Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 25 novembre al 1° dicembre 2012

Santena – 25 novembre 2012 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 25 novembre al 1° dicembre 2012, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 25 novembre 2012

Il suo potere è un potere eterno

Guardando nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Dn 7,13-14

Io sono l’Alfa e l’Omèga

Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

Ap 1,5-8

Il mio regno non è di questo mondo

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Gv 18,33b-37

Gesù è re perché serve ed ama

Oggi è la festa del Signore che è re dell’universo. Davvero il suo regno non è di questo mondo! Il Vangelo, infatti, ci parla di un uomo debolissimo, spogliato di tutto, povero, la cui vita dipende interamente da altri. Come si può pensare che un uomo in quelle condizioni potesse essere re di qualcosa? Non ha alcun aspetto di potenza. Nel nostro mondo dove quello che conta è ciò che appare, come possiamo affidarci ad un uomo così, che mostra esattamente il contrario della forza? Perfino i passanti possono deriderlo, tanto che gli buttano in faccia il suo fallimento, gridando a lui, condannato a morte: “Salva te stesso!”. Noi i forti li cerchiamo, spesso li corteggiamo, facilmente sappiamo tutto di loro (e magari non sappiamo nulla del nostro vicino!) perché pensiamo ci diano protezione, successo, sicurezza, riconoscimento, benessere. Ma uno come Gesù non può certo soddisfarci! Anzi, lo sfuggiamo, perché ci ricorda la nostra debole umanità. Come può lui essere re? Di cosa? Al massimo può suscitare la pietà. Eppure dice a Pilato: “Tu lo dici; io sono re! Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo!”. Quell’uomo, sconfitto da tanti piccoli re di arroganza e violenza, da una folla che gli urla in faccia la sentenza, proprio lui reclama di essere re. I re di questo mondo vogliono essere serviti, non servire. Vogliono avere e non donare. Vogliono imporre, parlare sopra gli altri, non stare a sentire nessuno. Vogliono stare bene loro, ma non sanno fare stare bene gli altri. Vogliono avere ragione e non cambiare mai; comandare e non obbedire a nessuno. Mettono le loro condizioni e si irritano se non sono osservate; eliminano chi sentono come un nemico o chi non piace. I re di questo mondo vogliono essere amati ma non si sforzano di umiliarsi a farlo per davvero; sono soli, perché finiscono per avere paura dell’altro. Si circondano di complici e di sudditi, ma non hanno amici. Anche Gesù venne tentato di diventare un re in questo modo. Il male lo voleva legare al potere del consumo, delle cose, del piegare tutto, anche la Parola di Dio, ai propri interessi. “Tutte queste cose ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”, gli aveva detto il diavolo nel deserto. Gesù non è comprato dal denaro; non scende a compromessi. Si rifiuta di servire i regni di questo mondo. “Il mio regno non è di questo mondo”, dice a Pilato. Gesù è re perché serve ed ama. Re, perché solo l’amore comanda realmente ed è il vero potere sul creato, l’unico che può capirlo e non sciuparlo. Re perché figlio. Re non sugli altri o contro gli altri, ma insieme e per gli altri. È re perché niente può resistere all’amore. Per questo lui è l’alfa e l’oméga, la prima e l’ultima lettera, come è scritto nel libro dell’Apocalisse. La sua forza, l’unica che conta e che resta della vita, è quella dell’amore. Per questo è il più forte di tutti i forti della terra; per questo è re dell’universo. Chiede anche a noi di confidare nella forza del volere bene, di non svuotarla di sentimenti, di intelligenza, di cuore; chiede di non rinunciare per paura, di non pensare che è troppo poco. Gesù, debole, mite ed umile di cuore, è re perché tutti noi, che siamo deboli e bisognosi, che siamo poca cosa, possiamo vincere con lui il male, il nemico della vita e dell’amore. Anche noi possiamo essere suoi. Il suo regno passa per questo mondo, per i nostri cuori. Chi non appartiene a lui finisce per essere schiavo della logica dei re o della seduzione del potere e della spada. È bello e dolce appartenere a lui, perché nel suo regno di amore tutto è nostro, senza limiti. “Ama e fa ciò che vuoi”. Perché il potere dell’amore, come dice il profeta Daniele, dura in eterno, non tramonta mai. I tanti re di questo mondo, finiscono, passano, come la loro forza; si rivelano ignobili, caduchi, volgari, pieni di ossessioni. Il suo regno non finisce. Signore, re dell’universo, vieni presto ad asciugare le lacrime degli uomini, a liberare dal male, dall’odio, dalla violenza, dalla guerra. Venga presto il tuo Regno di pace e di giustizia. Insegnaci ad appartenere a te, a non avere paura, ad essere forti e liberi nell’amore, deboli come siamo, deboli come te, Signore, che sei un re debole che ha vinto il male. A te gloria e potenza, nei secoli dei secoli. Amen.

