Quando Camillo Cavour mandava al diavolo il Re. Mattarella, asparagi e Livorno. Puntata 155

SANTENA – 19 gennaio 2019 – Campagna 2019 dell’Asparago. La GDO (Grande Distribuzione Organizzata) della zona promuove il prodotto del territorio, speriamo sia vero. Camillo Cavour non era un ministro qualunque. Lettere da “Epistolario, Volume diciassettesimo, 1860, **. Leo S. OLSCHKI Editore”.

1) Assemblea Asparagi. In attesa del bel tempo, e cioè che nevichi o piova, lunedì 21 gennaio, nella sala del Consiglio Comunale si riuniscono i coltivatori dell’Associazione Produttori Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto per la loro assemblea annuale. Discutono del programma di attività per la Campagna 2019 e delle iniziative promozionali per certificare qualità, salubrità, freschezza e bontà del Re della tavola di primavera. Chi vuole iscriversi all’Associazione può telefonare al 347 0570302.

2) Punto-SiMPLY-La Bottega. Bella l’idea di inserire l’Asparago di Santena al mese di marzo del calendario 2019.  Complimenti ai commerciali. L’avessero messo ad aprile si sarebbero persi i giorni preziosi di inizio stagione. Complimenti ai pubblicitari, per la preziosa, documentata ed efficace presentazione del prodotto. C’è da sperare che, al momento della vendita, sia garantita la provenienza dell’asparago. Una garanzia che i coltivatori dell’Associazione Produttori Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto sono in grado di assicurare ai consumatori grazie al loro lavoro, al marchio di qualità, alla certificazione di tracciabilità e alla vendita diretta in a tempo zero .  

3) Livorno è cavouriana. Livorno non è solo il porto del Tirreno, concorrente di Genova, molto interessato alla costruzione del Terzo Valico e del Nuovo Tunnel del Frejus.  Non è solo la città del 1° Premio Nazionale Camillo Cavour 2007, Carlo Azeglio Ciampi. Non è solo la città dove è vissuta lungamente, assistita dalla famiglia Sgarallino, la terza moglie di Giuseppe Garibaldi, la povera contadina astigiana Francesca Armosino, cameriera a Genova e balia del quarto figlio di Teresita Garibaldi in quel di Caprera. Non è solo la terra di Costanzo Ciano –padre di Galeazzo, il genero “fucilato” di Benito Mussolini– cui fu intitolata Via Torino, dal 1939 fino alla caduta della dittatura. Livorno è pure terra cavouriana perché ha dato sepoltura alla nonna materna di Camillo Cavour. Attenzione non si tratta della famosa Filippina di Sales, savoiarda, nonna paterna sepolta a Santena, bensì di Anne Marie Susanne Victoire Montz, ginevrina e calvinista, mamma di Adele de Sellon, la madre di Camillo Cavour.

Sergio Mattarella

4) Cavour manda al diavolo il Re. Sergio Mattarella, il Presidente, sarà confortato. Ogni tanto, esagerando, gli dicono male parole. Nulla a che vedere con quelle che Cavour scrisse, con molte ragioni, a proposito di Vittorio Emanuele II. Non sappiamo se Camillo ebbe tempo di pensare alla nonna in quei frenetici e nervosi giorni dell’aprile 1860, quando accompagnò il Re nella visita ufficiale a Firenze. La gente era entusiasta. Lungo le strade tutti applaudivano. Ma il Re, non più monarca, non fece che attaccare briga con il Primo Ministro. Testimoni Isacco Artom, il segretario particolare di Cavour e Bianca Ronzani, l’amica di Camillo, collocata nella sua villa alle vigne di Torino, dietro la Villa della Regina. Spettatore, Luigi Carlo Farini, Ministro dell’Interno, chiamato d’urgenza a Firenze a sostituire il Contadino–Tessitore, ormai convinto a mollare il Sovrano e a ritornare a Torino, passando da Livorno, Genova e La Spezia. Lettera a Farini del 17 aprile da Firenze “…il Re mi fece chiamare, per non so qual motivo, e avendogli io comunicato un dispaccio di Nizza, mi disse parole tanto villane che, perduta del tutto la pazienza, mandai Sua Maestà al diavolo, e me ne andai. F.to C. Cavour”.

Camillo Cavour

5) Cavour non si dimette. Il 16 aprile a Palazzo Pitti, dove oggi si fanno le sfilate della moda maschile, il Re esagerò. Pativa il Primo Ministro, che a gennaio aveva dovuto richiamare al Governo dopo la crisi conseguente alla Pace di Villafranca. Camillo era indispensabile.  In più gli toglieva la scena in Italia e all’estero. L’imprenditore agricolo cresciuto a Santena e dintorni rappresentava le nuove e consistenti categorie emergenti. Nel tentativo di sminuirne la fama, il Re, con l’aiuto di Urbano Rattazzi, cercava di contrapporgli Giuseppe Garibaldi. Cavour non accettò le provocazioni reali, il 17 aprile 1860 gli scrisse direttamente: “Maestà, Dopo le parole che voi ieri pronunciaste, qualunque ministro avrebbe dovuto dare a quest’ora le dimissioni. Ma io non sono un ministro qualunque, perché sento che ho ancora troppi doveri verso la Dinastia e verso l’Italia. Attendo al riguardo particolari comunicazioni di V.M. Pertanto rimango”. Erano giorni caldi.Volavano, ieri come oggi, parole grosse. Perché nella vera politica si incontrano e si scontrano interessi differenti che impongono continui compromessi e continui riequilibrii tra le diverse forze sociali in campo.  Si stava preparando la spedizione dei Mille. Il Re e Rattazzi trigavano per ingraziarsi le Camicie Rosse. Cavour era nervoso. Da una parte c’erano da gestire le relazioni diplomatiche con le superpotenze Francia, Gran Bretagna, Austria e Russia, dall’altra era in gioco uno scontro tra i democratici radicali che facevano riferimento a Giuseppe Garibaldi e Agostino Bertani e i liberali riformatori di cui Lui era il principale rappresentante. Sul tavolo c’era la leadership su un processo che in pochi mesi era passato dalla rivendicazione dell’indipendenza, alla costruzione di un nuovo Stato unitario in Europa e nel cuore del Mediterraneo. 

