Il disabile e i baby bulli: due denunce

Santena – 2 febbraio 2015 – Di seguito i due articoli pubblicati ieri dal quotidiano La Repubblica relativi a baby bulli.

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Fonte: 1° febbraio 2015 – La Repubblica – Cronaca di Torino, pagina X – Titolo dei pezzi: Il disabile e i baby bulli: due denunce; Il padre: potevano andare in fumo anni di duro lavoro.

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Il disabile e i baby bulli: due denunce

SONO stati i carabinieri della compagnia di Chieri a porre fine alle vessazioni di un disabile ventenne, affetto dalla nascita da un disturbo cognitivo, che per mesi è stato preso di mira da alcuni bulli del paese. Sono stati denunciati alla procura dei minori per ingiurie e percosse un tredicenne e un quindicenne. A segnalare il caso erano stati i genitori della vittima, esasperati dai continui attacchi, verbali ma anche fisici, patiti dal figlio. Le indagini hanno coinvolto l’intera cittadina in cui abita il giovane, dalle scuole alla parrocchia, e alla fine sono stati individuati i due presunti responsabili. Secondo quanto ricostruito dagli uomini dell’Arma le aggressioni – con insulti, schiaffi, sputi, sgambetti – sarebbero state compiute davanti ad altri ragazzi, che però non sono stati ritenuti responsabili.

«Le prepotenze di questo tipo — avvertono i carabinieri — non coinvolgono solo i bulli e le vittime, ma anche gli spettatori, a seconda del loro comportamento, possono favorire o frenare il dilagare del fenomeno, sostenendo il bullo, difendendo la vittima o mantenendosi neutrali». I carabinieri hanno invitato chi fosse vittima o a conoscenza di episodi di bullismo a contattare il numero verde 800/669696 messo a disposizione dal ministero dell’Istruzione, attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19, a cui rispondono esperti del mondo dell’adolescenza.

(f. cr.)

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Il padre: potevano andare in fumo anni di duro lavoro

L’INTERVISTA

FEDERICA CRAVERO

«IO NON avrei voluto arrivare a tanto, ma loro non la smettevano, continuavano a insultare mio figlio e l’unico modo per fermare quei bulli è stato denunciarli. Non potevo lasciare che quattro ragazzetti distruggessero tutto il lavoro che avevamo fatto su di lui per rendergli la vita il più normale possibile». A parlare è il papà di Marco (il nome è di fantasia), un ventenne che soffre di un disturbo cognitivo dalla nascita e che da mesi era vittima delle vessazioni di un gruppo di adolescenti del suo paese.

Come sta adesso suo figlio?

«Meglio, ogni tanto tira fuori ancora qualche brutto ricordo di quel periodo, ma è più sereno. Ora va di nuovo in giro come faceva prima e non ha più paura di chi incontra. Anzi, chi lo attaccava adesso lo saluta: non so se davvero ha capito di aver sbagliato o se ha solo paura di finire di nuovo nei guai. Io spero che da questa storia abbiano imparato qualcosa».

Quando è iniziata tutta questa vicenda?

«L’anno scorso, intorno a giugno-luglio, forse anche prima. Mio figlio non ha amici in particolare, ma esce spesso da solo, tutti lo conoscono e gli vogliono bene. Va in giro per il paese, per strada, in piazza, all’oratorio. A un certo punto ha iniziato ad avere dei problemi con un gruppetto di ragazzi più piccoli che incontrava».

Che tipo di problemi?

«Lo insultavano, lo mettevano in mezzo per deriderlo, gli davano degli schiaffi, gli sputavano addosso. Un sabato sera gli hanno fatto lo sgambetto e lo hanno fatto cadere. Una volta a una festa qui in paese gli hanno preso il portafogli, poi dopo due ore glielo hanno fatto ritrovare, ma è stata un’altra umiliazione, un altro modo per prendersi gioco di lui».

E alla fine Marco ha trovato il coraggio di confidarsi con voi.

«Non alla fine: lui ogni volta che succedeva qualcosa tornava a casa e ce lo raccontava. In particolare si confidava con sua madre, le diceva tutto. A volte si trattava di episodi che possono sembrare di poco conto, ma generano moltissima sofferenza in chi li subisce. E ogni volta che succedeva qualcosa del genere, lui poi aveva delle reazioni psicosomatiche, non riusciva a dormire la notte, gli veniva mal di stomaco, non voleva andare a scuola».

Di cosa soffre Marco?

«È affetto da un disturbo cognitivo dalla nascita. A sei anni ancora non parlava e lo abbiamo sempre fatto seguire. Adesso ha un ritardo molto forte rispetto ai suoi coetanei, ma va a scuola regolarmente, abbiamo sempre cercato di renderlo autonomo perché avesse una vita dignitosa e non potevo permettere che qualche ragazzetto mandasse all’aria anni e anni di duro lavoro».

Marco era già stato vittima di bullismo in passato?

«Era accaduto quando aveva sei, sette anni, con dei compagni. Sembra incredibile, ma a quell’età ci sono bambini così svegli ma per altri versi così immaturi e così poco educati dalle famiglie da diventare cattivi verso i coetanei. Però ci eravamo lasciati alle spalle quegli episodi, per anni Marco è stato tranquillo, finché non sono spuntati questi ragazzi qui».

I ragazzi ritenuti responsabili di bullismo nei confronti di Marco hanno 13 e 15 anni. Aveva provato a parlare con loro, prima di andare di sporgere denuncia?

«Certamente. Tutti in paese li conoscono e più di una volta ho provato a farli ragionare. Loro mi sfidavano “Siamo minorenni, non ci puoi toccare”. Ma chi li avrebbe toccati? Volevo solo che la piantassero. Per un po’ la smettevano, ma poi ricominciavano».

Qual è stato il comportamento degli adulti in questa vicenda?

«I genitori dei due denunciati non si sono mai presentati da noi. Le famiglie degli altri ragazzi del gruppetto, invece, sono venute a parlarmi. Qualcuno mi ha chiesto scusa, non so se fossero parole sincere o se avessero solo paura che anche i loro figli fossero coinvolti».

Qual è stata invece la reazione del paese?

«Abbiamo ricevuto la solidarietà di tutta la cittadina. Addirittura ci sono state persone che ci hanno chiamato a casa quando hanno assistito a brutte scene di cui era stato vittima Marco e una volta un signore si è messo in mezzo per fermarli, perché aveva paura che gli facessero del male».

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Fonte: 1° febbraio 2015 – La Repubblica – Cronaca di Torino, pagina X – Titolo dei pezzi: Il disabile e i baby bulli: due denunce; Il padre: potevano andare in fumo anni di duro lavoro.