Santena, due documenti Pd dell’area Sud-Est della provincia di Torino

Santena – 6 novembre 2013 – “Siamo provinciali: cosa chiediamo e vogliamo dal partito” e “Identità di una zona della Provincia”. Sono questi i titoli di due documenti discussi e votati nei congressi del Pd nei comuni di Pecetto, Moncalieri, Carmagnola, Pino Torinese, Santena, Cambiano, Chieri, Trofarello, Carignano, Villastellone. Poirino, Baldissero, Andezeno e La Loggia.

PdI due documenti sono scaturiti da precedenti lavori e dagli incontri di Chieri (19 settembre 2013), Villastellone (3 e 10  ottobre), Santena (16 ottobre), intorno al Congresso del Pd 2013.  Il contenuto dei due documenti va oltre alla sola scelta dei candidati alle cariche negli organi del partito. Gli argomenti trattati affrontano questioni spinose che riguardano aspetti sociali e economici: le politiche tariffarie, la mobilità nell’area, gli investimenti infrastrutturali, ma anche temi di democrazia come il conflitto di interesse, il bilanciamento e l’equilibrio dei poteri, la separazione delle carriere. Il primo “Cosa chiediamo e vogliamo dal P.D.” prende spunto da problematiche concrete di livello locale per proporre soluzioni che investono i livelli di dimensione superiore. Il secondo “Sull’identità di zona” propone una lettura per definire le specialità locali, sovra comunali, di area metropolitana e regionale allo scopo di formare un linguaggio comune e una visione d’insieme del territorio e della comunità in cui operano i circoli che hanno collaborato a questa stesura.

Alla elaborazione dei documenti hanno contribuito gli iscritti ai Circoli di: Pecetto, Moncalieri, Carmagnola, Pino Torinese, Santena, Cambiano, Chieri, Trofarello, Carignano, Villastellone. Poirino, Baldissero, Andezeno e La Loggia.

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P.D. Area Sud-Est della Provincia di Torino

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Siamo provinciali: cosa chiediamo e vogliamo dal partito

                      

Premessa

Siamo provinciali, chiediamo pari dignità perché temiamo i rischi insiti nel Torinocentrismo. Viviamo in un forte distretto agricolo e logistico dell’area metropolitana. L’idea di far parte della Città metropolitana ci spinge a concentrare l’attenzione sulle modalità in cui il nuovo ente territoriale verrà costituito.

Ci interessano le scelte che saranno fatte nei servizi di pubblica utilità che sono erogati ai cittadini e alle imprese.

Poiché in un congresso si discutono idee, osiamo fare alcune proposte che introducono, dal basso, regole nuove per rendere più efficace l’azione del partito.

La sorte dei provinciali

Le proposte scaturiscono da un’attenta riflessione sull’ambito territoriale ottimale di governo del ciclo integrato dei rifiuti. Un ambito con superficie di 6.830 Kmq, con 315 comuni, con decine di migliaia di aziende e quasi due milioni e mezzo di abitanti: più della metà dell’intera Regione Piemonte, corrispondente alla Provincia di Torino, sul cui territorio dovrebbe insistere la futura Città metropolitana.

Non nascondiamo che il superamento dei Consorzi ci preoccupa, in particolare per il carico di debiti e di crediti inesigibili che si portano dietro alcuni di essi, a causa di cattive gestioni.

Ci preoccupa il fatto di vedere scaricare debiti e inefficienze di altri sulle spalle dei cittadini che utilizzano i servizi di consorzi virtuosi.

Se tanto ci dà tanto, si capisce con quale attenzione e apprensione guardiamo al futuro, dato che le norme attribuiscono grandi e potenziali poteri alla città metropolitana e cioè:

1. le funzioni fondamentali delle ex province soppresse;

2. le funzioni fondamentali di: pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali; di strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale d’ambito metropolitano; di mobilità e viabilità; di promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

Chiarezza sulle competenze

Considerato che la Provincia sarà integrata nei Comuni dando vita alla Città metropolitana, riteniamo utile concentrare l’attenzione sui ruoli, sulle competenze e sulle funzioni, per cercare di chiarire quali enti e quali organi dei diversi livelli (Stato, Regioni, Provincia, Città metropolitane e Comuni) hanno compiti di governo, compiti di gestione e compiti di erogazione di servizi di pubblico interesse.

Si tratta di valutare chi fa che cosa. Chi avrà il governo, la regolazione e le verifiche dei cicli integrati che riguardano le materie d’interesse generale e strategico. Per noi è evidente che il governo deve essere nelle mani di enti a elezione diretta degli organi, i soli legittimati a scegliere quali scelte compiere e quali tagli fare.

Ciò vale in particolare per la futura Città metropolitana.

