Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione del 24 febbraio al 2 marzo 2013

Santena – 24 febbraio 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 24 febbraio al 2 marzo 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 24 febbraio 2013

Terrore e grande oscurità lo assalirono

braceIn quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:«Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».
Gen 15,5-12.17-18

Rimanete saldi nel Signore

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
Fil 3,17-4,1

All’entrare nella nube, ebbero paura

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Lc 9,28b-36

Gesù non ama camminare da solo

La Quaresima non è un tempo qualsiasi. È un periodo durante il quale, pur continuando la nostra vita ordinaria, siamo chiamati a riconsiderare il nostro rapporto con Dio. Per questo ci è chiesto di digiunare dalle solite cose, di nutrirci di più del Vangelo, di rafforzare la nostra preghiera, di intensificare la nostra carità verso i deboli e di convertire il cuore al Signore. Questi giorni che ci separano dalla Pasqua possono essere giorni di un vero e proprio cammino interiore. Potremmo paragonarli al cammino che Gesù compie dalla Galilea sino a Gerusalemme. Stare con lui, accompagnarlo nelle prossime domeniche, lasciandosi guidare dalle sue parole e dal suo esempio, è il modo migliore per far crescere in noi gli stessi sentimenti di Gesù. Il Vangelo che abbiamo ascoltato, continuando l’itinerario verso la Pasqua, ci presenta Gesù che sale sul monte assieme ai tre discepoli a lui più legati: Pietro, Giacomo e Giovanni. Anche noi oggi siamo stati condotti in un luogo alto, più alto di quello ove ci tengono legati le nostre abitudini egoistiche e meschine. La liturgia della domenica non è un precetto e neppure l’adempimento di un rito. È l’essere strappati dal proprio egocentrismo ed essere portati più in alto. Il Vangelo dice: “Li prese con sé”. È a dire che li strappò da se stessi per associarli alla sua vita, alla sua vocazione, alla sua missione, al suo cammino. Gesù non ama camminare da solo, non concepisce se stesso come un eroe solitario, condannato a essere superiore a tutti. Egli si lega a quel gruppetto di uomini, impasta la sua vita con la loro, pur sapendo che sono deboli, fragili, limitati e limitanti, ma forse proprio per questo li prende e non li lascia indietro, anche se non sempre capiscono. Gesù è il vero pastore: non si stanca di stare con i suoi e li porta sempre con sé. Quel giorno li condusse in alto, sul monte, per pregare. Non ci è dato conoscere la profondità e la forza dei sentimenti di Gesù in questi momenti. Ma la descrizione della trasfigurazione ci fa “vedere”, o almeno intuire, cosa Gesù provasse. Scrive l’evangelista che “mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (Lc 9,29). Era tale il mutamento del volto che si riflesse anche nelle vesti. Gli evangeli ci parlano una sola volta della trasfigurazione, ma non è azzardato pensare che Gesù, ogni volta che si poneva in preghiera, si trasfigurasse, cambiasse d’aspetto. Quel giorno la preghiera divenne anche colloquio con Mosè ed Elia sulla “sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme”. Forse Gesù in una veloce sintesi ha visto tutta la sua vicenda storica, intuendone anche la tragica fine. I discepoli stavano lì accanto, oppressi dal sonno. Fecero di tutto per non lasciarsi dominare dal sonno: restarono svegli e videro la gloria di Dio, compresero chi era Gesù e quale rapporto aveva con il Padre. Davvero valeva la pena continuare a fissare quel volto così diverso dalle facce degli uomini. Dalla bocca di Pietro uscì un’espressione di gratitudine e di stupore: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende: una per te, una per Mosè, una per Elia”. Forse sragionava, ma era colpito da quella visione.
Una nube avvolse i tre discepoli ed ebbero paura. Subito si udì una voce dal cielo: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”. Nella nube e nei momenti di paura si fa chiara una voce: il Vangelo che indica colui sul quale riporre la nostra speranza. Subito i tre, aprendo gli occhi, non videro altri che Gesù solo. Sì, solo Gesù è maestro della vita; solo lui può salvarci. Fu, senza dubbio, un’esperienza incredibile per quei tre poveri discepoli, ma può essere anche la nostra esperienza se ci lasciamo condurre da Gesù che ci stacca dal nostro egoismo per attrarci alla sua stessa vita. Parteciperemo a realtà e a sentimenti più grandi e gusteremo un modo diverso di vivere. La nostra vita e il nostro cuore si trasfigureranno, diventeremo più simili a Gesù. L’apostolo Paolo, con le lacrime agli occhi, lo ricorda ai Filippesi: il Signore Gesù “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20). La trasfigurazione è la rottura del limite. È contemplare quanto è buono il Signore, quanto sono ampi i suoi orizzonti e quanto sono profonde le esigenze del Vangelo. Questa santa liturgia ci ha fatto vedere e ascoltare Gesù. Restiamogli uniti, scendiamo dal monte ed entriamo con lui nella settimana che viene. Non saremo soli a camminare. Gesù sarà con noi, luce, forza, consolazione e sostegno per continuare il nostro cammino verso la Pasqua.
Comunità di Sant’Egidio

