Santena per l’Unità d’Italia , puntata 89

SANTENA – 30 settembre 2017 – Per evitare che Torino e il Piemonte siano relegati nel sabaudismo, il Castello Cavour deve essere nelle Residenze Sabaude. Piazza Carducci come Lenola, Castrovillari e Puglia, e forse anche Basilicata, Campania, Sicilia, Molise. Senza scordare il referendum in Lombardia e in Veneto. La scritta firmata “Ci manda Pilone”.

1) Hanno ragione loro? Siamo davvero sicuri che gli autori della scritta “Garibaldi, Savoia, Cavour, Mazzini per l’Italia eroi per noi assassini” siano minoranza? A Santena, probabilmente, sì. Forse anche in Piemonte. Nel resto d’Italia, nell’Est, al Centro e nel Sud, la percentuale è più bassa. Da quando la crisi si è fatta seria, sparare contro Garibaldi, Cavour, l’Italia e l’Europa è una moda. E’ un assurdo gioco deresponsabilizzante e vittimistico. Nato nel Novecento. Cresciuto con la crisi della produttività degli anni Settanta. Oggi, patrimonio di vecchi e nuovi movimenti politici, non solo neoborbonici, che getta la colpa del malessere sugli altri. Su chi è venuto prima. Sulle generazioni che ci hanno preceduti.

2) Scritta insidiosa. Da una parte mette gli Italiani. Dall’altra, quel Noi, indica la voglia, delle supposte vittime, di ritornare, sotto il Regno o la Repubblica delle Due Sicilie. Nella sua insidiosità, la scritta fa parte di una precisa strategia comunicativa: attribuire solo alle truppe piemontesi e sabaude -in realtà erano carabinieri e militari dell’esercito italiano in cui militavano tante persone provenienti dal sud e dal centro- i disastri della guerra al brigantaggio. Una guerra che vide contrapposti i soldati italiani e il brigantaggio filo borbonico, nel periodo 1861-1865 e anni successivi. La scritta è un’offesa verso i veri padri della Patria: i nostri antenati di 150 anni fa. Coloro che hanno fatto la fortuna delle generazioni post-risorgimentali, lasciando una ricca eredità a quelle cresciute dopo la seconda Guerra mondiale. Una fortuna che noi eredi e percettori di rendite non abbiamo saputo mantenere.

3) Se hanno ragione loro? Se una notte scrivessero “Nonni, bisnonni, trisavoli, madrine e padrini, per l’Italia eroi per noi assassini” diresti che gli autori sono matti. Scrivendo “Garibaldi, Savoia, Cavour, Mazzini per voi eroi per noi assassini” dicono più o meno la stessa cosa, ma l’effetto è diverso. Molti ingenui sono tentati di dar loro ragione. E non c’è da stupirsi. Perché nella cultura e nella scuola italiana si è volutamente fatta un’opera di deprivazione della memoria che ha cancellato la storia del difficile e complesso processo culminato con l’Unità d’Italia. Così molti sono convinti che quei quattro da soli abbiano fatto davvero l’Unità d’Italia.  In realtà Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II, cui andrebbe aggiunto perlomeno Rosmini, sono dei semplici simboli. Simboli in cui sono sintetizzate le idee che sostennero l’azione e il sacrificio della maggioranza degli Italiani che combatterono per l’indipendenza e per lo Stato unitario. Le loro idee erano diverse, perché differenti erano gli interessi dei ceti che lottavano per la separazione dei poteri tra lo Stato e la Chiesa e per liberarsi dalla fame, dai soprusi, dagli stenti e dalle ingerenze straniere.

4)Sbagli da entrambe le parti. Dire che allora, nel Sud e altrove, soprattutto dopo l’improvvisa morte di Camillo Cavour, non si fecero errori è sbagliato. Dire che fu solo una carneficina, è un insulto al buonsenso. Dire che era meglio l’Italia divisa in dieci staterelli, è anacronistico. Caso mai si dovrebbero analizzare i successivi periodi storici per verificare perché e come il Sud è stato penalizzato. Per farsene un’idea sarebbe utile confrontare il livello di vita delle generazioni che si sono susseguite nelle nostre famiglie di emigranti e di immigrati, da allora a oggi.

5) Ci manca Pilone. Ma chi era? E’ una persona che dal 1844 fino alla morte nell’ottobre 1870, pochi giorni dopo la Presa di Roma, è sempre stato al servizio dei Borbone e della parte più retriva del clero romano. Iniziò la carriera militare combattendo proprio il brigantaggio antiborbonico in Calabria, sulla Sila e in Aspromonte. Nel 1848 lottò contro i liberali napoletani che volevano la Costituzione, nuovi diritti e doveri, e moderne istituzioni. Nel 1849 era tra coloro che affossarono la Repubblica Romana, poi passò a combattere i Siciliani che non volevano stare sotto il Regno di Napoli. Combatté anche contro i Garibaldini a Calatafimi. All’inizio del 1861, caduto Re Francesco II di Borbone, passò nelle file dei nemici dell’Unificazione. Al comando di una banda ben organizzata e sostenuta dai Borboni e dai loro sostenitori iniziò a compiere azioni contro il nascente stato unitario, diventando a tutti gli effetti un famoso e temuto brigante.

 6) Santena non è retorica. La Puglia, Lenola, Castrovillari e in chissà quante altre istituzioni dell’Est, Sud e Centro Italia veleggia una distorta idea di chi, del perché, per cosa e come si è realizzato il processo culminato con l’Unità d’Italia. Il discorso vale per il Centrosinistra, per il Centrodestra come per le estreme sinistra e destra. Stupisce piuttosto che in questa omologazione siano finiti anche i 5 Stelle. Visto dall’osservatorio di Santena, tutto ciò indica il ritardo culturale accumulato nel corso di anni in cui si sono sistematicamente accantonati lo studio e la conoscenza dell’opera condotta dei ceti sociali che parteciparono al Risorgimento. L’incapacità di aggiornare la lettura della formazione di uno Stato unitario, nato a metà Ottocento, in pieno imperialismo e colonialismo, nel cuore del Mediterraneo e di una Europa ormai intrisa di nazionalismo centralista, impedisce di analizzare seriamente la storia italiana.

7) Torino, Piemonte e Italia datevi una mossa. Tutti e tre hanno grosse responsabilità, verso i loro abitanti di antica e più recente immigrazione. Rossosantena prima di altri, poi il Corriere della Sera e oggi “Il Venerdì di Repubblica”, stanno seguendo con preoccupazione l’evoluzione della situazione. Alla quale per ora solo l’Associazione Amici di  Camillo Cavour di Santena e la Fondazione Cavour dedicano la dovuta attenzione. Dimostrazione di quanto sia urgente che Torino, il Piemonte, l’Italia e l’Europa garantiscano la conclusione dei lavori di ristrutturazione del Museo Cavouriano, riconoscendone il valore culturale, storico e di luogo primario della memoria patria. Un valore che dà un senso compiuto alla Residenze Sabaude, tra le quali deve essere incardinato il Castello Cavour di Santena.

Gino Anchisi, da Santena, la città di Camillo Cavour, 30 settembre 2017.

**

www.rossosantena.it

Twitter @rossosantena