Torino – 12 dicembre 2012 – In occasione del Natale l’Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia ha invitato a un momento di preghiera tutti gli operatori del mondo imprenditoriale, sindacale e i lavoratori di tutte le categorie. L’appuntamento si è svolto oggi, mercoledì 12 dicembre, alle ore 21, nella parrocchia «Gesù Redentore» (piazza Papa Giovanni XXIII 26 a Torino). E’ stata un’occasione per pregare insieme e per scambiarsi gli auguri per un Natale sereno e ricco di motivi di speranza. Di seguito, l’omelia dell’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia.
PIU’ LE TENEBRE SONO OSCURE E PIU’ L’ALBA E’VICINA
OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO CESARE NOSIGLIA
Santa Messa per il Mondo del lavoro in occasione del Natale
12 dicembre 2012 – Parrocchia “Gesù Redentore” ore 21,15.
«Cari amici,
la Parola di Dio è un invito forte alla fiducia e alla speranza per non cedere alla scoraggiamento di fronte alle difficoltà del momento presente.
“Anche i giovani faticano e si stancano e gli adulti inciampano e cadono, ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono le ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. Sì, sono parole che si addicono alla situazione che stiamo vivendo, sia dal punto di vista spirituale che sociale e ci spronano a non cedere al pessimismo, ma a puntare in avanti con determinazione ricorrendo alle riserve auree di cui siamo carichi: la nostra fede nel Signore e la certezza che lui ci aiuta e ci salva.
“Venite a me voi che siete affaticati e oppressi ed io vi darò ristoro”: così dice Gesu’ rivolgendosi a un popolo disorientato che vaga nel buio perché è come un gregge senza pastore. Tanti sono i mercenari oggi che si propongono come pastori, ma che in realtà invece di guidare su vie dritte il gregge e sostenerlo lo sfruttano e lo imboniscono con messaggi fuorvianti che tendono solo a catturare il consenso per il loro interesse personale o di parte .Qualche volta ci possiamo sentire come una mosca cieca che vaga nel buio e non vede la luce perché i suoi occhi sono chiusi. Eppure la luce c’è: è quella che la notte di Betlemme si è accesa davanti ai poveri pastori e ha annunciato l’evento più stupendo della storia del mondo: la nascita del Salvatore.
Il Natale ce lo ricorda molto bene: Cristo è il Salvatore venuto per sostenere ogni uomo a ritrovare in se stesso e nella fede la via per una vera riconciliazione con gli altri le cose create per costruire così una città a misura d’uomo e soprattutto a misura dei piu’ poveri e soli. La nuova evangelizzazione a cui sempre ci richiama il Papa parte da qui, dal cuore dell’incarnazione e redenzione di Cristo perché da esso ne scaturisce la vera forza per un rinnovamento di ogni ambito della vita, anche del lavoro, della famiglia, della politica, dell’economia.
Sì, credo che compito della Chiesa sia quello di richiamare alla speranza che va fondata però su una ripresa di valori spirituali ed etici perché è in questi valori che si può trovare una riserva di forza e di coraggio nei momenti difficili: come credenti dobbiamo essere testimoni credibili del fatto che la fede in Dio,la fraternità e la comunione che ne derivano innestano processi anche economici e sociali capaci di essere stimolo alla costruzione di una società piu’ giusta e pacifica.
–Il realismo della situazione difficile che ci coinvolge.
