Santena, la leggenda del Frispolo

Santena – 13 giugno 2017 – L’8 luglio si terrà la prima “Sagra del Frispolo e della birra”. Molti si chiederanno cos’è questo Frispolo? Ne sa di più Mariella Allemandi, presidente dall’Associazione Santena E20.

La leggenda del Frispolo

ANTEFATTO Nei secoli il territorio santenese fu oggetto di contese e battaglie. Il 1029 fu l’anno in cui il territorio venne donato ai Canonici di Salvatore di Torino e l’atto venne convalidato in prima battuta da Enrico III e più tardi da Federico Barbarossa. In seguito nel 1311 vi fu il passaggio ai Conti di Savoia quindi ai Guelfi sotto la dominazione angioina.

Nel 1345 presso la Fortezza di Gamenario ci fu uno scontro tra le forze guelfe degli Angiò e quelle ghibelline del Marchese Giovanni II del Monferrato detto il Paleologo, che riportò la vittoria.

Nei decenni successivi molte lotte avvennero grazie ai Principi di Acaja di Casa Savoia che riuscirono a riconquistare il territorio. Ma le battaglie per conquistare Santena non terminarono, e l’alternanza di operazioni militari unite alla carestia del 1500, le inondazioni del Banna e del Po, la peste del XVI sec. contribuirono ad impoverire gli abitanti di quei luoghi.

Le campagne apparivano desolate e incolte, perché gli uomini venivano chiamati alle armi; le malattie decimavano le popolazioni, il cibo scarseggiava e la povertà e l’indigenza la facevano da padrone.

E’ proprio in questo contesto che si svolge la storia che andrò a raccontarvi.

In una piccola casetta ai margini del territorio che circondava la Fortezza di Gamenario, viveva una giovane fanciulla insieme alla sua mamma malata. Il suo nome era Caterina. Il padre e i fratelli erano stati chiamati alla guerra. Caterina era molto bella e nonostante la sua giovane età si occupava di tutto; della povera casa, del piccolo e misero orticello coltivato a cicorie e piantine aromatiche. La giovane si ingegnava ogni giorno per mettere insieme il pranzo con la cena. Andava nei boschi in cerca di miele, fragoline, more, asparagi selvatici e tutto ciò che poteva garantire la sopravvivenza a lei e  alla sua debole mamma.

Un giorno mentre si trovava all’esterno della sua casetta intenta a stendere il bucato, ecco che sul sentiero giunse un cavaliere in groppa al suo destriero. Era un nobile appartenente alla Casa Savoia, in quei giorni ospite presso la fortezza abitata dai Podestà. Abbagliato dalla bellezza di Caterina il giovane si fermò e chiese alla fanciulla di poter abbeverare il cavallo. Caterina gentilmente acconsentì e mentre l’animale si dissetava, il giovane cavaliere con modi educati chiese alla ragazza delle sue condizioni. Aveva notato immediatamente che seppur tutto fosse pulito e immacolato, la povertà regnava in quella dimora. Immaginò Caterina vestita di broccati e velluti e tra se e se si disse che se già era bella vestita di stracci, figurarsi lo splendore in ricchi abiti.

Chiacchierare con Caterina era molto piacevole ma la giornata volgeva al termine. Il giovane rimontò a cavallo e, consapevole di essere già innamorato, ritornò a malincuore alla fortezza. Non appena giunto a palazzo sentì le urla del Podestà che sbraitava con l’anziana cuoca. Aveva appena ricevuto missiva che di li a poco sarebbe arrivato alla fortezza Papa Martino I Colonna. Avrebbe sostato un giorno e una notte per permettere al suo convoglio diretto a Torino, di rifocillarsi e riposare.

In altre circostanze il Podestà sarebbe stato felice di ospitare una tale Autorità ma in quel periodo di magra, anche le dispense della fortezza erano misere: solo poca farina e qualche panetto di strutto che aggiunti alla scarsa abilità della vecchia cuoca, non avrebbero certo potuto soddisfare il fine palato di un Papa.

