Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 16 al 22 marzo 2014

Santena – 16 marzo 2014 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 16 al 22 marzo 2014 tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.Domenica 16 marzo 2014

Benedirò coloro che ti benediranno

OLYMPUS DIGITAL CAMERAIn quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
Gen 12,1-4 a

Soffri con me per il Vangelo

Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.
2Tm 1,8b-10

Ascoltatelo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Mt 17,1-9

La vita può diventare bella, piena di senso, luminosa

Il Vangelo della Trasfigurazione descrive quanto accade durante ogni Liturgia Eucaristica domenicale. Dopo i sei giorni feriali Gesù ci raduna e ci conduce in disparte, in un luogo “alto”. Abbiamo bisogno di salire un po’ più in alto; non per fuggire o evadere perché poi tutto resti come prima. Nella Liturgia contempliamo un modo diverso di vivere, di sentire, di comportarsi. E mentre contempliamo le cose del cielo veniamo coinvolti e trasformati interiormente. Qui diventiamo quello che vediamo. Non siamo saliti sul monte da soli o per nostra iniziativa. È il Signore che ci ha chiamati e condotti: Gesù “prese con sé” i tre discepoli, nota l’evangelista. In verità, è da sempre il desiderio di Gesù di “prendere con sé” i discepoli. Nel Vangelo di Giovanni questo desiderio si trasforma in preghiera: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato” (Gv 17,24). È appunto quello che accadde sul Tabor; quello che accade per noi oggi sul monte della Santa Liturgia. Ai discepoli di allora e di oggi, si presenta un evento davvero fuori dell’ordinario, lontano dagli scenari abituali. “E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”, nota l’evangelista. Pietro, coinvolto da questa luce, prende la parola e propone di fare tre tende.
È chiaro il suo desiderio di restare lì in compagnia di Gesù, Mosé ed Elia. Ma viene interrotto da una voce -è questo il centro dell’avvenimento- che esce da una nube, anch’essa luminosa, che avvolge tutti: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Dalla nube che avvolge il Libro Santo delle Scritture è uscita anche per noi, come lo fu per Pietro, Giacomo e Giovanni, la voce del Signore. “Ascoltate il Vangelo!”, potremmo tradurre. È la Parola più preziosa, più chiara, più luminosa che il Signore ci ha donato. Pietro si accorge che quel Gesù che gli sta di fronte è molto più di quello che hanno compreso sino a quel momento. Quel Gesù, con il quale da tempo camminano assieme e magari ammirano per la sua bravura, quel Gesù è qualcosa di molto oltre rispetto a quello che avevano pensato. Si trovarono, quei tre, all’improvviso, come immersi in un’avventura più seria e più profonda di quanto pensavano.
Così è per noi e il Vangelo. Se lo accogliamo saremo trascinati in un’avventura nuova, più grande e più bella di quello che noi riusciamo a immaginare. Pietro prende la parola ed esclama: “È bello per noi essere qui!”. Vuole restare lì. Forse pensa che l’amore sia un attimo straordinario da vivere, solo un’avventura particolare da prolungare, un’esperienza totalizzante da cercare di conservare. Ma viene raggiunto da una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Sì, con il Signore l’amore non è un momento magico, ma un volto, un uomo, un incontro che cammina con noi. È il volto più umano, quello che ascoltiamo quando viene proclamato il Vangelo. È il suo corpo che si lascia spezzare per nutrire il cuore. È il volto umano, debole, concreto, che contempliamo nei poveri. Ed è davvero bello per noi godere di questa luce. È bello che i fratelli stiano assieme. È bello che gli anziani ed i giovani, i sani ed i malati, godano dello stesso amore. È bello perché nessuno può impadronirsene.
La Santa Liturgia è bella perché riflette la forza luminosa dell’amore di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che erano caduti a terra, come schiacciati dalla loro pochezza: “Alzatevi e non abbiate paura”. Infatti, la vita può diventare bella, piena di senso, luminosa come quella di chi vuole bene. Non abbiamo paura: il volto di quell’amico che è Gesù, che trasforma i cuori ed il mondo, resta con noi! Guardiamolo. Riconosciamolo. Ascoltiamolo. Cambiare la propria vita significa ascoltare lui e non le nostre ragioni e abitudini. Lui ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita. È luce d’amore che non finisce e che illumina i nostri occhi. Ed è una luce che si trasmette. Gesù “ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita”, scrive l’apostolo Paolo. Tutto risplende ed ha colore con l’amore. È bello contemplare il suo volto. È la bellezza di Dio. Bellezza dell’uomo amato e che ama. E la vita amata risorge.
Comunità di Sant’Egidio

Leggi anche i commenti nel sito  www.monasterodibose.it e nel sussidio per il periodo della Quaresima e di Pasqua della Cei “Svuotò se stesso” in www.chiesacattolica.it

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Lunedì 17 marzo 2014

Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Lc 6,36-38

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Martedì 18 marzo 2014

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabbì dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare guide, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mt 23,1-12

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Mercoledì 19 marzo 2014

Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.
Lc 2,41-51

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Giovedì 20 marzo 2014

Non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma. Ma Abramo rispose: Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi. E quello replicò: Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui replicò: No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».
Lc 16,19-31

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Venerdì 21 marzo 2014

A voi sarà tolto il regno di Dio

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Mt 21,33-43.45

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Sabato 22 marzo 2014

Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Lc 15,1-3.11-32

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