E’ innegabile che persiste e in questi mesi si è sempre più estesa una situazione di grande allarme per quanto riguarda l’aumento della disoccupazione, un fatto molto preoccupante per tanta parte della popolazione, che insieme ad altre ben note fatiche che si abbattono sulle famiglie contribuiscono ad allargare la fascia dei nuovi poveri includendo ormai sempre di piu’ anche il cosiddetto “ ceto medio”. Non possiamo e dobbiamo sottovalutare una tale situazione illudendo noi stessi con un ottimismo di facciata, altrimenti tradiamo la verità e questo deresponsabilizza le persone portando parte della popolazione a vivere come sempre ha fatto finora, ignorando chi fa piu’ fatica o considerando questa crisi in modo superficiale come “passeggera” e non come un fenomeno che già sta cambiando i nostri stili di vita e quelli delle generazioni future. Bastano alcuni dati per comprendere la dimensione di questo fenomeno sul nostro territorio:
Il 37% dei giovani è in cerca di lavoro o ha lavori saltuari e provvisori di breve durata. 70.000 sono i disoccupati, 30.000 sono in cassa integrazione che per molti sta per terminare e per altri si sta avviando. La richiesta di cassa integrazione da parte delle aziende è in aumento del 13% nell’ultimo semestre. La mortalità delle aziende ha superato in questi mesi quello della natalità. Nell’ultimo semestre sono aumentate del 4,5 % le persone che cercano lavoro.
Nel primo semestre di quest’anno le spese giudicate essenziali per le famiglie hanno raggiunto il 60% del reddito (cibo, affetti, utenze) così che le famiglie torinesi continuano a contrarre i loro livelli di spesa dei consumi primari. Il lavoro rappresenta dunque la prima emergenza sociale del nostro territorio e non ci consola certo il fatto che siamo in buona compagnia con il resto del nostro Paese, dell’Europa e di tante altre parti del mondo.
–Il valore del lavoro
Il valore del lavoro da mantenere e potenziare è stato oggetto di svariati interventi in questi due anni della mia permanenza a Torino in piena sintonia con quello che lo stesso Papa Benedetto XVI ha affermato anche recentemente sul tema del lavoro .. Egli afferma che “se da una parte si continua a proclamare la dignità della persona, dall’altra, nuove ideologie – come quella edonistica ed egoistica dei diritti sessuali e riproduttivi o quella di un capitalismo finanziario sregolato che prevarica sulla politica e destruttura l’economia reale – contribuiscono a considerare il lavoratore dipendente e il suo lavoro come beni minori e a minare i fondamenti naturali della società, specialmente la famiglia”. Il Papa ha anche ricordato che “concretamente, per il Cristianesimo, il lavoro è un bene fondamentale per l’uomo, in vista della sua personalizzazione, della sua socializzazione, della formazione di una famiglia, dell’apporto al bene comune e alla pace e, proprio per questo, l’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti è sempre prioritario, anche nei periodi di recessione economica”.
Questo suo pensiero ci conferma ancora una volta nel fatto che la difesa dei lavoratori non significa disattendere le difficoltà degli imprenditori che sappiamo quanto si adoperano per gestire la crisi senza aggravare la sorte dei loro dipendenti, ma soprattutto ci porta ancora una volta a riflettere e ad agire sulla necessità che tutti contribuiscano a “fare squadra” come imprenditori, lavoratori, sindacati e associazioni di categoria, Camera di commercio, Fondazioni, Istituzioni pubbliche e del Credito per trovare insieme vie per una comune collaborazione con lo scopo di:
– garantire il lavoro a chi ce l’ha, attivandosi nei modi piu’ opportuni anche attraverso contratti di solidarietà, la cassa integrazione in deroga e se si giunge alla mobilità, ci si impegni per trovare sbocchi diversi per questi lavoratori: mai licenziare senza impegnarsi a sostenere i lavoratori in modo concreto perché possano trovare una valida ed efficace alternativa.
– aprire canali privilegiati per il lavoro dei giovani sia nell’industria che nella agricoltura e nel terziario, nell’artigianato e nella cooperazione; promuovere l’imprenditoria giovanile con sgravi fiscali per chi assume giovani o categorie svantaggiate.
-è giunto il tempo di favorire un patto per il lavoro che si opponga allo strapotere tutt’ora intatto della finanza che tutto governa e orienta per cui gli azionisti hanno in mano il futuro di una impresa piu’ che i soggetti che la gestiscono e che in essa lavorano. Anche il credito va sollecitato ad aprirsi alla sua principale attività, con impegni concreti a sostenere le piccole e medie imprese in particolare che in questo momento trovano molte difficoltà a farsi finanziare.
