Santena, l’Arma dei carabinieri durante la Resistenza in Piemonte: la sorte dimenticata del carabiniere Giuseppe Musso

SANTENA – 25 aprile 2018 – “L’Arma dei carabinieri durante la Resistenza in Piemonte: la sorte dimenticata del carabiniere Giuseppe Musso”. Questa la tesi di laurea presentata, ieri sera, in biblioteca, dal santenese Alessandro Mantione, maresciallo.

L’incontro è stato organizzato dalla biblioteca civica Enzo Marioni, dalla cooperativa Mirafiori e dall’associazione Le radici, la memoria. Alessandro Mantione, santenese, maresciallo dei Carabinieri, in servizio a Genova. Nel  giugno scorso ha terminato il corso di formazione a Firenze con una laurea triennale all’Università degli studi di Roma Tor Vergata, Facoltà di Giurisprudenza, Corso di laurea in scienze giuridiche della sicurezza, con questa tesi: “L’Arma dei carabinieri durante il periodo della resistenza in Piemonte. La sorte obliata del carabiniere Giuseppe Musso”. Alessandro Mantione ha detto: «Ero indeciso sull’argomento per la tesi. Nel novembre 2016 partecipai alla presentazione di un libro di Andrea Galli, giornalista del Corriere della sera,  dal titolo “Carabinieri per la libertà”. Mi ha fatto aprire gli occhi. Il volume presenta una ricca selezione di storie che legano carabinieri, guerra partigiana e resistenza. Mi sono ricordato del monumento sul ponte che Santena ha dedicato al carabiniere e partigiano Giuseppe Musso. Mi sono informato. L’associazione Le radici, la memoria, mi ha dato una mano. Ho scritto la tesi di laurea, dove, nella prima parte mi occupo dell’Arma nella Resistenza, in generale. Nella seconda racconto la vicenda di Giuseppe Musso».

Alessandro Mantione ha informato: «Giuseppe Musso nasce a Santena, il 15 gennaio del 1922. Sullo sfondo c’è l’ascesa del Fascismo. Nel 1935 termina le elementari e aiuta i genitori che hanno una attività commerciale. All’età di 14 anni trova lavoro a Torino, in una carpenteria meccanica. In seguito Giuseppe Musso si arruola nei Carabinieri. Il 5 ottobre del 1940 prende il tranvai e va a Torino, dove varca la soglia della Caserma Cernaia. Alla visita medica risulta idoneo. Comincia il corso di formazione che termina il 5 dicembre: viene promosso. Il 7 gennaio del 1941 viene assegnato alla caserma di Vico Canavese. La guerra incombe. Arriva la campagna di Russia. Giuseppe Musso torna a Torino e, dopo una fase di esercitazione, viene assegnato in Croazia, con compiti di polizia militare. Un ruolo che trova monotono, così si offre volontario, per la Russia. Il 6 agosto 1942 parte per il fronte Russo. Un viaggio in treno che dura settimane. Passa la Germania, la Polonia e arriva in Russia sul bacino del Don, dove ci sono le truppe italiane schierate. In  Russia patisce il freddo, la sete e la fame. Subisce gli attacchi dei partigiani russi. Ha grande spirito di osservazione, si accorge che qualcosa non va e che i tedeschi hanno avviato la deportazione degli ebrei. Nel viaggio in Germania ci arriva il 10 agosto 1942. Vede un Paese ben diverso da quello presentato dai cinegiornali dell’Istituto Luce. Si soffre la fame. In Polonia nota donne ebree con la stella cucita sui vestiti. Attraversa una Varsavia distrutta. Vede i primi campi di concentramento che erano presentati come campi con prigionieri di guerra: le persone rinchiuse erano invece deportati ebrei. In Ucraina è impegnato nella scorta dei convogli. E’ testimone oculare di eccidi, con uccisione di migliaia di ebrei, mitragliati direttamente nelle fosse. Con gli italiani ricopre i cadaveri di terra».

