Santena, la TAV come la FIAT. Attenti alla plastica. Puntata 129

SANTENA – 7 luglio 2018 – Non c’è buon vento per chi non sa dove andare. Nel 1978-80 Torino e dintorni non ha fatto il salto che nel Settecento gli Illuministi, nell’Ottocento Cavour e nel Dopoguerra i grandi europeisti hanno realizzato. Torino sulla TAV non deve farsi fregare. La direttrice Spagna-Francia-Mediterraneo-Pianura Padana- Balcani-Via della Seta conviene agli Europei, agli Italiani ai Piemontesi, Liguri, Padani e Friulani.

 

1) Dimensioni Fiat 1979. Dati Italia ed estero. Gruppo Fiat: Italia 283.700+ 74.000 altri Paesi, Totale mondiale 357.700, di cui: Fiat Auto, 141.200+27.600=168.800. Veicoli industriali, 32.200+26.700=58.900. Componentistica, comprese Stars, Ages, Aspera, Lubrificanti: 37.000+150=37.150. Operai 268.400, impiegati 85.800, dirigenti 3.500. Fatturato 17.300 miliardi di lire. Autoveicoli prodotti 2.275.000, di cui 1.310.000 in Italia.

 

2) 1978, Quarant’anni fa. Erano passati solo 10 anni dal mitizzato ’68. Torino si preparava ad affrontare una battaglia che vide tutti perdenti. La Fiat e l’Italia, simboli mondiali della produttività postbellica e del boom economico, non riuscivano a tenere il passo con i tempi.  Italia’61, l’esperienza olivettiana, il Concilio Vaticano II, il processo di costruzione dell’Unione Europea, la realizzazione di Togliattigrad, l’istruzione di massa, la crisi energetica non furono in grado di concretare il salto di qualità verso la responsabilità individuale, la libertà e la democrazia postulato dall’Illuminismo. L’incontro tra il lavoro e la produzione, tra il lavoratore e l’imprenditore, fallì per i limiti di un partitismo incapace di far compiere al Paese il passaggio politico verso la produttività del sistema. Operazione necessaria all’Italia per concorrere nel nuovo assetto globale e per dare un ruolo a tutti i lavori, compresi quelli manuali.

3) 1978 dopo Moro. Torino inconsapevolmente voltava pagina. L’antica città romana, capitale ducale e reale e industriale constatava l’indifferenza nel riconoscere, nella combinazione del lavoro con la produzione, la fonte di generazione della ricchezza del Belpaese. L’esubero di personale e la competizione mondiale richiedevano più produttività e cioè la ricombinazione tra lavoro e produzione, l’alleanza tra produttori. Prevalsero invece le logiche suicide dell’assistenzialismo di Stato, della svalutazione della lira, del ricorso al debito pubblico. Nel 1979, in un contesto ormai diverso da quello del Dopoguerra, in Fiat fu raggiunto il massimo livello mondiale di personale: 357.850 dipendenti, 2.275.000 autoveicoli, di cui solo 1.310.000 costruiti in Italia. Sul mercato italiano delle autovetture Fiat contava per il 51%, in Europa per il 12,6. L’inflazione era enorme, troppe erano le giornate di lavoro perse per scioperi e Cassa Integrazione. I modelli su cui si puntava erano la Panda e la Delta. La Uno arriverà solo nel 1983, la Punto nel 1993, mentre la Golf entrava in produzione già nel 1974. Bisognava fare accordi con i Francesi o i Tedeschi. La situazione era insostenibile. A ottobre la battaglia sul controllo della fabbrica iniziò con i 61 licenziamenti. Il 28 giugno 1980 venne approvato il bilancio consolidato del gruppo Fiat. A settembre, ci fu l’annuncio della Cassa integrazione per 23.000 lavoratori e il licenziamento di 14.000. Il Sindacato, con in testa i metalmeccanici, e il PCI di Berlinguer scesero in campo. Iniziava una lotta, durata 35 giorni, che avrebbe visto tutti i contendenti uscire sconfitti. I cancelli della FIAT furono bloccati dai picchetti. Da tutta Italia, in un singolare rituale, arrivarono delegazioni a dare una mano agli scioperanti.  Nel frattempo il mercato e gli equilibri globali erano cambiati e la Fiat e l’Italia erano fuori dal nuovo contesto. Intanto il terrorismo, Brigate Rosse e Prima Linea, con una scala temporale scioccante, picchiava forte. Il 16 marzo 1978 Aldo Moro veniva rapito e poi assassinato. Il 21 settembre 1979 i terroristi uccidevano Carlo Ghiglieno, responsabile della logistica Fiat. Nel 1980 i quadri e i dirigenti Fiat erano sotto costante minaccia. La fabbrica onnipotente si rivelava ingovernabile. Le colpe erano anche di un gruppo dirigente aziendale non all’altezza della sfida produttiva industriale tra le case automobilistiche europee. Il 14 ottobre 1980 la Marcia dei Quarantamila poneva fine a quella assurda situazione. Da allora il declino della FIAT è stato inesorabile.