In questa situazione la famiglia è la realtà che resiste nel tempo presente e sta affrontando gravissime difficoltà ma sa anche reagire con impegno responsabile e solidale. Mi chiedo quanto però potrà durare tutto ciò se viene svuotata della sua identità anche sociale e lasciata sola e considerata soltanto come un “ammortizzatore sociale” dal punto di vista economico quando invece essa è qualcosa di molto di piu’. E’ necessario che la famiglia sia messa nelle condizioni di essere protagonista non solo come destinataria di aiuto, ma come entità capace di offrire un contributo assolutamente originale, a livello educativo e non solo economico, alla ripresa.
Quanto alla Fiat, pur nella grande difficoltà che sta vivendo il mercato dell’auto e l’attesa di una ripresa della produzione da parte dei lavoratori, sono lieto che gli impegni recentemente rinnovati dall’azienda riportino un po’ di speranza per Mirafiori e l’indotto auto del nostro territorio, oltre che gli altri stabilimenti italiani.
Chiedo che sia gli impegni presi che la vigilanza necessaria non vengano meno da parte di tutte le componenti coinvolte e che la proprietà e il management possano continuare a gestire una situazione certamente difficile ricercando sempre la partecipazione attiva dei lavoratori. Per raggiungere questo obiettivo è necessario però che cessino le contrapposizioni ideologiche e che si ritrovino le vie del dialogo tra tutte le parti sociali che hanno a cuore il futuro dell’azienda.
Sappiamo da tempo che Torino non è più solo la Fiat, ma essa resta comunque una realtà assolutamente importante per la nostra città e per il territorio come polo industriale avanzato e riconosciuto a livello internazionale. E’ anche per questo motivo che mi auguro che la “testa” del gruppo resti a Torino, proprio perché l’industria meccanica rappresenta un comparto fondamentale per la qualità e creatività che il nostro territorio ha saputo esprimere in questo campo, sostenendo il vasto indotto tuttora presente e le azioni di innovazione tecnologica che la rendono famosa in tutto il mondo.
–Alcuni obiettivi da perseguire con speranza e impegno
In sintesi provo a riassumere gli obiettivi su cui la nostra Chiesa deve puntare nella sua pastorale del lavoro.
1-Attivare una formazione di base a cominciare dai ragazzi e dai giovani, coinvolgendo tutte le componenti della comunità al fine di aiutare ad accogliere il Vangelo del lavoro che la Parola di Dio ci offre come “buona notizia” per ogni uomo e un valore sociale primario al di là delle modalità differenti con cui si realizza. E’ importante ribadire anche nelle nostre comunità che il lavoro, in tutte le sue forme, merita sempre rispetto e attenzione. Ogni lavoro è nobile e va considerato bello e buono quando mette al centro la persona e risponde alle sue qualità ed esigenze morali. Per acquisire questa mentalità è oggi necessario sostenere lo sforzo fatto da tutte le agenzie educative a partire dalla scuola, con una particolare attenzione alla formazione professionale di cui il nostro territorio, non solo a livello ecclesiale, è ricco di tradizione e di esperienza. Diventa quindi essenziale che anche le nostre parrocchie si sentano chiamate a rispondere concretamente a questi nuovi bisogni attraverso azioni concrete di orientamento al lavoro creando, attraverso i Servizi per il Lavoro già attivi in Diocesi, delle opportunità di accompagnamento dei giovani e degli adulti attraverso un’opera qualificata di laici preparati.
2-Promuovere concrete iniziative di solidarietà tra chi lavora e chi non ha più un lavoro attraverso varie modalità tra cui ricordo i contratti di solidarietà, il sostegno agli incubatori capaci di promuovere nuove iniziative imprenditoriali, la diffusione delle iniziative di prossimità e vicinanza tra famiglie, le borse lavoro capaci di attivare dei tirocini formativi, la riqualificazione professionale intesa come una necessità per le fasce di età più alte e tutto quanto possa servire ad avviare circuiti virtuosi capaci di non far vivere in solitudine la ricerca di un lavoro o il percorso per la sua creazione.
