Santena, una città atipica dal punto di vista della criminalità organizzata di origine calabrese

Santena – 24 luglio 2013 – “Fotografiamo la storia. Capire il passato per scrivere il futuro”: Questo il titolo della mostra organizzata a metà luglio dal locale presidio di Libera di Santena e Villastellone nei locali annessi al palazzetto dello sport. Una mostra fotografica con immagini e schede di una serie di persone che nel nostro Paese hanno lottato contro le mafie. Alla serata ha partecipato il giornalista Giuseppe Legato, che ha parlato del processo Minotauro, del trentennale dell’uccisione di Bruno Caccia e ha chiuso con alcuni riferimenti cittadini rispetto al fenomeno dell’usura. Di seguito una sintesi delle cose dette riferite alla nostra città.

LiberaGiuseppe Legato, cronista del quotidiano torinese La Stampa e collaboratore del mensile Narcomafie, giornalista che dal 2005 si occupa di criminalità organizzata, ha iniziato così il suo intervento: «Dal punto di vista della criminalità organizzata di origine calabrese Santena è una città atipica.  Io mi occupo solo di ‘ndrangheta e studiando le carte delle inchieste alcune volte mi è capitato di incontrare questa città. In nessuna delle indagini sinora ufficializzate dalla Procura e pubblicizzate dai giornali è emerso che a Santena esista una locale della ‘ndrangheta. Non essendo mai stata toccata Santena è evidente che tutti sono stati portati a pensare che, sul territorio santenese, non esiste nessun fenomeno criminale, mafioso o pseudo-mafioso. Io ho spesso sentito parlare di Santena per reati legati all’usura. Questa è stata un po’ l’etichetta, il biglietto di visita della criminalità di questa città. Sono a tutti note le vicende processuali del signor Vincenzo D’Alcalà. Però vedete, questi non sono mafiosi, o almeno sino ad oggi non possiamo dirlo, perché – lo ripeto –  a Santena non c’è traccia di una locale di ‘ndrangheta. Potrebbe esserci, come potrebbe non esserci, ma siccome occorre parlare con le carte processuali i reati che vengono contestati a questi noti pregiudicati di Santena sono legati a usura, minacce, violenza privata… La ‘ndrangheta è una altra cosa: la ‘ndrangheta basa le sue fortune sul traffico di cocaina. Le estorsioni sono uno strumento per tenere sotto controllo il territorio, per segnare i confini. E i soldi delle estorsioni vengono utilizzati per sostenere le spese legali dei carcerati. E di traffico di cocaina a Santena non ne ho mai sentito parlare».

Libera_Santenalug2013bIl cronista ha continuato: «Vi voglio però raccontare una storia che è significativa della caratura di alcuni soggetti che vivono in questa città. Tre anni fa, era l’11 luglio 2010, due affiliati della locale di Giaveno che, di recente, sono stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso vengono a Villastellone a recuperare un credito e lo devono escutere a un cittadino di Santena, anche lui noto usuraio di Santena. Si confrontano così  criminalità comune che pratica estorsioni usura, reati gravi, ma non criminalità organizzata, almeno non secondo la Procura e, dall’altra parte, la ‘ndrangheta. Ora a chiunque verrebbe da pensare che la criminalità comune ha dato i soldi agli affiliati di Giaveno. La criminalità locale mica si mette contro la ‘ndrangheta, contro una organizzazione con 900 affiliati nella sola provincia di Torino. E invece le cose non vanno così. I santenesi, non esattamente civili, spaccano di botte gli affiliati. Prendono a legnate quelli della ‘ndrangheta e li costringono alla fuga. Menare un ‘ndraghetista significa esporsi a una condanna  a morte. Perché nella ‘ndrangheta ci sono regole e la parola “onore” scatena stragi terribili. Faccio un esempio: la strage di Duisburg, in Germania – sette morti, nel ferragosto del 2007 –, è una faida nata da un lancio di uova a carnevale. Due famiglie sono opposte e vivono nello stesso paese. A carnevale alcuni ragazzini di una famiglia lanciano uova contro la bottega dell’altra famiglia. Da lì nasce una faida che dura 16 anni per una questione di onore. Non di onore nel senso buono della parola, ma quello pseudo onore che viene estremizzato per giustificare atroce violenza».

libera santena villastellone«Siccome le reazioni sono queste – ha detto Giuseppe Legato – se un criminale comune si prende il lusso di pestare due affiliati della ‘ndrangheta penso che o ha un fegato notevole e ha un grande pelo sullo stomaco, oppure potrebbe essere al suo suo livello. Partendo da questo fatto mi piacerebbe che si riflettesse sulla situazione cittadina. Pochi minuti fa il vicesindaco Roberto Ghio mi diceva che a Santena l’amministrazione  ha aperto due sportelli antiusura, ma – almeno sinora – non v’è stata nemmeno una denuncia. Ora, io non so se è un paesino ridente che non soffre assolutamente di questi problemi. La vostra città, nell’accezione della sua componente criminale, è la città degli usurai e dei cravattari calabresi. Io lo dico da giornalista e, attenzione, non sto generalizzando. Quando si parla di locali, appena si nomina Santena, immediatamente viene fuori questa storia».

«E allora questa sera voglio fare io una riflessione al posto vostro su queste cose – ha chiuso la sua riflessione Giuseppe Legato, davanti ai componenti il presidio di Libera dedicato a Libero Grassi –. La faccio anche solo per tentare di aiutare chi non se la sente di rompere questo muro che, negli anni, ha creato una cappa che soffoca. Io non vivo qua, ma dico che soffoca la città perché chiunque, qualsiasi magistrato, qualsiasi carabiniere, qualsiasi collega giornalista con cui si parla ha ben presente che qui l’usura c’è. C’è l’usura perché ci sono state alcune inchieste di procure distrettuali. Ci sono stati arresti e ci sono state condanne per usura. Non è che l’usura a Santena l’hanno inventata i  procuratori, né i pm e neppure i giornalisti. In un simile contesto il silenzio è l’humus più idoneo perché possa continuare a ramificarsi, articolarsi e svilupparsi. E tutto questo a prescindere dagli usurai, che in nessuna inchiesta sono stati identificati come ‘ndranghetisti, ma a quelli della locale gli hanno spaccato i denti. Io penso che storie del genere non possano fare piacere a nessuno. In un simile contesto il lavoro dei cittadini è quello di tentare di avere delle attitudini, dei comportamenti che possano in un certo senso ostacolare civilmente questo tipo di pratiche. Certo sarebbe meglio che chi sa, chi conosce, chi intuisce, spenda una parola. Perché altrimenti da questa situazione Santena non uscirà mai. Forse è il caso di parlare di queste cose e di discutere. I santenesi devono capire che hanno solo una cosa per contrastare tutto questo: il loro comportamento. Parlare di queste cose serve a far nascere maggiore coscienza rispetto a questi fenomeni.  Quando i giornalisti, tutti nessuno escluso, scrivono certe cose su Santena non bisogna pensare che vogliono distruggere questa città.  Chi scrive ci mette la faccia. Ognuno deve svolgere il suo compito che non è quello di condurre indagini. Non ne avete gli strumenti, non è il vostro compito, ma è quello di mettere in atto comportamenti virtuosi che contribuiscano con una resistenza “civile” a contenere fenomeni delinquenziali.

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