 

4) TAV: attenta Torino! La colpa d’aver voluto l’Unità d’Italia rischia di abbattersi nuovamente su Torino. Il furore trova nuovo alimento. Guai a cadere nella trappola. Nel numero 125 di Santena e Dintorni se ne parlava in dettaglio. E, come volevasi dimostrare, in questi giorni dal Governo Conte viene una nuova pensata. “l’alta velocità Genova-Milano è strategica per il Paese, la Torino-Lione forse conviene di più alla Francia”. Una balla colossale. I lombardi e i veneti, germanofili e austriacanti, sono accontentati. I due tunnel lombardo-svizzeri, del Gottardo e del Lotschberg, e quello veneto-austriaco del Brennero sono senza competitori nel traffico padano, alpino e nord-europeo. Con la scusa che la Torino-Lione converrebbe di più ai Francesi si cerca di sabotarne la realizzazione, tanto la responsabilità cadrà sui Grillini. Il nostro CONTE, Camillo Cavour, è sempre più preoccupato.

5) Chi vuol male al Piemonte? La TAV è strategica. Lo sanno bene i neonazionalisti della Lega. In ballo c’è la geopolitica europea, mediterranea e germanofila. Non è dunque il caso di fare i furbi, manipolando le notizie. La TAV conviene all’Italia e all’Europa non germanofila. Conviene dunque anche al Piemonte. In particolare all’Ovest Piemonte che orbita intorno a Torino e alla sua Città Metropolitana. Per Torino e dintorni essere sulla direttrice europea è una questione di centralità o di marginalità nella costruzione delle future fortune dei territori e delle comunità. Per questo bisogna evitare l’inganno e l’indifferenza. Non già di chi è ancora schierato con i NO-TAV. Ma di chi sostiene altri progetti e altre direttrici che favoriscono smaccatamente l’asse lombardo-veneto-germanico puntando sul monopolio del collegamento diretto Suez-Mediterraneo-Porto di Genova-Alessandria-Baviera e sull’asse Adriatico-CentroSud Italia-Austria.Due direttrici che, se non corrette con il Tunnel del Frejus e con la Tav Torino-Lione taglieranno fuori il Piemonte dalle direttrici dello sviluppo e impediranno alla Pianura Padana di essere asse di collegamento internazionale est-ovest, dalla Spagna ai Balcani dai quali arriveranno i treni della Seta.

6) Attenti alle balle. “La TAV conviene ai Francesi”. Così dicono spudoratamente quelli che vogliono favorire l’asse dell’Alta Velocità con il Nord Europa, incentrato su Milano e sul Brennero. In verità la TAV Torino-Lione non conviene più di tanto ai Francesi come già non conveniva nell’Ottocento quando fu realizzato il primo tunnel dell’alta velocità nei collegamenti tra Italia ed Europa. Camillo Cavour e i nostri antenati suoi contemporanei ben lo sapevano. Da discendenti dei Romani, delle orde barbariche e del Rinascimento conoscevano, chi più chi meno, l’importanza della geopolitica. Sapevano che i Francesi, avendo il Porto di Marsiglia, non volevano un’opera che avrebbe favorito lo sviluppo del Porto di Genova, loro potenziale concorrente. Un concorrente fin allora limitato dall’essere collegato solo con la Pianura Padana, anzi solo con la parte occidentale-piemontese perché quella centro-orientale era in mano agli Austriaci. Cavour e i nostri antenati furono lungimiranti. La costruzione del Tunnel comportò, insieme al collegamento sulla direttrice mondiale, tanta innovazione tecnologica che ha fatto la fortuna del Belpaese e del Piemonte per tanti anni.

7) Plastica bandita. In Olanda, ad Amsterdam, il 28 febbraio u.s., è stato inaugurato il primo reparto di supermercato senza plastica al mondo. Gli imballaggi di plastica sono banditi e non è utilizzata nemmeno per la costruzione del reparto stesso. Asparagi, ortaggi, frutta, pane, latte, yogurt, riso, pasta, carne, snack, tavolette di cioccolato, più di 700 prodotti, sono venduti sfusi o con imballaggi in vetro, metallo, cartone o materiali compostabili. E’ il primo di 74 punti vendita che la catena di supermercati biologici Ekoplaza allestirà entro l’anno. Un importante trampolino di lancio verso un futuro migliore. Trampolino sul quale in prima fila c’è l’Italia, dopo aver vietato l’uso di sacchetti di plastica non compostabile e con la decisione di vietare i cotton fioc dal 2019.

Gino Anchisi
da Santena, la Città di Camillo Cavour, 7 luglio 2018.

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