Alessandro Mantione ha aggiunto: «Sono tutte notizie che ritroviamo sui diari tenuti da Giuseppe Musso, andati in gran parte perduti nell’alluvione del 1994. Tornato dalla Russia, dove l’Italia lascia 90mila caduti, viene assegnato a Castelletto Ticino, zona dell’alto Piemonte dove l’attività partigiana era molto intensa. Dopo l’8 settembre i tedeschi iniziano a deportare i carabinieri. Giuseppe Musso torna a Santena e si unisce alla formazione partigiana comandata da Vittorio Negro, capitano di fanteria che operava sulle colline del chierese con Chelino Pollone, vice comandante della formazione partigiana e Giovanni Tosco. Combattono fascisti e tedeschi nell’ottava zona del Piemonte. Giuseppe Musso aveva due soprannomi: Tom e Lasò. Chelino Pollone gli chiede di aderire alle formazioni partigiane di Moncucco. Dalle colline i partigiani colpiscono le autocolonne dei tedeschi diretti verso Torino. I partigiani sono una spina nel fianco dei tedeschi. A Chieri ci sono le SS e una brigata nera di fascisti. Musso è molto attivo, conosce l’uso delle armi. Ha esperienza di guerra. E’ un coraggioso. Il 1° settembre 1944 diventa sottotenente; comanda un battaglione di 120 uomini. Appena può torna sempre a Santena in bicicletta, a trovare la famiglia. La mattina del 28 ottobre 1944, Giuseppe è pronto per tornare da Santena a Moncucco. Tardano la partenza per salutare zia Pina. Partono verso le 8,30. Sono in bici, sono diretti a Poirino, Riva presso Chieri e Castelnuovo per arrivare a Moncucco. Nella notte c’è stato un rastrellamento dei tedeschi alla caccia di partigiani e di armi. Quella mattina, per la strada Giuseppe Musso si accorge che un mezzo dei tedeschi è rimasto indietro. Con il compagno Bruno lo attacca e cattura quattro tedeschi. Con il mezzo e i prigionieri arrivano fino a Moncucco. Lì, improvvisamente, vengono circondati da un presidio di milizia fascista. Bruno scappa. Giuseppe viene catturato. I fascisti lo portano a Chieri e lo torturano. Giuseppe non parla. I fascisti lo consegnato alla SS che lo portano a San Raffaele Cimena.  Pollone e Negro trattano e propongono uno scambio con un graduato tedesco prigioniero. I tedeschi dicono che Musso è agonizzante. In realtà Musso, dopo le torture, viene legato a un mezzo militare e trascinato per il paese e finito con una raffica di mitra. Il suo corpo viene consegnato ai partigiani che lo portano all’asilo. E’ sfigurato e irriconoscibile. Si risale al nome grazie a una foto che ha in tasca. Giuseppe Musso, Tom, Beppe, carabiniere, partigiano, è stato ucciso a 22 anni. Pietro Varvello, commerciante di vini santenese viene a casa Musso e dice al padre che il figlio non sta bene e ha chiesto di andare a prenderlo.  Il padre con Varvello va a Moncucco. Suor Serafina fa vedere al padre il corpo di Beppe, che viene tumulato nel cimitero di Moncucco. Tanti partigiani sono stati sepolti così, senza funzione per non insospettire fascisti, tedeschi e spie. Il padre torna a casa e riferisce la triste notizia alla famiglia. La madre non si riprenderà più dalla notizia del figlio martirizzato. Gli resterà la giubba lacerata dai proiettili e macchiata di sangue, che vorrà accanto al suo corpo, nella bara».

Il maresciallo Alessandro Mantione, ha proseguito: «Il corpo di Beppe Musso rimane a Moncucco fino al giugno del 1945 quando il capitano Negro, diventato sindaco di Santena, porta nel cimitero di Santena il corpo di Giuseppe Musso e quello di Giovanni Tosco, ucciso a Riva presso Chieri, appena 12 giorni prima della Liberazione. Giuseppe Musso, il 4 aprile 1946, la presidenza delal commissione regionale piemontese gli riconsoce la qualifica di partigiano caduto. Il 15 marzo 1971 gli viene assegnata la medaglia al valore, alla memoria. Il 5 novembre il ministero comunica alla famiglia Musso la notizia della medaglia per il figlio. Nel maggio 1962, a Torino si svolge la cerimonia solenne. Quel giorno l’amministrazione comunale santenese non si presentò. Un segno di come la memoria si stava perdendo».

Questa la motivazione della medaglia: “Già carabiniere in servizio, entrava all’armistizio nella Resistenza e partecipava a numerose e ardite azioni, sempre distinguendosi per il suo valoroso comportamento. Nel corso di un duro rastrellamento avversario, attaccava, con altro commilitone, una autocorriera nemica, catturando il mezzo e i quattro uomini a bordo. Circondato improvvisamente da soverchianti forze nemiche, catturato, veniva sottoposto a torture, ma nulla svelava che potesse nuocere alla causa partigiana. Per cui il 28 ottobre 1944 venne barbaramente trucidato a Gassino Torinese”. La serata si è chiusa con la proiezione di un video, risalente al 5 giugno 1980, con un discorso del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che fu partigiano in Albania e poi nelle Marche.