La preghiera agisce su colui che prega

L’alleanza è il tema unificante delle letture odierne. Dio stipula un’alleanza con Abramo promettendo una discendenza numerosa a lui che era anziano e senza figli. Qui l’alleanza è una promessa unilaterale di Dio a cui Abramo risponde con la fede (I lettura). Gesù è il Figlio che vive compiutamente l’alleanza con Dio: la preghiera è l’ambito della sua trasfigurazione, del suo farsi trasparenza alla presenza di Dio stesso. Le parole che Dio pronuncia indicano ai cristiani la via attraverso cui accedere all’alleanza e alla comunione con lui: ascoltare il Figlio (vangelo). Paolo pone l’accento sul compimento escatologico dell’alleanza stretta da Dio in Cristo e parla dell’attesa e della speranza della trasfigurazione dei loro corpi di miseria che i cristiani di Filippi nutrono (II lettura). Fede, speranza e preghiera sono elementi decisivi dell’apertura del credente all’azione trasformante di Dio. Secondo Luca la trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della sua preghiera, nel mistero del suo colloquio intimo e indicibile con il Padre. “Mentre pregava, l’aspetto del suo volto divenne altro” (Lc 9,29): non un altro volto, ma un volto altro. La preghiera è per Gesù spazio di accoglienza in sé dell’alterità di Dio: se il volto è il luogo essenziale di cristallizzazione dell’identità, allora la preghiera incide sull’identità personale. Il divenire altro del volto di Gesù dice che ormai il suo volto narra l’invisibile volto di Dio. La preghiera agisce su colui che prega e fa emergere la sua identità profonda.  La preghiera è comunicazione di Dio a Gesù mediata dalla “conversazione” di Mosè e Elia con Gesù stesso. La successione “Mosè ed Elia” rispecchia l’espressione “Mosè e i Profeti” che in Luca indica la Scrittura, la Torah e i Profeti (cf. Lc 16,29.31; 24,27). Ovvero, la preghiera di Gesù appare essere essenzialmente ascolto della Parola di Dio attraverso la Scrittura, ma un ascolto che diviene conversazione con chi è vivente in Dio, una vera e propria esperienza di comunione dei santi. La Parola di Dio, che è luce sui passi dell’uomo, trasmette luce e illumina chi la ascolta (cf. Lc 9,29). Del resto, “ascoltare” significa far abitare l’altro in noi, farsi dimora dell’altro. Nella preghiera Gesù trova conferma al proprio cammino, ormai orientato verso la passione, morte e resurrezione (cf. Lc 9,22), e lo coglie in continuità con la storia di salvezza condotta da Dio con il suo popolo: in effetti, Mosè ed Elia parlavano con lui del suo “esodo” (Lc 9,31 letteralmente) che avrebbe compiuto a Gerusalemme. Non a caso, poco dopo, si specifica che Gesù rivolgerà con risolutezza il suo volto e i suoi passi verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51). La preghiera illumina e orienta le decisioni esistenziali. L’ascolto della Parola di Dio e la preghiera, mentre confermano Gesù nel suo essere Figlio in rapporto al Padre, gli danno forza per affrontare l’ostilità degli uomini. La sua solitudine (“Gesù restò solo”: Lc 9,36) è segno della risolutezza di colui che vive la comunione con il Padre.  La maniera in cui i discepoli riescono a vedere la trasfigurazione di Gesù è la vigilanza, la lotta contro il sonno che appesantisce il corpo e toglie lucidità. E si assiste anche al mutamento dei discepoli che passano da un parlare insensato (Pietro che “non sapeva quello che diceva”: v. 33), all’ascolto (“Ascoltate lui”: v. 35) e infine al silenzio (“Essi tacquero e non annunciarono niente a nessuno”: v. 36). È il silenzio che custodisce il mistero dell’evento a cui hanno assistito. Come David non poté costruire una dimora per il Signore, ma il Signore fece per lui una casa, cioè gli diede una discendenza, anche Pietro viene smentito nel suo desiderio di costruire tende per Gesù, Mosè ed Elia e si trova ad abitare la nube che lo avvolge. Intesa spesso dai Padri della chiesa come riferimento allo Spirito santo, ma anche alla Scrittura (così Pietro da Celle nel XII sec.), la nube che avvolge Pietro indica il necessario entrare nella Scrittura e lasciarsi abitare dallo Spirito per ascoltare il Signore ed entrare nella comunione con lui.
Comunità di Bose

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Lunedì 25 febbraio 2013

Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Lc 6,36-38

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Martedì 26 febbraio 2013

Chi si esalterà, sarà umiliato

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mt 23,1-12

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Mercoledì 27 febbraio 2013

Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Mt 20,17-28

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Giovedì 28 febbraio 2013

Non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Lc 16,19-31

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Venerdì 1 marzo 2013

A voi sarà tolto il regno di Dio

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Mt 21,33-43.45-46

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Sabato 2 marzo 2013

Bisognava far festa perché tuo fratello era perduto ed è stato ritrovato

In quel tempo, si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disubbidito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Lc 15,1-3.11-32

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