Comunità di Sant’Egidio

L’ascolto della sua parola richiede la libertà e responsabilità dell’uomo

L’anno liturgico si conclude con una celebrazione del Cristo risorto e asceso al cielo che dal Padre ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra e stende la sua signoria sull’intero universo. Di tale evento è profezia la visione di Daniele ed è dossologica celebrazione il testo di Apocalisse. Il vangelo, presentando il confronto tra Gesù e Pilato, aiuta a comprendere evangelicamente la qualità del “regno” di cui Gesù è portatore. E aiuta a far uscire dall’ambiguità una festa che celebra un “titolo” di Cristo (le liturgie antiche non celebravano titoli di Cristo, ma li confessavano a partire dal loro manifestarsi storico nella vita di Cristo) e che è segnata dal clima culturale e politico dell’epoca in cui è stata istituita (Pio XI, enciclica Quas primas del 1925) e a cui cercava di reagire con una concezione della regalità di Cristo anche come rerum civilium imperium. I tre testi aiutano anche a cogliere tre dimensione del regnare di Dio sull’umanità. In Daniele la figura che riceve potere e regno (cf. Dn 7,13-14) è personalità corporativa che rappresenta i figli dell’Altissimo (cf. Dn 7,18), il popolo eletto perseguitato e testimone della fede fino al martirio. Apocalisse annuncia la parusia di Cristo, la sua venuta nella gloria, ma parusia significava, nel mondo antico, l’entrata solenne del re nella sua città per prenderne possesso. Tale venuta solenne di Cristo manifesterà la sua presenza regale a ogni creatura e produrrà come effetto il pentimento: “Ogni occhio lo vedrà, anche quelli che l’hanno trafitto, e tutte le tribù della terra si batteranno per lui il petto” (Ap 1,7). Quanto al confronto tra Gesù e Pilato, esso prelude alla consegna di Gesù alla crocifissione e proprio la croce sarà il luogo di manifestazione della paradossale regalità di Gesù. Croce, martirio, pentimento: Cristo rivela la sua regalità sulla croce e il credente lascia dispiegare nella sua vita la regalità di Cristo nel pentimento e nella testimonianza di fede fino al martirio. L’episodio del confronto tra Gesù e Pilato, così centrato sulla regalità di Gesù, è interpretato da 1Tm 6,13 come evento in cui Gesù “ha testimoniato la sua bella confessione di fede”: la categoria della regalità, riferita a Gesù, deve essere completata da quella della testimonianza (martyría) e della confessione di fede (homologhía). La valenza pubblica della fede cristiana passa attraverso un vivere che è rinvio al mistero divino, ciò che avviene mediante la martyría e la homologhía.
Interrogato sulla sua regalità, Gesù risponde affermando di essere venuto nel mondo “per rendere testimonianza (verbo martyréo) alla verità”. Gesù è il testimone della rivelazione messianica, di quella verità che egli stesso è (cf. Gv 14,6). Fondamento della sua regalità è tale rivelazione, il che spiega anche come sia accolta nel mondo la sua regalità: è l’ascolto della sua voce e l’accoglienza della sua parola che consentono al credente di far regnare su di sé il Signore (cf. Gv 18,37). Non l’imposizione né la coercizione, non la seduzione né la manipolazione della libertà dell’altro sono i mezzi con cui il Signore regna sui credenti, ma l’ascolto della sua parola che richiede la libertà, la soggettività e la responsabilità dell’uomo. Con la sua reticenza davanti a Pilato Gesù sgombra il campo da ogni possibile equivoco sulla sua regalità: questa non può essere intesa come potere di ordine mondano e terreno. “La mia regalità non proviene da questo mondo” (Gv 18,36). E dunque non ricorre ai mezzi e ai servigi di questo mondo: forza e potere, violenza e armi. Se la sua regalità venisse da questo mondo, Gesù avrebbe un braccio armato, dei servi armati che avrebbero combattuto per difenderlo. La non-violenza è un tratto della regalità di Cristo nella storia. Ma Pietro che sfodera la spada per difendere Gesù al momento dell’arresto e ferisce il servo del sommo sacerdote (cf. Gv 18,10), mostra l’incomprensione della regalità di Gesù: tragico errore destinato a riproporsi in forme diverse nella storia della chiesa. Errore antico, e sempre nuovo.

Comunità di Bose

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Lunedì 26 novembre 2012

Vide i ricchi che gettavano le loro offerte

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».

Lc 21,1-4

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Martedì 27 novembre 2012

Badate di non lasciarvi ingannare

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Lc 21,5-11

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Mercoledì 28 novembre 2012

Io vi darò parola e sapienza

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Lc 21,12-19

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Giovedì 29 novembre 2012

Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

Lc 21,20-28

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Venerdì 30 novembre 2012

Venite dietro a me

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Mt 4,18-22

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Sabato 1 dicembre 2012

State attenti a voi stessi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Lc 21,34-36

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