3-Affrontare insieme il problema del lavoro dei giovani che sta diventando drammatico. Quando esso c’è è spesso occasionale e non privo di carenze sul piano della soddisfazione personale e su quello del rispetto dovuto a chi entra in un mondo nuovo e complesso e abbisogna di essere accompagnato per poter valorizzare al meglio le proprie capacità e risorse. La grande mobilità e provvisorietà di cui deve tener conto un giovane che entra nel mondo del lavoro, non gli permettono di sviluppare la tranquillità e la sicurezza necessarie affinché egli possa appassionarsi senza sottoporlo ad una trafila di diversi mestieri, anche estranei alle sue specifiche competenze, che finisce di snervare anche i più risoluti.
La pastorale del lavoro si sta impegnando a fondo in questo con diversi progetti concreti che toccano i temi dell’orientamento, della formazione professionale, della nuova imprenditorialità, in una sinergia virtuosa tra enti non solo ecclesiali che hanno trovato nel “Tavolo Giovani e Lavoro” un luogo di confronto ricco di frutti. Anche il raccordo scuola-lavoro, che pure rappresenta una delle conquiste più reclamizzate delle varie riforme scolastiche, stenta ancora a decollare e si riduce spesso ad un fatto virtuale e poco incisivo, per cui la scuola e l’università diventano parcheggi prolungati per tanti giovani, invece che apripista necessari all’ingresso nel mondo del lavoro.
4-La tutela della maternità e della specifica vocazione e del ruolo della donna nella famiglia non sono in contrasto con il diritto al lavoro femminile e alla sua concreta promozione e debbono essere entrambi salvaguardati e sostenuti con opportune legislazioni, ma anche con risorse economiche, strutture d’accoglienza dei figli più piccoli (come gli asili nido), con una politica della casa e dei servizi scolastici e sociali che privilegi le famiglie più numerose.
Di fatto, vediamo che spesso a pagare lo scotto della crisi di un’azienda sono proprio le donne, considerate l’anello debole e meno garantito del mondo del lavoro. Per non parlare delle palesi o sottili discriminazioni che a volte la donna subisce a causa di un evento, la maternità appunto, che dovrebbe essere promossa al massimo e con cura da tutte le componenti della società.
5- Non è possibile parlare del senso cristiano del lavoro senza inserire in esso anche il significato del riposo. La Bibbia ci dice che dopo aver lavorato sei giorni Dio si riposò. Il riposo è dunque essenziale perché il lavoro sia umano e risponda alla volontà di Dio. I ritmi frenetici tesi più al guadagno che al lavoro non possono avere il sopravvento sull’esistenza che è fatta di relazioni, di amicizia e di responsabilità che non possono essere delegate a nessuno. È un tema, questo, che attiene non solo al riposo domenicale, ma ai ritmi stessi di lavoro infrasettimanali, agli straordinari e alla necessità di tenere in giusta considerazione le esigenze familiari e quelle della comunità. Occorre opporsi risolutamente alla pressione del mercato e, in particolare, della grande distribuzione che tendono a ridurre la domenica al giorno dello shopping per cui l’assoluto del denaro e del consumo prevalgono su valori fondamentali che non sono solo di ordine religioso, ma anche familiare e sociale.
–Alziamo lo sguardo al Dio che viene a salvarci
Questo Natale ci aiuti ad alzare lo sguardo come ci dice oggi la Parola di Dio per vedere i segni di speranza che Dio ci offre e chiediamo che la debolezza della nostra fede e della nostra carità non ci faccia dimenticare la consolante vicinanza del Signore che viene a salvarci dalle nostre paure che bloccano ogni iniziativa e dagli egoismi che impediscono di operare uniti e solidali».
+ Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino.