo e la vita sotto l’aspetto della volontà del Signore, mettendo in atto ogni cosa nella consapevolezza di realizzare la chiamata divina. Successivamente, dopo attenta riflessione, essa viene identificata anche come una qualità del Dio vivente, un dono o una prerogativa che scaturisce dallo stesso Signore e che Questi elargisce agli uomini a piene mani (Sir 1 – 3): essa è la presenza di Dio nell’anima dell’uomo, il dispiegarsi delle opere divine nel mondo soprattutto nel processo della creazione e l’intervento pronto e mirato di Dio a favore del singolo e della collettività; essa viene descritta come organizzatrice di un banchetto di sontuose vivande i cui elementi irrinunciabili, di spicco, sono il pane e il vino. In questi due alimenti la sapienza mostra di voler offrire il meglio delle vivande agli uomini e se è vero che nella Bibbia il banchetto è sinonimo di salvezza e di comunione gioiosa con il Signore, nel pane e nel vino tale assunto di festosità piena ha la sua massima configurazione: mangiando il pane e il vino della Sapienza, si vive la piena comunione con Dio e si realizza l’adempimento dei propri desideri e il raggiungimento delle promesse. La Sapienza di Dio è apportatrice della gioia e della salvezza perenne simboleggiata da un pasto di vivande consistenti che tuttavia non sarebbe lauto se mancassero pane e vino. Sempre la Sapienza invita l’uomo alla partecipazione attiva a questo atto di comunione commensale soprattutto nell’esortazione ad evitare la Follia, il male e la deprezzabile dispersione morale dell’uomo. Il Nuovo Testamento identifica la Sapienza con Cristo: secondo Paolo egli infatti è per noi “sapienza, giustificazione e redenzione” (1Cor 1, 30) nonché sapienza che non appartiene a questo mondo (1 Cor 2, 6); Cristo è per l’apostolo “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 23 – 24), ma è soprattutto Giovanni che accomuna le caratteristiche della Sapienza dell’Antico Testamento con il Verbo fatto uomo poiché il Padre manifestandoci il Figlio Parola fatta carne ci rivela la sua bontà, magnanimità e la sua sapienza. Cristo è la Sapienza del Padre, che non soltanto si è costruita una casa, ma che ha voluto abitare e interagire con gli uomini “ponendo la sua tenda “ in mezzo a tutti noi. Sempre Cristo invita ancora una volta tutti quanti al banchetto della gioia e invita ciascuno a mangiare il pane e bere il vino, identificando questa volta egli medesimo con questi due elementi: “io sono il pane vivo disceso dal cielo… chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Nella mentalità dell’Antico Testamento era aberrante che si potesse pensare alla consumazione del sangue durante un pasto e il “mangiare la carne e bere il sangue” poteva avere sentore di antropofagia; ed è per questo che un simile modo di rivolgersi da parte di Gesù desta subito scalpore e disorientamento. Eppure Gesù si mostra molto esplicito e risolutivo quando associa la sua carne con il “pane” e il suo sangue (sia pure in un secondo momento) con il vino: Egli vuole dire innanzitutto che il nostro “nutrimento” di lui deve consistere nell’immedesimazione e nell’accoglienza piena del suo mistero, nella nostra configurazione a lui e nell’assunzione che di lui facciamo in tutti gli ambiti della vita, ma nell’espressione “mangiare la mia carne e bere il mio sangue” si riscontra anche l’invito diretto e perentorio alla consumazione del suo corpo sotto le specie del pane materiale e quindi si fa riferimento immediato all’Eucarestia. Con questo sacramento, nel quale Gesù presenzia sotto le apparenze del pane e del vino ripresentando la tragicità dei momenti del suo sacrificio sulla croce, noi siamo invitati al banchetto lauto e cospicuo della vita nell’assunzione del pane e del vino che allietano e risollevano per sempre e siamo avvinti dalla forte presenza coinvolgente di Cristo Sapienza eterna del Padre. In questi versetti giovannei si completa il senso delle affermazioni quanto a Gesù Cristo pane vivo disceso dal cielo e si rende esplicito il nostro atteggiamento nei suoi confronti che è quello della fiducia e dell’accoglienza, dell’apertura e della libera assimilazione senza riserve, della coscienza piena nell’assimilazione spontanea di Gesù che va preso come centro totalizzante prioritario della nostra vita; ma anche quello della nutrizione materiale del Sacramento, che garantisce le possibilità suddette.

Padre Gian Franco Scarpitta

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Lunedì 20 agosto 2012

Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi

In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.

Mt 19,16-22

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Martedì 21 agosto 2012

Molti dei primi saranno ultimi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Mt 19,23-30

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Mercoledì 22 agosto 2012

Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Lc 1,26-38

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Giovedì 23 agosto 2012

A voi è dato conoscere i misteri del regno

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:“Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Mt 13,10-17

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Venerdì 24 agosto 2012

Vieni e vedi 

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Gv 1,45-51

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Sabato 25 agosto 2012

Essi dicono e non fanno

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Mt 23,1-12

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