Chiarezza sui conflitti d’interesse

La chiarezza riguarda i componenti di organi di partito e chi opera nella pubblica amministrazione, ma non solo. Tra gli altri riteniamo si debbano includere anche due categorie balzate agli onori della cronaca: i revisori dei conti degli enti pubblici e i CTU (Consulenti Tecnici d’Ufficio) che affiancano il magistrato nell’amministrare la giustizia civile. Per entrambe noi chiediamo che sia riconosciuta l’alta valenza sociale della funzione, in particolare nella garanzia e nella tutela degli interessi dei soggetti più deboli. Per questo motivo chiediamo che con legge sia stabilita, a garanzia della terzietà, dell’indipendenza di valutazione e di giudizio, la netta separazione tra l’attività, privata o pubblica, e la funzione di rilievo pubblico.

Per gli organi del partito l’esperienza dice che le eventuali e naturali degenerazioni del leaderismo e della centralizzazione delle decisioni si evitano puntando sul decentramento, come elemento di responsabilizzazione delle comunità, di contrappeso e di garanzia degli equilibri dei poteri. Noi crediamo che una forza riformista e europeista debba sostanziare il superamento delle diseguaglianze, delle ingiustizie e della mancata partecipazione dei cittadini introducendo elementi di contrasto al conflitto di interesse tramite il bilanciamento e la separazione dei poteri, la responsabilità delle sedi decisionali, la terzietà verso gli interessi in campo.

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P.D. Area Sud-Est della Provincia di Torino

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Identità di una zona della Provincia

Premessa

Per decidere con altri su come usare-usurare-governare il territorio in cui operano le nostre comunità vogliamo organizzare una presenza negli organi di partito e sul territorio che dia modo di poter rappresentare gli interessi dei cittadini che si riferiscono al P.D.. Stesso ragionamento vale per le scelte che si devono compiere sul sistema sociale in questo momento di grandi trasformazioni culturali ed economiche.

Il percorso qui delineato prevede che il partito assuma i temi evidenziati, per proporli nelle sedi istituzionali che hanno il compito di tradurli in programmi, piani e progetti da attuare ai livelli locale, sovracomunale, metropolitano, regionale, statale e dell’Unione.

Siamo provinciali e ne siamo fieri

Le idee esposte pongono questioni generali di metodo e di merito che conducono all’individuazione di una linea comune di lavoro.

Considerata la prospettiva della Città metropolitana, il nostro obiettivo consiste nel porre la comunità che vive in quest’area, erroneamente considerata di contorno, in una posizione paritaria in considerazione della sua collocazione di ponte delle relazioni tra il Torinese e il sud Piemonte e tra questi e le loro proiezioni nazionali e internazionali.

L’approccio che proponiamo ribalta quello tradizionale: l’ottica – da e verso – è speculare a quella di Torino e al modo in cui questa città imposta le sue scelte.

La diversità delle prospettive e delle relazioni -dalla periferia al centro guardando alle altre periferie- è il contributo che offriamo per arricchire la conoscenza e il dibattito su scelte ritenute strategiche.

Una prospettiva in cui l’utilità per l’uno e per l’altro si riequilibra sposando le reciproche esigenze e aspirazioni.

Il contesto e la dimensione

Il territorio della nostra area gode di una felice collocazione che consente di sfruttare la presenza di dorsali autostradali e ferroviarie di primissimo livello.

Il Chierese, il Carmagnolese, il Moncalierese costituiscono la parte sud-est del territorio della Provincia di Torino. La collina ricca di verde fa da sfondo panoramico alla fertile pianura, ricca di acqua e di zone umide percorsa dal fiume Po e dai suoi affluenti. Il territorio industrializzato e antropizzato, man mano che si va verso l’esterno, è caratterizzato da una corona verde di valore ambientale, turistico e paesaggistico, purtroppo non valorizzata da un sistema di piste ciclabili che consentirebbero l’integrazione, tramite il cicloturismo, con le ampie zone agricole adibite a coltivazioni di pregio e di qualità. Zone il cui valore oggi è accresciuto grazie al ruolo che svolge il settore agricolo nell’economia della area metropolitana.

In mezzo a quest’area corre una fitta rete di infrastrutture di trasporto di rilievo europeo, nazionale, regionale e locale che forma la porta sud-est dell’area metropolitana. Le arterie principali che lo attraversano sono: la Tangenziale che diventa autostrada Torino-Piacenza-Brescia (E70), la SS 29 per Asti e Alba, la SS 10, la SS 393 per Cuneo, l’autostrada Torino Savona (E 717). Al fianco della rete stradale corre una straordinaria rete ferroviaria formata dalla Torino-Piacenza-Genova, dalla Torino-Bra-Fossano-Savigliano, Saluzzo-Cuneo, dalla Torino-Chieri.

