Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 17 al 23 febbraio 2013

Santena – 17 febbraio 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 17 al 23 febbraio 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 17 febbraio 2013

Il Signore ascoltò la nostra voce

falòMosè parlò al popolo e disse:«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Araméo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio».
Dt 26,4-10

Chiunque crede in lui non sarà deluso

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
Rm 10,8-13

Per quaranta giorni, tentato dal diavolo

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato
Lc 4,1-13

La coscienza della nostra debolezza è il primo passo da compiere

Mercoledì scorso, mentre il sacerdote imponeva sul nostro capo un pugno di cenere ci diceva: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”. Con queste parole e con questo gesto abbiamo iniziato il cammino quaresimale che conduce verso la Pasqua. La coscienza della nostra debolezza, della nostra fragilità e della nostra miseria è davvero il primo passo da compiere per avvicinarsi al Signore. “Ricordati che sei polvere” ci ha detto il sacerdote. Noi sentiamo severe queste parole. Esse sono tuttavia necessarie in un mondo che, falsamente, cerca di coprire qualsiasi forma di debolezza per esaltare in ogni modo la forza e l’autosufficienza. In verità, la vita di ciascuno di noi è fragile. Basta davvero poco per cadere malati nel cuore o nello spirito. Il Signore però non ci abbandona ad un destino di debolezza. Sta infatti scritto: “Il Signore solleva dalla polvere il misero” (1 Sam 2,8). C’è dunque anche un annuncio di gioia nella Quaresima: la Pasqua di resurrezione non è lontana. Quella polvere che era il corpo di Gesù viene risuscitata. E noi siamo in cammino verso la Pasqua. In quel giorno, la nostra debolezza, anche quella estrema (la morte), sarà sconfitta. Il tempo di Quaresima è perciò un momento opportuno per riconoscere la nostra debolezza e il nostro peccato, ma è anche il tempo per contemplare la misericordia e la protezione del Signore. Sì, noi fragili come la polvere siamo presi da Dio e riplasmati, ricreati, come fece con Adamo. Il primo passo sta appunto nel riconoscere il proprio bisogno di aiuto e rivolgere a Dio la nostra preghiera. Abbiamo ascoltato dal Deuteronomio quel che accadde a Israele: “Gli egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore… ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente… e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele” (Dt 26,6-9). L’antico israelita recitava queste parole in occasione della festa primaverile delle primizie, mentre presentava al sacerdote le sue offerte. Era il riconoscimento della potente e liberatrice misericordia di Dio. Oggi, mentre ci incamminiamo verso la Pasqua, facciamo anche nostre queste parole. Il Vangelo delle tentazioni apre tradizionalmente il tempo quaresimale, anche se le tentazioni riferite dagli evangelisti sono avvenute al termine dei quaranta giorni di digiuno, quando Gesù è allo stremo delle forze. Scrive Luca che “allora” (quando ebbe fame) il diavolo lo tentò. In effetti, la tentazione, ogni tentazione, si insinua nelle pieghe della nostra debolezza, della nostra fragilità, per apparire se non affascinante certamente ragionevole. Del resto, cosa c’è di più giusto del dare la possibilità di mangiare a chi, dopo quaranta giorni, ne è stato privo? È la naturalezza della prima tentazione: “Dì a questa pietra che diventi pane”. È poi altrettanto normale il desiderio di possedere i regni della terra: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni” . Bastava che Gesù si fosse prostrato. In effetti, a quante cose noi ci prostriamo, senza tanti scrupoli! Ed è anche comune quella tentazione che ci spinge a prendercela con Dio se non ci protegge come noi vorremmo. “Buttati giù, perché gli angeli ti proteggeranno”. È la tentazione di mettere Dio al servizio nostro e non viceversa; oppure di prendersela con il Signore per quanto di male ci accade.
Sono tre tentazioni emblematiche. Esse in certo modo riassumono tutte le tentazioni che ogni uomo subisce nel corso della propria vita. Lo stesso Gesù non è stato tentato solo in quel momento (già nel versetto l’evangelista scrive che Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo). Luca nota che il tentatore si ritirò da Gesù “per ritornare al tempo fissato”: certamente nell’orto degli Ulivi e sulla croce. Gesù si è fatto simile a noi in tutto, anche nelle tentazioni, ma le ha vinte. Come? Riferendosi ogni volta alla Parola di Dio. Le tre risposte alle rispettive tentazioni diventano quindi anch’esse altrettanto emblematiche: la Parola di Dio è la nostra forza. Da deboli che siamo diventiamo vincitori del maligno. In tal senso questo tempo quaresimale è tempo opportuno per riscoprire la forza della Parola di Dio nella nostra debole vita: davvero “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).
Comunità di Sant’Egidio

