Santena, Lettere al Corriere della Sera, di sabato 28 dicembre 2019. Puntata 202

SANTENA – 4 gennaio 2020 – Non ci meritiamo Cavour genio dimenticato. Il giornalista Aldo Cazzullo risponde alla lettera del sig. Mansueto Piasini. Il Castello di Santena è luogo di riflessione su passato, presente e futuro.

Camillo Benso conte di Cavour
Mario Draghi, Premio Cavour 2016

Caro Aldo, 
lei ha definito Cavour un genio. Penso che sarebbe l’uomo adatto a mettere a posto l’Italia di oggi, ma, a mio parere, la sua genialità si vedrebbe sprecata all’atto di misurarsi con lo scenario «selvatico» del mondo politico. Forse qualche Cavour in giro c’è (penso a Mario Draghi), ma la selva è tanto oscura da impedire al suo genio di far breccia. 
Mansueto Piasini

Charles De Gaulle, Presidente della Francia dal 1959 al 1969

Caro Mansueto, 
Ho stima per Mario Draghi, ricordo il suo intervento a un meeting di Rimini di dieci anni fa, dove non parlò mai di banche ma della lezione appresa dal padre, e dimostrò una passione per la cosa pubblica che mi auguro venga messa in pratica prima o poi anche in Italia, dopo l’esperienza alla Bce. Ma onestamente non vedo un Cavour in giro. Ricordo quel che mi disse di Charles de Gaulle André Frossard, figlio di un fondatore del partito comunista francese e comunista a sua volta, prima di diventare un gollista fervente: «Personaggi come il Generale compaiono nella storia di una nazione una volta ogni 500 anni. Giustappunto cinque secoli prima di lui abbiamo avuto Giovanna d’Arco. Stimo Jacques Chirac; ma al prossimo de Gaulle mancano quattro secoli e mezzo».
 
Temo che si possa dire la stessa cosa per l’Italia e Cavour. Un uomo che uscì dalla politica — a causa della morte prematura — più povero di quando vi era entrato. Che offriva ricevimenti di Stato a proprie spese. Che rivoluzionò tutti i settori — dalla diplomazia all’agricoltura: tra le altre cose è il padre del barolo — in cui si cimentò. Tra l’altro era un ottimo giornalista: fondò e diresse quotidiani, e all’indomani di Villafranca dettò al reggente principe di Carignano un telegramma che era una perfetta sintesi della situazione: «La pace è conclusa. Essa sarà firmata domani. Lombardia e Ducato di Parma al Re. Legazioni indipendenti sotto la sovranità del Papa. Duchi di Toscana e Modena rimessi sul trono. Ho dato le mie dimissioni che il Re si è degnato di accettare. Vogliate informarne i ministri sotto il vincolo del segreto». Poi scrisse alla sua donna, Bianca Ronzani, che sentiva «purtroppo per me cominciata la vecchiaia; vecchiaia prematura, cagionata da dolori morali d’impareggiabile amarezza».
 
Quella volta però si sbagliava: la sconfitta militare stava facendo crollare l’impalcatura del dominio austriaco sulla penisola. Ebbene, un uomo simile è del tutto assente dall’immaginario nazionale. Da Firenze in giù sbagliano a pronunciarne il nome, e si va a passeggiare in via Càvour. Purtroppo un Paese che non è consapevole di se stesso e dei suoi padri ha davvero poche speranze.

Belle parole. Che lasciano l’amaro in bocca e tanta nostalgia.
Camillo Cavour oggi potrebbe far poco.
Molti lo disprezzano. Troppi non conoscono ciò che quelle generazioni sono state capaci di realizzare oltre all’Unità d’Italia.
Sfortunatamente mancano sulla scena odierna persone serie e capaci come lo sono stati i nostri antenati suoi contemporanei. Mancano pure le donne e gli uomini che hanno lavorato per rendere l’Italia un Paese in cui, ancor oggi, si è fortunati nascere.

Mancano i ceti emergenti, che trovarono nell’ideale degli Stati Uniti d’Italia la risposta ai loro interessi. Mancano le categorie sociali capaci di andare oltre ai privilegi consolidati e al semplice rispetto delle regole. Un nuovo Cavour potrebbe esprimere le sue doti solo se emergeranno ceti interessati a puntare davvero sugli Stati Uniti d’Europa.

La sola soluzione in grado di affrontare le sfide con gli Stati Uniti, Cina, India, Russia.  Sfide che riguardano la cura degli interessi in materia di fonti energetiche, difesa europea e di investimenti nella ricerca e sviluppo. Purtroppo Cavour non è riproducile, come non lo sono i suoi contemporanei. Da Camillo però si può ricavare una lezione. Un politico, e non un politicante, è colui che sa trovare e rappresentare un equilibrio tra gli interessi contrastanti in campo. Un misto di conservatore e di progressista. Perché tutto dipende da ciò che si vuole conservare e far progredire.

Cavour oggi, forse, consiglierebbe di puntare sugli Stati Uniti d’Europa, sulla messa in discussione dei privilegi corporativi, sulle fonti energetiche, sugli investimenti nell’intelligenza artificiale, sulle infrastrutture.
Probabilmente sarebbe in minoranza. 

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 4 gennaio 2020.

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