Immediatamente al giovane cavaliere tornò alla mente la bella Caterina. Ricordò che mentre chiacchierava con lei l’aveva vista preparare un impasto semplice ma   che una volta cucinato diffondeva un profumo squisito. Pensò che se avesse invitato Caterina alla fortezza per preparare i pasti sicuramente avrebbe reso felice il Podestà e salvato il buon nome dei Savoia suoi Signori. Inoltre lui stesso avrebbe potuto approfittarne per rivedere la ragazza.

Espose la sua idea al Podestà che subito acconsentì e diede ordine di mandare una carrozza alla piccola casa per prelevare Caterina. Naturalmente sulla carrozza c’era anche il cavaliere che appena giunto a destinazione spiegò la faccenda  a Caterina e la invitò a seguirlo al forte per cucinare. Le chiese altresì di portare con se gli ingredienti che le aveva visto impastare qualche ora prima.

Fu così che la fanciulla presa una cesta, la riempì con le poche cose di cui disponeva:  miele, qualche fragolina, more, un ciuffetto di cicorie, erbe aromatiche e asparagi selvatici. Infine salutò la mamma con la promessa di ritornare al più presto e salì sulla carrozza diretta alla fortezza.

Appena giunta a destinazione venne condotta dal cavaliere nella grande cucina e Caterina venne accolta dalla vecchia cuoca che brontolando si sedette su uno sgabello lasciando alla giovane l’arduo compito di  preparare la cena per il Papa che ormai era arrivato a Gamenario.

La ragazza versò della farina in una terrina e aggiunse un po’ di acqua e un pizzico di sale. Poi prese  lo strutto  nella dispensa e lo mise  in una pentola. Adagiò il tegame sulla fiamma scoppiettante del camino e quando lo strutto fu abbastanza caldo ci tuffò alcune cucchiaiate d’impasto. Attese alcuni  istanti e ne tirò su dei golosi bocconi dorati che vennero serviti ai commensali accompagnati da verdure saltate in padella.

Preparò lo stesso impasto per altre due volte. Il secondo, una volta cucinato fu servito con  asparagi selvatici, e il terzo che servì come dessert, con  i frutti del bosco  irrorato con gocce di miele.

Sicuramente per noi che oggi siamo abituati a pranzare lautamente, i piatti preparati da Caterina ci appariranno poveri e semplici, ma in quel periodo storico in cui le derrate alimentari scarseggiavano, si rivelarono una vera benedizione.

Papa Martino estasiato dalla prelibata cena, chiese di conoscere l’artefice di quelle delizie per ringraziarla personalmente. Caterina venne accompagnata nella grande sala e fu onorata di spiegare al Papa e ai nobili ospiti  che per deliziare il palato sono sufficienti pochi ingredienti e molta fantasia.

Il Podestà era molto felice del buon esito della cena e decise di darne merito anche al  giovane cavaliere di cui non abbiamo ancora svelato il nome. Frispolo, così si chiamava il ragazzo grazie al quale Caterina cucinò salvando l’onore dei Podestà e dei Savoia.

Fu così che Papa Martino volle chiamare quelle leccornie “ Frispoli”…Ma non finisce qui. A Papa Martino I Colonna non erano sfuggiti gli sguardi amorevoli tra Frispolo e Caterina; propose quindi loro di unirli in matrimonio. I due giovani acconsentirono felici e in quattro e quattr’otto venne organizzata una semplice ma bella cerimonia nuziale.

La mamma di Caterina venne trasferita alla fortezza e affidata alle cure di medici illustri. Il padre e i fratelli non tardarono a tornare dalla guerra e vennero assunti come stallieri nelle scuderie dei Podestà. Caterina divenne una delle dame più amate alla corte dei Savoia insieme al suo sposo cavalier Frispolo, e …inutile dirlo,  vissero tutti felici e contenti…

Mariella Allemandi
Presidente dell’Associazione Santena E20

**

www.rossosantena.it

Twitter @rossosantena