La fede non è, se non tentata

Con questa domenica si apre la serie delle domeniche quaresimali dell’annata C in cui viene proposta al credente una catechesi penitenziale: nell’ordine, le tematiche della fede, dell’alleanza, della conversione, del perdono e della misericordia saranno al cuore delle cinque domeniche quaresimali. Il tema della fede traversa le letture odierne. La prima lettura presenta una professione di fede con cui Israele fa memoria delle meraviglie operate da Dio in suo favore: Israele dice la fede narrando una storia, non con astratte affermazioni teologiche. La seconda lettura contiene la professione di fede cristiana: professione di fede che non è un momento puramente verbale o intellettuale, ma coinvolge “bocca” e “cuore” (cf. Rm 10,8-10), interiorità ed esteriorità, tutta la persona nella sua corporeità. Il vangelo presenta la fede di Gesù come lotta contro il tentatore e principio di decisione e di scelta. La fede non è, se non tentata: questo dice il brano delle tentazioni di Gesù. Le “tre” tentazioni di Gesù, che Luca ha dislocato in tre luoghi diversi che rappresentano sinteticamente il cammino di Gesù nel terzo vangelo (nel deserto; in alto – a Gerusalemme “si sale” – e a Gerusalemme), indicano il carattere ripetuto e intenso dell’offrirsi a Gesù della possibilità di vivere la propria vocazione non in obbedienza a Dio e alla sua Parola (e questo è la tentazione). La forza della tentazione si manifesta proporzionalmente alla essenzialità in cui Gesù si situa. Il digiuno, la solitudine e il silenzio del deserto, così come il ricorso esclusivo alla parola della Scrittura senza alcuna parola propria, sono elementi dell’essenzialità e della radicalità cercate da Gesù. Ovvero del suo abitare il proprio cuore e del suo far regnare Dio solo sul proprio cuore. Gesù vince le tentazioni custodendo la sua umanità senza scendere nel subumano e senza innalzarsi nel sovrumano. E così custodisce anche l’immagine rivelata di Dio senza pervertirne o deturparne il volto. La prima tentazione mostra Gesù che non assolutizza il proprio bisogno e non ne cerca una soddisfazione immediata. Gesù non evade dalla condizione creaturale dell’uomo per cui il pane viene tratto dalla terra con la fatica e il sudore del lavoro e non ricorrendo a espedienti magici o tecnici di manipolazione della realtà. Nella seconda tentazione Gesù non si sottrae ai limiti spazio-temporali della condizione umana: Luca afferma che il diavolo gli mostrò, in un impressionante accorciamento temporale e in una smisurata dilatazione spaziale che ben esprime la vertigine e il delirio dell’onnipotenza, “in un istante” “tutti i regni della terra”. Gesù non cede al fascino del tutto, ma resta abitante del limite, custodisce l’unicità di Dio e la distanza da lui: “Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai” (Lc 4,8; cf. Dt 6,13). Nella terza tentazione Gesù non cede al fascino del prodigioso, dello spettacolare e non si sottrae ai limiti della propria corporeità. Gesù non impone la sua messianicità con gesti stra-ordinari che costringano a dargli l’adesione. Gesù custodisce la limitatezza e la mortalità della condizione umana. Ovvero, la tentazione è vinta custodendo l’umanità, che è ciò in cui consiste l’immagine e la somiglianza della creatura con il Creatore, ed è vinta con l’obbedienza a Dio nell’umanità concreta, fragile e mortale. Gesù, per onestà verso Dio, si rifiuta di porre Dio là dove facilmente l’uomo lo situerebbe, cioè nel miracolistico, nel prodigioso, nello spettacolare, nel rassicurante, nel sacro, in ciò che si impone. Ma allora gli spazi per Dio si restringono e viene il momento in cui l’immagine di Dio viene avvolta dal buio, dal silenzio, dalla non-evidenza. Sulla croce, nella debolezza, anzi, nell’impotenza di chi è crocifisso, nel buio che avvolge la terra e nel silenzio di Dio, Gesù ormai narra la presenza di Dio nella sua nuda persona: egli è “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Sulla croce Gesù rivela il volto paradossale di Dio e apre la speranza della salvezza a ogni creatura, a ogni uomo. Lì, la definitiva vittoria contro le tentazioni.
Comunità di Bose

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Lunedì 18 febbraio 2013

Tutto quello che non avete fatto a uno solo non l’avete fatto a me

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Mt 25,31-46

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Martedì 19 febbraio 2013

Pregando, non sprecate parole

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Mt 6,7-15

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Mercoledì 20 febbraio 2013

Questa generazione cerca un segno

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del  giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Lc 11,29-32

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Giovedì 21 febbraio 2013

Il Padre vostro darà cose buone a quelli che gliele chiedono

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».
Mt 7,7-12

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Venerdì 22 febbraio 2013

Ma voi, chi dite che io sia?

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»
Mt 16,13-19

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Sabato 23 febbraio 2013

Ma io vi dico: amate i vostri nemici

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Mt 5,43-48

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