Matteo Caratto, matricola n° 25955, santenese, morto nel campo di concentramento di Mauthausen

Santena – 20 febbraio 2015 – Nell’ambito degli incontri dell’Unitre Cambiano Santena, il santenese Bruno Caratto ha raccontato la storia del papa Matteo, operaio Fiat, arrestato dopo gli scioperi del 1943,  internato e morto nel campo di concentramento di Mauthausen.

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L’iniziativa  dell’Unitre si è svolta martedì 10 febbraio scorso, alle ore 15,30, nell’aula magna della Scuole Medie, in via Tetti Agostino 31. L’incontro, relativo alla storia del territorio, aveva come tema “70 anni fa  1945 – 2015. Gli internati, i partigiani, i dispersi, i civili. Mauthausen”.

Di seguito la scheda preparata dall’Associazione Le radici, la memoria.

Matteo Caratto

Matteo Caratto_OKMatteo Caratto era nato il 18 maggio 1903 da Antonio e da Caterina Nota, a Sommariva Perno (Cn). Era il sesto di otto tra fratelli e sorelle di una famiglia di contadini che faceva molta fatica a sbarcare il lunario. Rimasti orfani dei genitori abbastanza presto, i cinque fratelli maschi si trasferiscono a Moncalieri, a metà degli anni venti, attratti dalle maggiori possibilità di lavoro. In effetti, alcuni di loro trovarono lavoro alla Fiat, che in quel periodo era in grande espansione. Matteo viene assunto dapprima nello stabilimento del Lingotto nel 1926, successivamente in quello di Mirafiori appena costruito. Non si era mai iscritto né al partito né al sindacato fascista perché non ne condivideva i principi e i metodi. Non era iscritto a nessun partito di opposizione (clandestini) ma era un antifascista dichiarato. In due occasioni i fascisti di Moncalieri, per le sue idee di libertà, lo puniscono costringendolo a bere l’olio di ricino. Dopo aver subito questi atti di violenza, presta più attenzione ma non pensa di essere in pericolo di vita, continua a professare la sua opposizione al regime fascista, ma senza atti concreti.

Matteo Caratto1Nel marzo del 1943 i partiti democratici – Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Socialista, Partito Repubblicano, Partito d’Azione, Partito Liberale ecc. – e la Confederazione Generale del Lavoro, tutti in clandestinità, ritengono siano maturate le condizioni per lo sciopero. Dopo una capillare preparazione, fatta di contatti personali, scambi di messaggi orali e volantini clandestini lasciati sui tram, nelle sale refezione, nei servizi igienici ecc. scatta l’ora x. Alle ore 10 del 5 marzo 1943 gli operai dell’Officina 19 fermano le macchine, il silenzio è assordante, mai si era sentito un silenzio così in pieno orario di lavoro. Danno così inizio al primo grande sciopero dopo 20 anni di regime fascista. Non è solo uno sciopero è la rottura definitiva del mondo del lavoro con il regime. Gli operai dell’officina 19 formano un corteo interno allo stabilimento e nell’arco di pochi minuti tutta la fabbrica si ferma. Le richieste sono: indennità di sfollamento per tutti; indennità di carovita; basta guerre vogliamo la pace.

La direzione FIAT fece intervenire i sorveglianti e squadre di picchiatori fascisti dall’esterno. La cosa non indusse gli operai a riprendere il lavoro anzi peggiorò il clima. Questa fu la prova che il fascismo non spaventava più né con la repressione né con l’olio di ricino, le bastonate e neppure con il terrore. Lo sciopero si estese alle altre fabbriche torinesi, poi a quelle della provincia di Torino, successivamente ad altre provincie, ad altre Regioni, fino ad estendersi in tutto il nord Italia. Era il preludio al 25 Luglio 1943 e alla caduta di Mussolini. Il regime fascista era ormai un corpo estraneo nella società Italiana.

Unitre_CambianoSantena2Vennero quindi la caduta di Mussolini il 25 Luglio, l’Armistizio dell’8 Settembre, la nascita della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione dell’Italia da parte delle truppe Tedesche. La Fiat fu costretta a produrre armamenti anche per le truppe di occupazione, cosa che provocò ancora la reazione dei partiti di opposizione e dei sindacati liberi (in clandestinità). Furono indette nuove forme di protesta culminate con gli scioperi del gennaio e febbraio 1944 e segnatamente del 1° marzo 1944. Il regime, Mussolini e i suoi gerarchi, non potevano accettare che la gente si ribellasse, perché sarebbero cadute tutte ragioni del regime stesso. Per dare una lezione a tutti gli oppositori, dagli elenchi dei dipendenti FIAT che avevano aderito allo sciopero ordinò 400 arresti naturalmente mirati a colpire gli oppositori del Regime che erano schedati. Uno di questi era Matteo Caratto, arrestato a Moncalieri, in Strada Genova, 275 a casa sua. Adesso noi immaginiamo che abbiano trovato Matteo mentre preparava esplosivi, armi varie e attentati.

No! Matteo era in cantina, stava travasando il vino da una damigiana nelle bottiglie. Non trovarono nulla, neppure volantini materiali di propaganda, cose vietate dal regime. Non gli diedero spiegazioni, non vi erano accuse contro di lui, ma era un oppositore del regime e tanto bastava per arrestarlo e portarlo via. Sua moglie Ermelinda non era in casa era al lavoro. Sua nipote Caterina, figlia del suo fratello più vecchio che abitava nei pressi di casa sua, lo vide portare via da due Repubblichini di Moncalieri, incatenato e con il mitra puntato alla schiena come il peggiore dei delinquenti, ma non poté parlargli. Tutti gli arrestati furono portati nelle “Carceri Nuove” di Torino, in Corso Vittorio Emanuele II, come delinquenti, e rinchiusi nei reparti speciali per detenuti politici e oppositori al fascismo.

