Santena, Deposito scorie radioattive o Distretto del Cibo? Puntata 249

SANTENA – 9 gennaio 2021 – Il sito è tra Carmagnola, Poirino, Santena e Villastellone, nel cuore del Pianalto, nella Riserva della Biosfera Unesco “Collina Po”. Chi fa le controdeduzioni o esprime il gradimento entro 60 giorni? L’importanza per tutta l’area metropolitana di avere il Distretto del Cibo, biosostenibile e di qualità.

Il sito sito a Casanova

Visti dalla Zona Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana Torinese i criteri per individuare i siti idonei sono datati, superati, perfino dannosi. Non c’è tutela per il consumo del suolo agricolo. Per la difesa del paesaggio rurale. Per la salvaguardia delle aziende agricole e del comparto agroalimentare e agroindustriale. Li avranno pur fatti degli scienziati. Ciò non toglie siano ritardati, addirittura a prima del COVID. Viziati da logiche che considerano solo l’industria e le infrastrutture come se l’agricoltura fosse un settore marginale e non quello primario per la società e l’economia dell’Italia odierna.

Le aree individuate in Piemonte

Si sa. L’Italia e gli Italiani sono in ritardo anche per i rifiuti nucleari. Già ci provò Berlusconi nel 2003, con il commissario di governo, generale Carlo Jean, che individuò a Scanzano Jonico, nel Metapontino in provincia di Matera, il sito idoneo per lo stoccaggio nazionale. Fu un fallimento. Immediatamente la propaganda partitica e correntizia sempre attenta agli appuntamenti elettorali e ai populismi si scatenò impedendo l’operazione. Da allora è stato un continuo rinvio fino al 2011. L’Italia sa da anni di dover fare un programma e indicare il sito di interesse nazionale per smaltire o stoccare temporaneamente le scorie radioattive che produce. In sostanza deve smaltire rifiuti necessari e indispensabili a fini sanitari e industriali, considerati a bassa intensità, che derivano da radiografie, circa 60 milioni l’anno, risonanze magnetiche, 2 milioni l’anno, scintigrafie, radioterapie. In più deve stoccare temporaneamente i residui delle centrali atomiche che hanno dismesso la loro attività dopo il referendum del 1987. Sull’inerzia nazionalizzata a un certo punto è intervenuta giustamente l’Unione Europea con la Direttiva 2011/70. Di fronte alle minacce l’Italia ha quindi dato incarico alla SOGIN, società pubblica dello Stato, di redigere la CNAPI (Carta nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee). L’operazione conclusa nel 2015 è stata naturalmente subito segretata per evitare strumentalizzazioni partitiche e associativistiche. Il perché è facilmente intuibile, basta scorrere la storia dell’ultimo decennio.

Poi è arrivato il COVID e tutto, come si dice, è mutato, anche se il cambiamento è difficile da individuare. Fatto sta che il COVID ha posto in primo piano il problema della salute, compresa quella legata, nel bene e nel male, alle particelle atomiche. Come può un paese, in cui la sanità e la salute pubblica sono centrali per la vita della società, non avere un sito dove smaltire i rifiuti che produce? E così nella notte tra il 4 e 5 gennaio di quest’anno il segreto è stato tolto. Tutti adesso sono stati informati di dove sono i 67 siti ritenuti adatti per farci il deposito.

Da allora i Comuni, le Province, le Città Metropolitane, le Regioni e i soggetti portatori di interessi qualificati hanno tempo fino al 5 marzo per predisporre e inoltrare le loro osservazioni e controdeduzioni ai sensi della l. 241/90. Orbene, dal 6 gennaio, quando si è saputo che nel cuore del Pianalto è prevista una delle aree “verde smeraldo”, cioè uno dei 12 siti considerati tra i più idonei, si è subito attivata la macchina per presentare le controdeduzioni, che vanno formulate in forma scritta. Controdeduzioni perché finora non c’è chi veda con favore questa operazione calata nella zona della Città Metropolitana Torinese specializzata in “produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico” e varrebbe la pena di aggiungere “nonché di grande valore paesaggistico” (criterio di approfondimento n° 11). Questa infatti è la zona che da secoli e millenni nutre l’area metropolitana di Torino e l’Italia con cibi sani, salubri e genuini. In particolare ortaggi e carni di prima qualità. Ortaggi tra i quali spiccano i Peperoni di Carmagnola –PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) il cui areale si estende su 40 comuni–, l’Asparago di Santena delle Terre del Pianalto –PAT su 9 comuni–, la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino –DOP (Denominazione di Origine Protetta)– , il Coniglio Grigio di Carmagnola –PAT–, i latticini, i formaggi e le carni di Piemontese di Riva di Chieri, Chierese, Poirinese e Carmagnolese. Ma c’è ancora un altro criterio di valore ambientale che non è rispettato (Criterio di esclusione n° 11). Infatti il sito rientra nella zona voluta dalla Regione, dal Comune di Torino e da 84 comuni piemontesi che fa parte della Riserva della biosfera “MAB Collina Po” dell’UNESCO il cui Presidente è l’assessore all’Ambiente di Torino, Alberto Unia . In particolare è collocato nella delicata Transition Area, dove è evidente che un impianto del genere va ad aggravare la situazione esistente. Un atto amministrativo di cui la SOGIN, redattrice della Carta Nazionale, non ha tenuto conto, forse perché non ne conosce l’esistenza o ne sottovaluta la valenza.

Le controdeduzioni dunque riguardano l’interesse di una comunità e di un territorio metropolitano che vedono nel Distretto del Cibo l’ambito, la sede e lo strumento per incentivare e sviluppare le aziende agricole, il comparto agroalimentare e agroindustriale, la ristorazione, la ricezione, la biodiversità, l’accoglienza, la salute delle persone e il turismo gastronomico, enologico, paesaggistico e culturale.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 9 gennaio 2021.   

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La zona individuata (da Google maps)

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Avviso pubblico consultazione

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Per saperne di più

https://www.depositonazionale.it/