Da questo passaggio transitano ogni giorno centinaia di migliaia di persone e migliaia di tonnellate di merci verso e da: l’Astigiano, l’Albese, il Braidese, la Liguria, il Cuneese, l’ovest (Valsusa, Val d’Aosta), il nord (Milano), l’est (Brescia, Trieste) il sud (Bologna), i porti di Genova, Savona, Livorno, l’Europa e il Mediterraneo. Segnato profondamente dalle vie di comunicazione, il territorio deve fare i conti con un assetto idrogeologico compromesso, come dimostrano le alluvioni periodiche, con l’inquinamento da traffico, con tempi del transito veicolare inaccettabili, con la carenza di piste ciclabili. Bisogna dunque intervenire per eliminare le gravi strozzature che gravano sulla mobilità.

La mobilità insostenibile

Nonostante le potenzialità, la mobilità lungo le statali, le regionali, le provinciali, le comunali e la  tangenziale, risente dei tempi lunghi di percorrenza.

Anche la mobilità delle persone e delle merci, legata all’uso del treno, non è all’altezza della situazione non avendo risolto il problema della integrazione con le potenzialità del territorio.

Potenzialità di un patrimonio infrastrutturale che può elevare la competitività del sistema sociale, produttivo, turistico, paesaggistico in cui viviamo.

Dobbiamo quindi rimuovere i freni che ostacolano il vivere sociale e civile di questo territorio che, sul fattore mobilità, ha storicamente potuto contare come elemento di attrazione di investimenti e di lavoro.

La scelta dell’intermodalità e della integrazione tra strade, ferrovie e piste ciclabili risulta evidente.

Questa operazione è necessaria perché le nostre linee possono veder aumentare il loro uso per le percorrenze di merci e persone giacchè sono di collegamento tra il corridoio 5 (Lione-Torino-Milano) e il corridoio 3 (Genova-Alessandria-Novara-Milano) dell’alta capacità ferroviaria.

L’esame della situazione ci dice che bisogna puntare su una infrastrutturazione e sulla ristrutturazione dei servizi che affronti, oltre ai problemi delle strade e della ferrovia, la riorganizzazione del trasporto pubblico locale per le aree collinari e di pianura non integrabili con la ferrovia.

Questi sono i motivi che ci spingono a chiedere che la Metropolitana torinese sia collegata direttamente al sistema ferroviario metropolitano e regionale.

Essere protagonisti significa proporre soluzioni che sciolgano i nodi che imbrigliano la mobilità nella zona, avendo attenzione al sistema Tangenziale e al sistema ferroviario metropolitano che devono integrarsi alla realizzazione dell’alta capacità ferroviaria, alla estensione del sistema ferroviario regionale e all’uso di mezzi di trasporto come la bicicletta e quindi al cicloturismo.

Un vero distretto

Anche per il nostro territorio vale la considerazione che l’economia “globale” ha cambiato i distretti tradizionali.

Il nostro distretto deve puntare sulle sue propensioni e cioè sul “nucleo” su cui si regge il suo vantaggio competitivo. Un nucleo che comprende: aziende specializzate nella progettazione e produzione di veicoli; attività di turismo culturale, religioso e naturalistico e gastronomico; aziende legate all’alimentazione (salumi, caffè, farine, ortaggi, carni, mangimi); imprese, comprese anche quelle commerciali e ricreative, che si sono insediate per la posizione geografica e strategica dovuta alla vicinanza alle infrastrutture.

La consapevolezza della posizione strategica dice che il futuro è incardinato alla funzione logistica dell’area che si caratterizza per un distretto eterogeneo nella composizione del lavoro, delle produzioni, dei servizi e delle aziende.

Un patto delle comunità

Un patto tra gli enti locali, gli imprenditori, i lavoratori e i cittadini è la risorsa che permetterebbe di confrontarsi con le altre aree, con la Regione e lo Stato per definire piani e progetti di uso del territorio per fare investimenti appropriati.

Occorre quindi conoscere nel modo più scientifico possibile il territorio, ponendo in rilievo le caratteristiche del suolo anche in riferimento all’agricoltura di qualità che trova un elemento di forza nell’alimentare il mercato metropolitano, ma anche regionale, peninsulare e internazionale, considerata la varietà di prodotti provenienti da quest’area.

Deve dunque affermarsi un modello di localizzazione di attività e di imprese che sfrutti al meglio i nodi delle connessioni infrastrutturali, salvaguardando contestualmente ogni metro di terreno agricolo e recuperando le aree industriali dismesse.

Se l’uso del territorio metropolitano si deve concentrare sui grandi assi di comunicazione: autostrade e ferrovie e sui nodi di interscambio: stazioni, caselli, movicentri, la localizzazione delle attività deve tener conto del sistema territoriale a sud-est dell’area.

Uno dei cardini su cui basare la politica di patto è quindi il rapporto tra la dimensione sociale, la dimensione territorio, la dimensione logistica, la dimensione impresa, la dimensione geografica, la dimensione naturale.

Mercoledì, 16 ottobre 2013.

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