Unitre_CambianoSantena1Il regime, non soddisfatto del loro arresto, decide per una punizione esemplare che facesse desistere tutti gli altri lavoratori dal manifestare contro il fascismo. Così nei giorni successivi furono riempiti dei convogli ferroviari e mandati nei campi di concentramento tedeschi. E’ chiaro che le persone stipate sui carri ferroviari come bestie non sapevano quale era la destinazione del loro viaggio. Dal giorno dell’arresto nessun famigliare ha potuto vedere o parlare con i congiunti arrestati tantomeno il giorno della partenza. Anzi i congiunti non sapevano della loro partenza, altrimenti si sarebbero recati a Porta Nuova. Di conseguenza nessun famigliare era a conoscenza della decisione del regime di trasferire i prigionieri.

Il treno in cui fu caricato Matteo, con altri 32 operai Fiat e altri detenuti, partì dal famigerato “Binario 17”, di Porta Nuova per destinazione ignota ai prigionieri. Dopo una notte di viaggio il treno si fermò a Bergamo era il 17 marzo 1944. Non sappiamo come, ma Matteo riesce a consegnare due pagine di quaderno scritte con lapis ad un/a signore/a che li fa recapitare alla moglie a casa sua, a Moncalieri. Le nostre ipotesi sono tre:
–1°) un ferroviere di servizio al convoglio o alla stazione di Bergamo abbia capito il dramma che si stava consumando e abbia fatto quello che poteva: permettere ad un oppositore prigioniero di comunicare con la famiglia.
–2°) Lo stesso capo guardia carceraria che Matteo cita nella lettera o una crocerossina possa aver aiutato Matteo.
–3°) Persone, civili, presenti sulle pensiline della stazione possano aver aiutato Matteo; come è raccontato in altri casi.
Non sapremo mai cosa è successo veramente alla stazione di Bergamo il 17 marzo 1944.
Ringraziamo chi ha avuto il coraggio di questa piccola azione umanitaria.

La lettera si è salvata e Bruno la conserva gelosamente come una reliquia, è l’ultimo atto d’amore verso la moglie e verso Bruno che è ancora nel grembo della mamma Ermelinda.

Il treno arriva a Mauthausen il 20 marzo 1944, con il suo carico di 564 Italiani tra cui: oppositori del fascismo, partigiani, scioperanti e semplici cittadini vittime di rastrellamenti nazifascisti. Tra di loro oltre a Matteo c’erano due persone che noi conosciamo; Raffaele Maruffi (Ferruccio) partigiano, sopravissuto al campo di sterminio ed oggi presidente onorario dell’Aned, Associazione nazionale ex deportati politici, e Giuseppe Griva, di Poirino, anche lui operaio Fiat, deportato per lo stesso motivo di Matteo e ucciso, probabilmente con una puntura di benzina, al cuore, uno degli ultimi giorni prima della liberazione del campo.

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Il testo integrale della lettera:

Bergamo, 17 marzo 1944

Cara Ermelinda.

Mi è rincresciuto tanto che non ti ho più potuto vedere come mi aveva detto quel capo guardia che tu dovevi andare a casa sua. Lui mi aveva messo in un posto che stavo bene, pulito e mi trattava bene, mi aveva fatto molto coraggio che uscivo presto e invece vedi il destino cha ha fatto di me. Stai tranquilla non pensare a me che io sto bene, ora mi trovo qui e siamo in partenza, non so dove, però dobbiamo passare una visita e spero sarò riformato, così tornerò presto con te.

Stai allegra mangia e bevi e non pensare a me, pensa piuttosto a tenerti da conto, tanto più per il nostro bimbo che deve nascere. Spero che prima che nascerà io sarò con te, stai tranquilla. Ti ho mandato a casa la tessera e i tagliandi dal capo guardia fatti prendere i soldi del cottimo da Cavaglia (?) Andrea cosi potrai tirare avanti. Per l’orto fattelo seminare da tuo padre.

Metti quello che vuoi. Per la roba che abbiamo a Ceresole guarda di fartela portare giù. Insomma fa del meglio che puoi. Io di salute sto bene mi faccio tanta forza. Sono con degli amici che andiamo tanto d’accordo. Quando torneremo te li farò conoscere. Fatti coraggio e non pensare a me che io sto bene. Salutami tutti i parenti e amici. Baci ai nipotini e Maresina. Bacioni cari a te e tutti. Oggi si parte per ignota destinazione. Ciao, sta allegra, forse un signore verrà a trovarti e ti darà dei soldi per un suo voto, l’ho trovato a Torino e si è preso compassione di noi, invece di darli alla Chiesa te li regala a te ciau.

Caratto Matteo

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Matteo Caratto, matricola n° 25955, morirà nel campo di concentramento di Mauthausen il 12 maggio 1944 (si presume) e fu cremato il giorno successivo. Bruno nasce il 3 ottobre 1944. Matteo morirà senza sapere che è nato il suo bambino. Bruno non conoscerà mai suo papà Matteo.

Santena, Associazione “Le radici, la memoria”