Santena, la vulnerabilità sociale vista con gli occhi cristiani. Intervista a Pierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana di Torino

Santena – 26 gennaio 2014 – “Risollevatevi e alzate la testa: situazioni e prospettive sulla vulnerabilità sociale viste con occhi cristiani”: questo il tema dell’incontro per le famiglie, organizzato dalla parrocchia cittadina e dall’Unità pastorale 57. L’incontro si è tenuto oggi, in grotta parrocchiale, dopo la celebrazione della messa delle ore 10,30. Relatore Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana di Torino. Di seguito, una breve intervista registrata a fine incontro.

PierLuigi_DovisPierluigi Dovis, direttore Caritas diocesana di Torino, riassume così l’incontro con la comunità cristiana santenese: «Nell’incontro abbiamo provato a condividere un po’, molto sommariamente, le caratteristiche che riguardano la crisi nella quale siamo caduti, soprattutto nelle implicanze sulla vita delle persone. Ci siamo soffermati sulla questione dei nuovi poveri che, più di altri, soffrono e patiscono la situazione di crisi. Abbiamo poi provato a sottolineare alcuni elementi che potrebbero essere utilizzati  dai singoli, piuttosto che dalla comunità cristiana, non solo per dare speranza, ma per gettare veri e propri semi di speranza. L’indicazione emersa è che occorre lavorare di più sulle possibili opportunità, anche piccole – da offrire alle persone e ai nuclei familiari – più che non fornire beneficienza o assistenza. E per fare questo occorre lavorare sul rapporto di rete tra tutte le realtà e le associazioni presenti sul territorio. Così come occorre puntare sulla qualità delle relazioni e sulla condivisione concreta, a partire dall’interno della comunità cristiana».

Nell’attuale situazione di pesante crisi economica e occupazionale che cosa viene chiesto alla comunità cristiana?

Pierluigi_Dovis1«A tutti i cristiani viene chiesto di mettere in atto una condivisione concreta, altrimenti il rischio è quello di fare solo azioni consolatorie che non producono cambiamento – afferma Pierluigi Dovis –. Ciò significa che bisogna cominciare a cambiare i nostri stili  di vita personali e quelli di comunità. L’obiettivo è poter avere non solo più risorse, ma arrivare a una attenzione più vera verso le persone che fanno più difficoltà. Un cambio di stile di vita che ci porti a inventare e sperimentare piccoli laboratori, piccole iniziative innovative, che diano a tutti il segnale concreto che per contrastare le nuove povertà qualche cosa si può davvero fare: e tutti sono chiamati a dare il loro personale contributo».

In questo contesto storico come affrontano le nuove povertà le comunità parrocchiali?

«Le parrocchie, in qualche modo, devono cambiare il modo di vivere la sussidiarietà sia nei confronti degli enti pubblici sia dei privati. Occorre cominciare a collaborare, tutti insieme, in modo progettualmente più alto, mettendo insieme le risorse. Bisogna puntare a realizzare vere e proprie alleanze con tutte le risorse presenti sul territorio. Non possiamo continuare a palleggiare le persone di qua e di là, da un ufficio all’altro. Anche le parrocchie sono chiamate a mettere insieme idee e poi, confrontandosi con punti di vista diversi, arrivare a creare progettualità comuni. L’unica strada per migliorare il futuro è quella di mettere insieme le risorse».

Dalle parrocchie emerge qualche segnale di novità rispetto alle iniziative di contrasto alle nuove povertà?

Pierluigi_Dovis2«Spesso le parrocchie, come tanti altri, tendono a ripetere l’identico, magari cambiando il nome. Va anche detto che qua e là, nella nostra diocesi, ci sono sperimentazione interessanti. Ci sono gruppi e comunità parrocchiali che si stanno attrezzando per fare qualcosa di diverso. I tempi, comunque, saranno ancora lunghi. E spesso per cambiare occorre rinnovare le persone oppure ringiovanire i gruppi. Qualche segnale di novità comunque c’è, va colto e salutato positivamente. E anche a livello nazionale qualcosa di positivo si sta muovendo: le comunità sono chiamate a prestare attenzione a queste sperimentazioni e a far germogliare questi semi di novità».

Nel bagaglio dei volontari della Caritas parrocchiale quale ruolo ha la formazione permanente?

«La formazione è molto importante. Il rischio è che sappiamo le cose solo per sentito dire. Invece abbiamo bisogno di capire le cose dal basso, rivedendo il tutto con gli occhi della fede. Il metodo è ascoltare le persone, osservare il territorio, discernere insieme con tutte le realtà e poi animare noi stessi e i parrocchiani tutti a farsi carico in prima persona di ciò che è stato visto e analizzato. Anche nelle parrocchie dell’Unità pastorale 57 mi colpisce il fatto che sta crescendo l’attenzione rispetto alla situazione delle nuove povertà; un fenomeno che ha investito pesantemente anche la cintura torinese – chiude Pierluigi Dovis –. Che le comunità cristiane locali crescano in questa sensibilità deve essere considerato un buon segnale».

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