Un Papa cavouriano?

Santena – 29 giugno 2013 – Il parroco di Santena è preoccupato. L’arresto di un Vescovo è un fatto enorme. Ha una bella gatta da pelare tra le mani.  I Benso sono gente di chiesa. Solo un anno prima è morta la marchesa Filippina, la nonna di Cavour, discendente di san Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra. Quest’anno è morto il marchese Michele. Siamo nel 1850, il parroco si chiama don Martino Lucco. Il Conte, da poco nominato ministro dell’agricoltura, si è messo contro Dom Luigi Fransoni. Vuole vendicare la mancata assoluzione in punto di morte del suo più caro amico, Pietro di Santarosa, cattolico fervente, colpevole di aver votato la legge Siccardi.

250px-Luigi-FransoniIn ballo c’è il potere economico, sociale tra lo Stato Sardo e la Chiesa: lo scontro è aperto in particolare su chi deve avere il monopolio sull’istruzione e quindi sul sistema scolastico. Dall’Arcivescovado esigevano dal moribondo la ritrattazione, ma lui non cedette al ricatto. Tutti sapevano e anche a Santena, nonostante l’enorme distanza da Torino, si parlava di scomunica. In parrocchia erano sotto pressione. I vicini di casa, i signori di Santena erano in prima fila, anche perché troppo amici dell’abate Rosmini. La famiglia solo due anni prima si era schierata per il Quarantotto.

Il povero Augusto, il primogenito dei nipoti, era morto da eroe in battaglia a Goito. Bisognava evitare una rottura che avrebbe nuociuto alla comunità santenese. Tra confinanti è meglio andare d’accordo. Il predecessore di Don Nino sperava e pregava che tutto si risolvesse per il meglio. Finì che la situazione precipitò. Cavour e i suoi amici tanto fecero che alla fine l’Arcivescovo fu arrestato e portato in prigione a Fenestrelle. Dom Fransoni non rientrò più a Torino, morì in esilio a Lione nel 1862. Lo Stato, senza chiedere il permesso al Papa e contro il Papa che aveva tradito la rivoluzione, arrestava il Vescovo che contestava l’abolizione del privilegio sul diritto d’asilo e sul tribunale ecclesiastico.

Sono passati 163 anni e stavolta la situazione è ribaltata. Il Papa in questi giorni interviene “chiedendo” che lo Stato italiano arresti monsignor Nunzio Scarano, reo di truffa e corruzione, insieme a un agente dei servizi segreti e a  un mediatore finanziario. Dopo un secolo e mezzo la Chiesa applica le leggi Siccardi. Il diritto d’asilo (l’ecclesiastico è punito con la chiusura temporanea in un convento) e il tribunale ecclesiastico (l’uomo di chiesa viene giudicato da un’autorità interna come nel caso del maggiordomo di Benedetto XVI) non sono invocati a difesa della differenza tra clerici e laici.

Questa volta si consegna all’autorità dello Stato italiano il presunto colpevole perché sia giudicato da un tribunale civile, non religioso. La mossa, giusta e sacrosanta, rompe una tradizione millenaria e non a caso avviene dopo le dimissioni del Papa teologo e dopo l’elezione a Vescovo di Roma di un uomo proveniente dall’altra parte del Mondo. Forse la Chiesa sbaglia a fidarsi troppo dello Stato. L’Italia è, infatti, terra di inquietanti ingiustizie, ma la decisione contiene un messaggio di fiducia di cui abbiamo tutti bisogno. Forse qualcosa sta davvero cambiando sia nella Chiesa cattolica e magari anche nello Stato.Di una cosa possiamo essere contenti: Francesco I non è diventato Cavouriano, non ne ha bisogno, ma non è neppure Anticavouriano, nel frattempo è sufficiente che il successore di Pietro, cogliendo un segno dei tempi, invii un messaggio di speranza a chi vuol credere nella libertà e nella giustizia.

Gino Anchisi

Da Santena, la città di Camillo Cavour, 29 giugno 2013, Santi Pietro e Paolo.

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