I dintorni di Santena si muovono scampagnando. Puntata 234

SANTENA – 10 settembre 2020 – Nel biellese un museo delle opere e degli operai che hanno fatto l’Unità d’Italia. Il Piemonte del dopo Covid può contare su Camillo Cavour e i suoi contemporanei come ispiratori della cultura produttiva, dell’istruzione, delle politiche di sviluppo territoriale e dell’opera sociale.   

Campiglia Cervo
Camillo Cavour

Domenica 13 settembre 2020, alle ore 10, si inaugura uno dei più interessanti musei del Risorgimento: il MUSEO DELLA SOCIETA’ OPERAIA DI MUTUO SOCCORSO di Campiglia Cervo.
Campiglia Cervo non è così lontana da noi. E’ nella Valle Cervo, la terra di Pietro Micca, alle spalle di Biella. La mostra raccoglie le memorie di una tra le più prestigiose società di Europa. Un’associazione che ben rappresenta la storia degli operai, figli del Cristianesimo e dell’Illuminismo, cui si rivolgeva l’articolo pubblicato da Camillo Cavour sul primo numero de “Il Risorgimento”, anno I, n°1, del 15 Dicembre 1847… “Ma l’aumento dei prodotti nazionali non sarà il solo scopo economico che il giornale prenderà di mira: esso metterà eguale o maggior cura nella ricerca delle cause che influiscono sul benessere di quella parte della società, che più direttamente contribuisce a creare la pubblica ricchezza: la classe degli operai”.

Per scoprire lo spirito che caratterizzò il Risorgimento e l’Italia unificata bisogna salire, a piedi o in bicicletta, l’impervia strada che dal santuario di Oropa passa direttamente nella Valle Cervo. Lì, all’ingresso della Galleria Rosazza, è riprodotto l’imbocco del Traforo del Frejus, il tunnel più lungo mai realizzato al mondo, ultimato nel 1870, l’anno della Presa di Roma e inaugurato nel 1871. Siamo davanti al monumento dell’orgoglio di essere Italiani e lavoratori. Gli operai, molti del Biellese, trivellarono la montagna tra l’Italia e la Francia scavando una galleria in cui il treno passava all’alta velocità di 40 km all’ ora, ottuplicando i 5 km orari dei cavalli e dei muli.

Sapevano che gli occhi dell’Italia e del Mondo era fissati su quel punto. Da lì, attraverso il canale di Suez appena aperto, si completava il collegamento tra le terre del Pacifico e dell’Oceano Indiano col Mediterraneo, il Porto di Genova, la Pianura Padana, Torino e la Valsusa, per raggiungere la Francia, il Nord Europa, l’Est, il Centro e il Sud Italia. Si realizzava il disegno di un ceto dirigente che aveva come figura centrale Camillo Cavour e che comprendeva tanti operai, artigiani, tecnici e impresari impegnati nei nuovi settori in sviluppo. Nel cantiere avevano portato un’esperienza secolare e la consapevolezza di essere parte di una società che stava evolvendo sospinta dalle nuove tecnologie, dalle infrastrutture, dalla scienza e da moderne istituzioni. Fondarono la Società Operaia del Traforo, che li assisteva rivendicando migliori condizioni di vita e di lavoro. Finita l’opera, salvarono la memoria di ciò che avevano fatto. Comprarono la Bandiera, oggi restaurata, e gli arredi della Società di Mutuo Soccorso del Traforo. Da Bardonecchia li trasferirono a Campiglia dove, da 150 anni, tutto è custodito con amorevole passione. Poi ripresero la loro vita. Proiettati ormai in una dimensione mondiale emigrarono, raggiungendo tutti i Continenti.

Arrivare a Campiglia è una bella scampagnata culturale tra le risaie del vercellese, le colline della Baraggia.  In auto bisogna passare da Biella.  Il Museo è al centro del paese.  Per lungo tempo la memoria degli operai è stata relegata in valle. I veri costruttori del Tunnel rischiavano come al solito di essere cancellati dalla storia. Vuoi perché altre categorie non avevano interesse a perpetrare la loro memoria. Vuoi perché gli stessi curatori degli interessi degli operai italiani non si sono preoccupati di conservare e divulgare le loro memorie. Oggi, grazie all’opera degli abitanti e discendenti di Campiglia Cervo, si compie un’operazione di riappropriazione della storia esattamente nella ricorrenza del centocinquantenario della fine lavori. Un’operazione verità che colloca gli operai al fianco di Sommellier, Grattoni, Grandis e Cavour come gli autentici artefici di un’infrastruttura di valore mondiale. Operai capaci di lavorare la pietra, maestri di geometria e trigonometria, esperti nell’uso delle mine, bravi nel manovrare le nuove trivelle ad aria compressa inventate appositamente per realizzare i lavori. Dunque operai tecnici professionalizzati, coscienti del loro ruolo, componenti di un ceto emergente che faceva sentire la sua voce e i propri interessi sulla scena sociale. Talmente coscienti della loro funzione sociale da fondare una società operaia che li rappresentava e tutelava. Una società che aveva anche il compito di istruire e formare i giovani creando nuovi specializzati, pronti a emigrare in altre parti d’Italia e del Mondo per realizzare fantastiche infrastrutture e moderne costruzioni.

Alla memoria di questi antenati, simbolo dei nostri bisnonni e trisavoli, è dedicato il nuovo museo. Un museo delle opere e degli operai di valore nazionale ed europeo, che rende più interessante lo studio e la conoscenza di ciò che sono stati capaci di fare gli Italiani a metà dell’Ottocento mentre prendeva forma lo stato unitario. Un luogo speciale, che ricorda il fondamentale contributo dato dal ceto lavoratore alla costruzione della Patria. Dimostrazione concreta che tra i protagonisti del Risorgimento italiano c’erano le nuove categorie emerse nella società sull’onda delle innovazioni tecniche e istituzionali.

N.B. Il ringraziamento va a due valligiani, Giorgio Piccino e Piero Vigna, cari e validi amici che ci hanno fatto conoscere fin dal 2011 la prodigiosa storia dei Biellesi che hanno costruito una delle meraviglie del Mondo.

Gino Anchisi da Santena, la città di Camillo Cavour, 10 settembre 2020.