Nel suo breve indirizzo di saluto il sindaco Ugo Baldi, rivolgendosi ad Alessandro Mantione ha detto: «Intanto siamo orgogliosi perché sei un santenese e quindi un amico. Sei un maresciallo dei carabinieri che oggi ha raccontato a molti santenesi molte cose che loro non sapevano sulla storia della nostra città. La vicenda di Giuseppe Musso, tramite le ricerche dei volontari dell’associazione Le radici, la memoria, è finita in questa tesi di laurea. Il lavoro che hai fatto è importante per tutta la nostra città. Questa sera hai fornito molte informazioni su Giuseppe Musso. Una serata importante e straordinaria ancor più perché oggi siamo alla vigilia della ricorrenza del 25 aprile. E’ importante far arrivare la storia di Giuseppe Musso nella aule degli studenti santenesi dell’Istituto comprensivo. Il futuro è nelle mani dei giovani. Sarebbe importante riuscire a divulgare questa storia ai nostri giovani».

Gianni Gaude, presidente dell’associazione Le radici, la memoria, ha ricordato. «Margherita, la sorella di Giuseppe Musso, si può dire che ha passato la sua vita per ricostruire le vicende del fratello.  Quando l’abbiamo conosciuta abbiamo fatto una sorta di giuramento con Margherita. Non abbandonare questa storia. Promuovere qualsiasi iniziativa che fosse utile a ricostruire e tenere viva la memoria di Giuseppe e dei tantissimi giovani santenesi che hanno dato anni e financo la vita per la Libertà. Infatti a Santena tanti giovani, ragazzi di 18 anni, sono partiti in guerra e tornati a casa solo dopo 8 anni e 4 mesi. Un servizio militare durato 8 anni. Oggi sono cose considerate folli, ma allora succedeva questo». «In questi anni con Margherita noi abbiamo mantenuto fede a questo patto – ha detto Gianni Gaude –. E siamo sicuri che in questo momento Margherita dal cielo ci ascolta e ci vede. Ed è lì che piange. Come faceva con noi quando andavamo a trovarla per mettere insieme, riordinare e legare le cose che riuscivamo a portare alla luce della vicenda di Giuseppe Musso. Documenti di archivio, ricordi di persone anziane, testimonianza di persone. Tante piccole cose che ci hanno consentito di riportare alla luce la storia di Giuseppe Musso».

Il sindaco Ugo Baldi ha ripreso: «Dopo tanti anni, grazie al prezioso e insostituibile lavoro di ricerca dell’associazione Le radici, la memoria, al carabiniere e partigiano Giuseppe Musso abbiamo intitolato il ponte lungo via Cavour, sul torrente Banna. Un punto cittadino dove Giuseppe Musso viene riconosciuto e ricordato. Un ponte non toglie il dolore ma è il giusto riconoscimento della sua testimonianza, pagata con la vita. Il cippo a lui dedicato credo possa essere considerato un orgoglio di tutti noi». Gianni Gaude ha detto: «Purtroppo negli anni  perdiamo i preziosi pezzi di memoria. Gli anziani muoiono e si portano via i ricordi che custodiscono. Ecco perché è importante riuscire a recuperare tutto il possibile prima che scenda l’oblio. Ecco perché è importante che la storia di Giuseppe Musso sia diventata una tesi di laurea. Dietro l’associazione Le radici, la memoria ci sono tanti volontari. Io ci metto la faccia, ma dietro di me ci sono Luisella, Elio, Caterina, Bruno, Gianfranco e molti altri ancora. Siamo in tanti. E ognuno contribuisce. Senza l’operato corale di tutti non avremo certo potuto portare avanti lo straordinario lavoro di ricerca compiuto in questi anni. Un grande lavoro di ricerca che divulghiamo a partire dalle scuole cittadine e non solo».

Giovanni Esposito, Maresciallo capo della caserma cittadina, ha detto: «Rivolgo i complimenti al collega per la presentazione della tesi che ha per oggetto Giuseppe Musso. Ci ha fatto proprio bene, appena prima del 25 aprile, richiamare l’attenzione su questi sacrifici compiuti da persone quali Giuseppe Musso che hanno combattuto e hanno dato testimonianza e sacrificato la loro vita per consegnarci la libertà che oggi abbiamo tutti quanti». La serata si è chiusa con il monito del sindaco Ugo Baldi: «Non bisogna mai abbassare la guardia. Da quando abbiamo posato il monumento più di una volta è stato profanato, vituperato con insulti e imbrattato con vernici. A Santena e dintorni ci sono persone che sono ben lontani dai concetti di democrazia e libertà. Io lo dico sempre: tutto quello che abbiamo oggi non è scontato. L’anti-democrazia è sempre in agguato. Che senso ha accanirsi sulla memoria di Giuseppe Musso, un ragazzo di 22 anni. Pensiamo ai nostri figli e pensiamo alla fine terribile di Musso, carabiniere e partigiano. Eppure c’è chi si diverte a profanare il monumento sito a lato del ponte. Ecco perché non bisogna mai abbassare la guardia. La libertà va difesa tutti i giorni». Le parole del sindaco Ugo Baldi sono state sottolineate da un applauso generale.

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Audio integrale della parte della relazione del maresciallo Alessandro Mantione relativa a Giuseppe Musso:

 

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