6) Camillo passa da Livorno ma pensa alla sua Bianca. Da Firenze Camillo accompagnò il Re a Pisa e poi se ne andò. Con Artom visitarono la Torre Pendente, la Cattedrale e la Piazza dei Miracoli. Poi raggiunsero Livorno. Lì si imbarcarono sulla nave Maria Adelaide. A La Spezia Cavour ispezionò i lavori in corso nell’arsenale e nella base navale. Poi proseguì, sempre per mare, per Genova per visitare il cantiere e la Darsena. Quindi partirono per Torino. Camillo era stressato dal troppo lavoro e dal contesto politico. E poi dicono che è morto troppo presto. Appena rientrato a casa, il 24 aprile, scrisse all’amata Bianca Ronzani una lettere tanto passionale, quanto disperata, rassegnata e sensuale: ”Cara Bianca, Ieri non giunsi in tempo a Genova per partire col convoglio delle cinque. ….giunsi a Torino se non alle 11 (23): ora troppo tarda per poterti ancora andare a vedere. Questa sera sarò da te, se me lo concedi, con un immenso desiderio di stringerti al mio seno. C.” D’ora in poi le lettere all’amata saranno sempre più di questo tenore. Voleva tenerla tra le braccia, ma l’impegno politico gliel’impediva. Lui aveva 50 anni e l’amava. Lei 28, e da quel “se me lo concedi” sembra d’intuire, non si rammaricasse troppo delle assenze.    

7) Quale Rivoluzione. Camillo non conobbe i nonni materni. Il nonno, Jean de Sellon ,morì infatti nel 1810, l’anno della sua nascita. La Toscana gli ricordava la prematura scomparsa della nonna Anna Montz. Mancata il 29 aprile 1794 a Firenze ma sepolta a Livorno il 1° maggio, perché essendo ginevrina e dunque calvinista venne accolta nel cimitero degli Olandesi, cioè dei Protestanti. Della sepoltura racconta, il 20 aprile 2018, Matteo Giunti, sulle pagine de “Il Telegrafo” di Livorno. Il cimitero però fu chiuso nel 1839-40. Camillo di sicuro ricordò i suoi famigliari. Tante volte la mamma Adele gli aveva raccontato di quel favoloso soggiorno giovanile nella Penisola. Ma perché i De Sellon erano in Toscana? Erano lì perché avevano lasciato Ginevra nel 1790. Il motivo è semplice. Ginevra confina con la Francia, tanti suoi cittadini, tra questi molti seguaci di Rousseau rifugiati a Parigi, sostenevano le idee della rivoluzione del 1789. Il clima in Francia e sui suoi confini era pesante. Molte famiglie francesi, savoiarde e svizzere emigrarono per motivi che oggi definiremmo umanitari. Tra queste arrivarono a Torino e a Santena anche i De Sales, parenti del ramo maschile. Ai De Sellon parve più sicuro rifugiarsi in Italia, in attesa che il tempo mitigasse gli animi e gli interessi. La famiglia raggiunse Roma, poi Napoli e nel 1792 Firenze dove affittarono una villa dei Ginori. Qui, Anna Montz, figlia del banchiere parigino Jacques, morì prematuramente. Lasciava quattro figli: Vittoria, Enrichetta, Adele, la mamma di Camillo di 15 anni e Jean-Jacques, lo zio filantropo e pacifista di 12. Quanto tempo avesse Cavour per pensare alle vicende di famiglia non si sa. In quei giorni aveva a che fare con una folle corsa, verso l’Unità d’Italia. Il 6 maggio 1860, da Genova, Garibaldi salpava –con i bastimenti Piemonte e Lombardo dell’armatore Rubattino, socio di Camillo– alla conquista dei Regni di Sicilia e di Napoli. Una cosa Cavour aveva ben in mente. Il processo era irreversibile. Se non l’avesse guidato Lui, ci sarebbe stato qualcun altro. L’equilibrio tra le superpotenze esigeva la creazione di uno stato moderno e unitario che governasse sulla Penisola Mediterranea. Ciò che gli stava a cuore era che l’impresa si svolgesse il più possibile secondo i principi e gli ideali cui si ispiravano coloro di cui rappresentava gli interessi. Valori e modelli molto simili a quelli dei rivoluzionari americani e ben distanti da quelli dei rivoluzionari francesi. Purtroppo morì troppo presto, un anno dopo, il 6 giugno 1861.

Gino Anchisi

da Santena, la città di Camillo Cavour, 19 gennaio 2019.  

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