Santena, Chi erano gli operai e le operaie al tempo di Cavour. Puntata 229

SANTENA – 5 luglio 2020 – Chi erano i nostri antenati? Cosa, come, dove e quanto sapevano fare quelli che hanno fatto grande l’Italia? Andando indietro di 200 anni scopriamo che si era tutti contadini. Che per campare si facevano quattro, cinque o più lavori. S’iniziava a produrre ricchezza già da bambini.

Camillo Cavour

Solleva curiosità e qualche stupore scoprire i contenuti più profondi della politica cavouriana. Allora forse conviene tornare sulla puntata 229. Dove si parla dell’articolo di Cavour sul ruolo sociale e politico degli operai nel Risorgimento. Scritto per il 1° numero del nuovo giornale “Il Risorgimento” uscito il 15 dicembre 1847, titolato”Influenza sulle condizioni economiche dell’Italia”. Praticamente il manifesto del progressismo, del riformismo, del neo capitalismo su cui poggiò il processo di costruzione dello stato unitario realizzato nel 1861.

Nel 1847 quell’articolo certificava che tra i protagonisti dei processi in atto c’erano le nuove categorie emerse nella società: compresi gli operai. Una visione includente di tutte le forze in campo, ben diversa da quella escludente, ancor oggi in voga, che attribuisce l’Unità d’Italia a una ristretta élite di nobili, di militari e di alto borghesi. Dimostrazione di come Cavour e i suoi contemporanei avessero una corretta lettura del contesto, interno e internazionale, in cui emergevano nuovi ceti sociali portatori di interessi che presupponevano profonde riforme del sistema sociale e il predominio tecnologico e militare dell’Occidente sul Globo.

Nell’Ottocento il Cristianesimo e l’Illuminismo imponevano dal basso un cambiamento capitalistico della società che i regimi monarchici oligarchici non erano in grado di governare.

Gli operai a cui si riferiva Cavour erano persone qualificate dall’apprendistato in famiglia e nelle botteghe artigiane. Uscite dallo stato di servi della gleba, con la loro opera costituivano una categoria sociale che basava la sua emancipazione sulla professionalità, sulla produttività, sull’uso delle nuove tecnologie, sul miglioramento delle condizioni sociali. Il mestiere inteso come servizio alla comunità dava loro il ruolo sociale di cittadini. A quel punto mancava ancora una legge, la Costituzione, che riconoscesse, insieme ai loro doveri, i loro diritti.

Ciò avvenne nel Quarantotto. Cavour conosceva bene il mondo del lavoro, della produzione e la nuova società tanto da scrivere: “Ma l’aumento dei prodotti nazionali non sarà il solo scopo economico che il giornale prenderà di mira: esso metterà eguale o maggior cura nella ricerca delle cause che influiscono sul benessere di quella parte della società, che più direttamente contribuisce a creare la pubblica ricchezza: la classe degli operai”. Chi erano dunque questi operai. Essendo uomo di campagna e di città Cavour il torinese, chierese, santenese, langarolo, vercellese li conosceva bene. In gran parte erano contadini e contadine. Come sappiamo dalle storie dei nostri antenati, ciascuno di loro sapeva fare più lavori, con i quali contribuiva a formare la ricchezza della nazione, oltre a soddisfare i bisogni alimentari della famiglia. A Santena quasi in ogni casa c’era come minimo un telaio. Chi faceva l’ortolano, contestualmente allevava bovini e animali da cortile, coltivava mais, grano, asparagi e patate, teneva i prati, produceva burro e formaggio, consumava o scambiava il latte. Spesso si allevavano i bachi da seta. Quasi tutti facevano lavori di falegnameria. C’era chi faceva il giornaliero in diverse cascine, tra questi spesso c’erano anche i piccoli particolari. Qualcuno era ciabattino. Altri praticavano differenti lavori. Lavandaie, stiratrici, sarte, balie e donne a servizio abbondavano. Man mano emergevano lavori nuovi che, insieme alla fatica, garantivano autonomia economica. Il segno caratteristico era la produttività del loro lavoro.

Ecco un incompleto elenco dei mestieri d’allora:

Apprendisti

Armaioli

Arrotini

Bachicoltori

Balie

Bambinaie

Banditori

Becchini e seppellitori

Boscaioli

Brentatori

Caffettieri

Candelai e ceraioli

Cantinieri

Cappellai

Carbonai

Carrettieri

Casari

Cestai

Ciabattini, calzolai, zoccolai

Cocchieri, conducenti, palafrenieri

Commessi

Conciatori

Cordai

Domestici

Droghieri

Fabbri, ferratori, maniscalchi, calderai, stagnini

Facchini

Falegnami, minusieri, intagliatori, ebanisti, maestri d’ascia

Ferrovieri

Fonditori

Fontanieri o idraulici

Fognaioli, vuota pozzi

Fornai, panettieri,

Gelatai, confettieri

Gessaioli

Giardinieri

Guardiani

Indoratori

Lampionai

Lattai

Lattonieri e idraulici

Liquoristi, distillatori

Macellai

Macchinisti

Maestri

Maniscalchi

Materassai

Meccanici

Mediatori

Merciai

Minatori

Mugnai

Muratori, manovali, traboccanti, impresari, geometri, agrimensori, mattonai, decoratori, pittori, imbianchini, capomastri

Ombrellai

Orologiai

Ortolani

Osti, cameriere, serve, cuoche, vivandiere, bettolieri, tavernari

Parrucchieri e barbieri

Particolari, mezzadri, schiavendai, bovari, giornalieri, garzoni, raccoglitrici, spigolatrici, mondine, mandriani, trebbiatori, falciatori, stallieri, affittavoli, fattori  

Pastori

Pescatori

Postali

Sacrestani

Salumieri, norcini

Sarte, filatrici, modelliste, cucitrici, ricamatrici, rammendatrici, stiratrici, lavandaie, magliatrici

Scalpellini 

Scopettai

Scrivani

Sediai e impagliatori

Sellai

Sensali  

Spaccalegna

Spazzacamini

Stradini, cantonieri

Tabacchini

Tappezzieri

Tessitori di canapa, lino, lana, cotone, annodatori, bobinatori, cardatori, pettinatori canapa, gualdari, orditori

Tinai, bottai

Tintori

Tipografi, stampatori

Tornitori

Traghettatori

Trippari

Vetrai

Vignaioli.

L’elenco dei lavori è più lungo. Dovrebbe comprendere pure gli operai delle officine, che ormai assumevano le sembianze di vere e proprie industrie metallurgiche, siderurgiche, meccaniche, tessili, mobiliere. In alcune fabbriche moderne lavorava un’élite operaia spesso ben retribuita e con benefici dovuti alla scarsità di manodopera specializzata. Mancano inoltre i lavori legati alle forniture militari, ai servizi pubblici e a quelli della Chiesa. Se qualcuno ha voglia di contribuire a completare la lista è ben accetto.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 5 luglio 2020.